Revisori enti locali: il Consiglio nazionale dei Commercialisti scrive al premier Renzi

Dai Commercialisti un pacchetto di proposte in materia di revisione degli enti locali: chieste novità su estrazione a sorte, limite di svolgimento dei mandati, rimborsi spese e unioni di Comuni

Dai Commercialisti un pacchetto di proposte sulla materia. Chieste novità su estrazione a sorte, limite di svolgimento dei mandati, rimborsi spese e unioni di Comuni

Il tema dei controlli negli Enti locali rappresenta un argomento molto caro ai commercialisti italiani, in merito al quale il CNDCEC ha inviato una lettera al presidente del Consiglio Matteo Renzi, al sottosegretario di Palazzo Chigi Graziano Delrio ed ai ministri di Interno, Economia e Affari Regionali Alfano, Padoan e Lanzetta. La missiva, firmata dal presidente Gerardo Longobardi, contiene una serie di osservazioni sulla figura del revisore, sulle finalità delle sue funzioni e del suo operato.

Secondo i commercialisti, i provvedimenti normativi che si sono succeduti negli ultimi anni in materia di revisione negli Enti locali se da un lato hanno ampliato le competenze e le responsabilità del revisore, dall’altro non hanno creato un calibrato sistema per individuare le competenze e le professionalità più adeguate alle esigenze peculiari dei singoli enti locali.

Oggi, infatti, il revisore non è più solo mero organo di controllo, ma è venuto a costituire un vero e proprio presidio di legalità che adempie alle proprie funzioni in piena indipendenza, contribuendo con la propria presenza e il proprio operato al conseguimento degli obiettivi dell’Ente locale e alla tutela degli interessi della collettività.

Ad essere chiamato in causa è l’attuale meccanismo di selezione dei revisori fondato sull’estrazione a sorte. Secondo i commercialisti si tratta di un sistema che rischia sia di dissipare importanti patrimoni culturali, professionali e di esperienza, sia di ostacolare il corretto ricambio generazionale, impedendo fisiologici “travasi” di competenze e crescita di nuove e giovani figure in grado di fronteggiare le gravose responsabilità connesse al ruolo.

Il meccanismo, infatti, impone al revisore al debutto di impegnarsi nei comuni medio-piccoli dove, essendo da solo, rischia di trovarsi impreparato alla complessità del ruolo, cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni. I commercialisti suggeriscono allora di indirizzare i primi incarichi dei revisori negli enti più grandi dove, essendo il controllo affidato ad un collegio di tre membri, si può meglio maturare un’esperienza sul campo, basata anche sul confronto con gli altri colleghi.

Le modalità di selezione, quindi, devono essere improntate a criteri tali da assicurare adeguatamente l’efficacia di queste figure dalla nevralgica importanza per l’intero sistema Paese al fine di scongiurare rischi di instabilità e danni economici, e non, per tutta la collettività.

Per valorizzare lo strumento e renderlo più efficiente è necessaria la sua estensione anche alle società partecipate pubbliche e a quelle quotate per favorire sia l’ampliamento delle opzioni di incarico, depotenziando il rischio di una indesiderata “fuga” di professionalità, sia una maggiore rotazione delle figure di controllo con vantaggi in termini di trasparenza e salvaguardia della figura del revisore.

Per rendere operativa l’estrazione a sorte nelle società controllate dagli Enti locali basterebbe intervenire, secondo i commercialisti, sull’art. 2449 del Codice civile per rendere inderogabile (oggi a decidere è lo Statuto) il diritto degli Enti soci di nominare un numero di amministratori e sindaci proporzionale alla partecipazione sociale.

Dubbi interpretativi sorgono poi sulla normativa relativa al revisore nelle unioni di Comuni per le quali la legge prevede che possono svolgere in forma associata, anche per i Comuni che le costituiscono, le funzioni dell’organo di revisione, prevedendo la nomina di un organo collegiale o di un revisore unico a seconda che l’unione superi o meno i 10mila abitanti. Se la norma dovesse riguardare non solo le unioni a cui i piccoli Comuni devono affidare le funzioni fondamentali, ma anche quelle in cui i Comuni conservano importanti funzioni che richiedono un supporto continuo e costante dell’organo di revisione, quest’ultimo sarebbe chiamato ad un compito materialmente impossibile, dovendo sommare all’attività di controllo svolta per l’unione anche quella da dedicare al singolo Comune.

Suscita perplessità nei commercialisti anche l’impatto delle modifiche introdotte ai limiti di svolgimento dei mandati di revisione ed ai rimborsi spese.

Il tetto inderogabile dei due mandati, infatti, rischia di provocare la dispersione di conoscenze ed esperienze consolidatesi con la “pratica sul campo” e si giustifica ancora meno se combinato alla fiducia riposta in un sistema di estrazione guidato da un algoritmo informatico: l’efficacia dei controlli, in tal modo, viene eccessivamente condizionata dal fattore aleatorio con una portata disincentivante per il professionista a investire in termini di preparazione ed esperienza perché privato di una benché minima prospettiva di continuità.

Con riferimento al compenso dei revisori ed al relativo rimborso spese, invece, dal 2005 non si è registrato alcun aggiornamento dei limiti massimi, a fronte dell’ipertrofico incremento di funzioni, incombenze, controlli e responsabilità: un deplorevole disinteresse circa la necessità di provvedere all’aggiornamento del compenso, fermo da quasi dieci anni, e la sgradevole sensazione che il ruolo del revisore negli Enti locali sia a torto catalogato tra i “costi della politica” da tagliare senza esitazioni.

Per scongiurare le discrasie tra la pluralità di disposizioni sparse in differenti articolati normativi – afferma il vicepresidente del CNDCEC, Davide Di Russo – dovrebbe essere individuato un unico referente a livello ministeriale, deputato a intervenire sulla materia dei revisori. L’eliminazione dell’attuale pluralità di interlocutori (Ministeri dell’Interno, degli Esteri, degli Affari regionali e Corte dei Conti) consentirebbe una maggiore chiarezza e agilità di rapporti, favorendo un continuo rapporto di collaborazione e dialettica tra il referente istituzionale unico ed i rappresentanti dei revisori per il concreto miglioramento di questa funzione. L’auspicio – conclude Di Russo – è che le nostre osservazioni possano fornire lo spunto per la rapida apertura di un tavolo di lavoro tra Governo e commercialisti al fine di instaurare un proficuo confronto volto a individuare congiuntamente le modifiche idonee ad un ulteriore miglioramento dell’impianto legislativo in materia di revisori”.

 

23 ottobre 2014

Vincenzo D’Andò