il ricorso alla nota di variazione IVA in diminuzione è possibile anche nel caso in cui un’operazione per la quale è stata emessa fattura, successivamente alla sua registrazione, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’imponibile, in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente
E’ consentito al cedente/prestatore e al cessionario/committente, il ricorso alle variazioni in diminuzione del corrispettivo in alcune ipotesi fra cui il caso in cui un’operazione per la quale è stata emessa fattura, successivamente alla sua registrazione, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’imponibile, “in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente”. Secondo la Corte di Cassazione, sentenza n. 26513 del 12 dicembre 2011, il ricorso alla procedura di variazione risulta legittimo solo ove si dia prova, anche verbale o successiva all’operazione, dell’esistenza di una previsione contrattuale di abbuono o sconto.
Ambito normativo
Ai sensi di quanto disposto dal comma secondo dell’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 (registro delle fatture emesse) e 24 (registro dei corrispettivi), viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di:
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dichiarazione di nullità,
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annullamento,
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revoca, risoluzione,
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rescissione e simili o
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per mancato pagamento in tutto o in parte
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a causa di procedure concorsuali o
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di procedure esecutive rimaste infruttuose o
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in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente,
il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’art. 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’art. 25 (registro degli acquisti).
Il cessionario o committente, che abbia già registrato l’operazione ai sensi di quest’ultimo articolo, deve in tal caso registrare la variazione a norma dell’art. 23 o dell’art. 24, salvo il suo diritto alla restituzione dell’importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa.
Nell’ipotesi di abbuoni o sconti, la speciale procedura di variazione ai fini iva presuppone necessariamente che: venga praticato dal cedente/prestatore uno sconto sul prezzo della vendita o del servizio effettuati e che la riduzione del corrispettivo al cliente sia frutto di un accordo, “atteso il riferimento normativo alla necessità che gli abbuoni o sconti siano “previsti contrattualmente”.
Sentenza n. 26513 del 12.12.2011
Contestazioni mosse dall’ufficio finanziario
Il competente ufficio delle entrate contestava ad una società X l’emissione di fatture in regime di esclusione di Iva per difetto del requisito territoriale nei confronti delle ditte fornitrici a fronte di somme che queste ultime le avevano corrisposto. Secondo la società emittente le fatture, si trattava di sconti ed abbuoni sulle vendite quali “ristorno differito o premio fedeltà” non assoggettabili ad Iva, ai sensi dell’art. 2, c. 3, lett. a D.P.R. n. 633 del 1972 e comunque riconducibili a prestazioni promozionali a favore delle ditte fornitrici. Tali operazioni, secondo l’ufficio finanziario, andavano soggette ad Iva.
La decisione della C.T.R.
Aderendo alla tesi dell’Amministrazione finanziaria, i Giudici della Commissione Tributaria Regionale avevano osservato che per le somme di denaro pervenute alla società X le relative fatture non potessero considerarsi “riscossione di storni differiti o premi fedeltà” atteso che i destinatari delle fatture avevano ricevuto addebiti incompatibili con la concessione di bonus, e non avevano emesso alcuna nota di variazione di cui al comma 2 dell’articolo 26 D.P.R. n. 633/72. Di contro, le prestazioni promozionali fatturate e rese dalla società X alle ditte abituali fornitrici, costituivano, prestazioni di servizi assoggettabili ad Iva ai sensi degli articoli 1 e 3 del citato D.P.R. n. 633 del 1972, nonostante la ricorrente X sosteneva che tali operazioni sarebbero state utilizzate fuori dalla Comunità europea e quindi, astrattamente, escluse dal campo iva ex art. 7, comma 4, lettera d) D.P.R. n. 633/72.
Le osservazioni di Corte di Cassazione
La tesi della società di ritenere tali operazioni escluse dal campo iva è rigettata dai Giudici del Supremo Collegio.
Dopo aver ripercorso il testo normativo di cui al citato art. 26, comma 2, D.P.R. n. 633 del 1972, ci si sofferma sulla facoltà di emissione di nota di accredito “…in conseguenza di applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente…”.
In presenza dei presupposti normativi, entrambe le parti dell’accordo – osserva la Corte di Cassazione, possono trarre benefici fiscali consistenti:
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per il cedente o prestatore nella possibilità di portare in detrazione, ex art. 19, l’imposta corrispondente alla variazione in diminuzione;
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per il cessionario o committente, che deve registrare ex articoli 24 o 24 dello stesso decreto, nella possibilità di avvalersi della corrispondente diminuzione dei corrispettivi e di richiedere la restituzione dell’importo pagato al cedente o prestatore, a titolo di rivalsa.
Nel caso in questione, tale procedura rimane inapplicabile ed palesemente illegittima, data l’insussistenza della dimostrazione di una qualsiasi previsione contrattuale che consenta la variazione medesima (in tal senso, Corte di Cassazione, n. 318/06).
L’accordo tra le parti – ed è questa la parte più significativa della sentenza del Supremo Collegio “… non operando la norma distinzioni di sorta, può essere documentale, verbale e perfino successivo, purchè del medesimo sia fornita la prova, da parte dei soggetti interessati, mediante la trasfusione del patto stesso in note di accredito emesse da una parte a favore dell’altra, con l’allegazione della causale che volta per volta, abbia giustificato gi sconti praticati (in tal senso, Corte di Cassazione, n. 3428/96; n. 8558/01, 4770/09)1.
Sull’argomento è intervenuta anche l’Amministrazione finanziaria con risoluzione ministeriale numero 42/E del 17 febbraio 2009 secondo cui “… le ragioni per le quali un’operazione fatturata viene meno in tutto o in parte o sia ridotta nel suo ammontare imponibile possono essere varie e possono consistere non solo nella nullità, nell’annullamento, nella revoca, nella risoluzione, nella rescissione, ma anche in ragioni cui la legge rinvia per il fatto che esse sono ‘simili’, ed anche a mancato pagamento, ad abbuoni o sconti previsti contrattualmente…“.
Nella fattispecie in esame, tuttavia, non solo manca(va) del tutto la prova di una convenzione tra le parti finalizzata a ridurre i corrispettivi, delle cessioni operate dalle ditte fornitrici, ma addirittura sussiste la prova del contrario.
Infatti, le ditte fornitrici, emittenti fatture per sconti ed abbuoni concessi alla società, avevano ricevuto addebiti relativi a prestazioni promozionali che documentavano di un’attività di prestazioni di servizi, certamente soggetta ad Iva ex articoli 1 e 3 D.P.R. n. 633 del 1972.
D’altra parte, conclude la Corte di Cassazione, trattandosi di operazioni effettuate a soggetti residenti in Italia, in virtù del nesso diretto tra il servizio reso ed il corrispettivo ricevuto, costituisce in forza del principio di territorialità dell’Iva e del VI Direttiva n. 77/388/CEE, operazione assoggettabile ad imposta.
Conclusioni
La massima ricavabile dalla sentenza commentata è quindi quella secondo cui in mancanza di specifiche disposizioni normative, l’accordo negoziale riferito ad una variazione in diminuzione iva di cui al comma 2, dell’art. 26, D.P.R. n. 633/72, può essere documentale, verbale e persino successivo, purché del medesimo sia fornita prova da parte dei soggetti interessati.
22 marzo 2012
Attilio e Antonino Romano
1 La Cassazione con sentenza n. 8558 del 22.6.01 ha chiarito che è sufficiente “l’esistenza di un accordo contrattuale, anche successivo all’originario contratto… Ove la legge non preveda speciali forme per la conclusione del contratto, la modifica che comporta una riduzione del corrispettivo può essere anche frutto di un accordo verbale e può essere provata con qualunque mezzo previsto in materia contrattuale”. Al contrario sconti e abbuoni non possono essere oggetto di detrazione d’imposta se dedotti solamente da “consuetudini o usi commerciali di qualsiasi genere”.