Il cumulo IVA e tributo speciale per la gestione di slot machine

la corte di Giustizia Europea è intervenuta sulla materia della cumulabilità dell’IVA con altri tributi, stabilendo che l’articolo 401 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, in combinato disposto con l’articolo 135, paragrafo 1, lettera i, della stessa, deve essere interpretato nel senso che l’imposta sul valore aggiunto e un tributo speciale nazionale sui giochi d’azzardo possono essere riscossi in modo cumulativo, a condizione che tale ultimo tributo non abbia il carattere di un’imposta sul volume d’affari (Fabrizio Stella e Antonio Federico)

  1. Premessa.

La questione oggetto di domanda pregiudiziale era stata sollevata nell’ambito di una controversia promossa da una società tedesca che, nell’anno di riferimento 2010, gestiva “apparecchi automatici per giochi d’azzardo con possibilità di vincite in denaro” presso alcune sale giochi localizzate sul territorio nazionale.

La società ricorrente, ritenendo che la tassazione delle operazioni derivanti dall’esercizio degli apparecchi automatici sopra descritti non fosse compatibile con il diritto comunitario, ha impugnato l’avviso di accertamento con il quale l’amministrazione fiscale tedesca aveva accertato un maggior debito d’IVA.

In merito, infatti, la legislazione tedesca prevede che le suddette operazioni, oltre ad essere imponibili IVA, siano assoggettate anche all’imposta sugli intrattenimenti o sui giochi.

Sulla scorta della vicenda di cui sopra, sono state sollevate tutta una serie di questioni pregiudiziali attinenti l’interpretazione dell’art.135, par. 1, lett. i,1 della direttiva 2006/112/CE, ed in particolare l’imponibilità iva e il meccanismo di calcolo della base imponibile, così come previsto dalla normativa tedesca.

  1. La decisione della Corte.

Si premette che la sentenza, oltre a risolvere le questioni pregiudiziali sollevate dal ricorrente, richiama interessanti principi in materia di rapporto – se in termini di alternatività piuttosto che di cumulabilità – tra Iva e tributi speciali nazionali (quali la nostra imposta sugli intrattenimenti) e più in generale in merito all’interpretazione dell’art 4012 della direttiva 2006/112/CE.

Passando ai fatti della causa, era accaduto che nel corso dell’esercizio 2010, la società ricorrente gestiva apparecchi da gioco in alcune sale di intrattenimento. La gestione di tali apparecchi è assoggettata, in applicazione delle normative locali dei comuni interessati, ad un’imposta sugli intrattenimenti.

Per ogni apparecchio da gioco, il saldo di cassa, fra totale entrate e vincite pagate, era rilevato mensilmente sul dispositivo elettronico di controllo.

A seguito di avviso di rettifica della dichiarazione Iva la società presentava ricorso, sostenendo, fra l’altro, che le modalità di tassazione del volume d’affari generato dagli apparecchi da gioco fossero contrarie al diritto dell’Unione, segnatamente ai principi di proporzionalità, di ripercussione e di neutralità dell’IVA.

In merito alle 8 questioni pregiudiziali sollevate, la Corte di Giustizia, in ragione della soluzione positiva di alcune di esse nella giurisprudenza passata, di fatto risponde esclusivamente su 3 questioni ovvero se:

  • l’articolo 401, della direttiva IVA, in combinato disposto con l’articolo 135, paragrafo 1, lettera ), della stessa, debba essere interpretato nel senso che l’IVA e un tributo speciale nazionale sui giochi d’azzardo possono essere riscossi solo in alternativa, ovvero che non sono cumulabili (prima questione pregiudiziale);

  • l’articolo 1, paragrafo 2, prima frase, e l’articolo 73 della direttiva IVA debbano essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione o a una prassi nazionali secondo cui, in caso di sfruttamento di apparecchi automatici per giochi d’azzardo, dopo un determinato periodo l’attivo presente nella cassa dell’apparecchio (“cassa con conteggio elettronico”) viene considerato come base imponibile (terza questione pregiudiziale);

  • se l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale relativa a un’imposta non armonizzata ai sensi della quale l’IVA dovuta viene compensata per il suo esatto importo con tale tributo (ottava questione pregiudiziale).

Sulla prima questione la Corte conferma che il diritto dell’Unione non impedisce, in linea di principio, che si possa procedere ad un prelievo cumulativo dell’IVA e di un’altra imposta generale sui giochi d’azzardo, la quale non abbia il carattere di un’imposta sul volume d’affari3.

Più in particolare poi, in merito ai giochi d’azzardo con poste in denaro, la Corte evidenzia che già in passato aveva statuito :

  • da un lato, che l’articolo 135, paragrafo 1, lettera i, della direttiva IVA, che prevede un’esenzione dall’IVA, segnatamente, per tali giochi, «salvo condizioni e limiti stabiliti da ciascuno Stato membro», dev’essere interpretato nel senso che l’esercizio della facoltà di cui gli Stati membri dispongono di fissare condizioni e limiti all’esenzione dall’IVA, prevista da tale disposizione, consente loro di esentare da tale imposta soltanto taluni giochi d’azzardo con poste di denaro (cfr. sentenza causa C58/09, punto 39);

  • d’altro lato, è stato altresì giudicato (cfr. Sentenza causa C58/09 punto 38), che è privo di pertinenza, con riferimento al principio di neutralità fiscale, il fatto che l’importo di un tributo non armonizzato sui giochi, di cui taluni organizzatori e gestori di giochi d’azzardo con poste in denaro soggetti a IVA sono parimenti debitori, sia modulato in funzione dell’IVA dovuta a titolo di tale attività.

Sulla terza questione, in particolare, la Corte afferma espressamente cheuna prassi fiscale volta a considerare come base imponibile, per le operazioni effettuate per mezzo di apparecchi da gioco, i proventi di cassa mensili che dipendono a loro volta dall’importo delle vincite e delle perdite dei diversi giocatori, non violi il diritto dell’Unione per “il solo motivo che non esisterebbe alcuna relazione di proporzionalità tra l’IVA esigibile e le somme considerate individualmente ed impegnate dai singoli giocatori” (cfr. Sentenza in esame punto 39).

Quest’ultima problematica era stata sollevato dal ricorrente in quanto, secondo la normativa tedesca, la base imponibile, ai fini Iva, delle somme incassate dalle macchinette venisse calcolata alla fine del mese in luogo del calcolo effettuato per singola posta giocata dallo scommettitore e, a tal riguardo, richiamava passata giurisprudenza comunitaria volta ad affermare che una delle caratteristiche dell’Iva era la proporzionalità ai prezzi dei servizi o dei beni interessati, intesi singolarmente.

La Corte in merito :

  • evidenzia che la base imponibile per la prestazione di servizi e la cessione di un bene, comprende, ai sensi dell’articolo 73 della direttiva IVA, «tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al … prestatore per tali operazioni da parte del … destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni»;

  • evidenzia che già in passato ha statuito che la proporzionalità dell’IVA rispetto ai prezzi dei servizi o dei beni interessati è, come risulta dall’articolo 1, paragrafo 2, comma 1, della direttiva IVA, una delle caratteristiche fondamentali di tale imposta armonizzata (cfr. Sentenza causa C-200/90, punto 11; sentenza causa C-200/99, punto 11; sentenza causa C-283/06, punto 40).

Nel contempo spiega, però, che in tutte le sentenze citate dal ricorrente in merito alla proporzionalità dell’Iva, la Corte si era riferita a tale ultima caratteristica solo per “determinare se un’imposta o un contributo fiscale nazionale riscossi dallo Stato membro in questione avessero il carattere di un’imposta sul volume d’affari e non potessero, pertanto, essere riscossi cumulativamente con l’IVA armonizzata nell’Unione”.

In altre parole non era stato discussa la questione se l’IVA dovesse essere necessariamente proporzionale, in ogni caso, ai pagamenti effettuati da ciascun singolo destinatario della prestazione.

D’altra parte, osserva ancora la Corte, il principio della proporzionalità dell’IVA si può riferire unicamente alla base imponibile e, sebbene quest’ultima corrisponda nella maggior parte dei casi al prezzo che il consumatore finale deve corrispondere in cambio della prestazione di un servizio o della cessione di un bene, deriva dalla formulazione stessa dell’articolo 73 della direttiva IVA che non è sempre e necessariamente così. Infatti, ai sensi di tale articolo, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo «versato» al prestatore per un’operazione e perciò la base imponibile “è determinata da quello che il soggetto passivo percepisce realmente come corrispettivo e non da quello che un destinatario determinato versa in un caso concreto” (cfr. Sentenza causa C-149/01 punti da 28 a 31).

Di conseguenza una prassi fiscale che consiste nel considerare come base imponibile, per le operazioni effettuate per mezzo di apparecchi da gioco, i proventi di cassa mensili che dipendono a loro volta dall’importo delle vincite e delle perdite dei diversi giocatori, non viola il diritto dell’Unione per il solo motivo che non esisterebbe alcuna relazione di proporzionalità tra l’IVA esigibile e le poste, considerate individualmente, impegnate dai singoli giocatori.

A nulla sembra rilevare, poi, la circostanza che vi sia una normativa che imponga un livello minimo di vincite imposte ai gestori, in quanto, secondo la Corte, il corrispettivo effettivamente percepito dal gestore, per la messa a disposizione degli apparecchi da gioco, è condizionato soltanto dagli «obblighi imposti tassativamente dalla legge» ed è costituito, pertanto, solamente «dalla quota parte delle poste di cui questi può disporre effettivamente per suo conto» (cfr. Sentenza causa C-38/93, punto 9; sentenza causa C377/11, punto 26),ovvero dai proventi di cassa dopo il trascorrere di un periodo determinato.

In merito all’ottava questione, con riferimento, cioè, al fatto se l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che “osta ad una normativa nazionale relativa a un’imposta non armonizzata secondo la quale l’IVA dovuta viene compensata per il suo esatto importo con tale primo tributo” la Corte si sofferma sull’importanza del principio di neutralità fiscale, come richiamato dal giudice del rinvio, che costituisce la traduzione, in materia di IVA, del principio di parità di trattamento.

Tale ultimo principio, in particolare, ha la conseguenza che i soggetti passivi non devono essere trattati in modo diverso per prestazioni simili che si trovano in concorrenza le une con le altre (cfr. Sentenza causa Grattan, C310/11, punto 28).

Tuttavia tale parità di trattamento opera unicamente nell’ambito del sistema armonizzato dell’Iva e, di conseguenza, visto che l’IVA dovuta è imputata, nella fattispecie esaminata, ad un tributo non armonizzato e non il contrario, si potrebbe pensare che tale normativa potrebbe far sorgere, al massimo, dubbi sul principio di parità di trattamento riguardo al tributo non armonizzato e non riguardo all’IVA.

  1. Conclusioni

Nell’ordinamento nazionale, l’esercizio del gioco effettuato attraverso gli apparecch (di cui all’art. 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui al Regio Decreto 1931, n. 773) da intrattenimento che consentono vincite in denaro rientra tra le operazioni esenti dall’Iva (in base all’art. 135, paragrafo 1, lett. I) della direttiva n. 2006/112/CE) di cui all’art. 10, c. 1, n. 6, del DPR n. 633/1972, così come previsto dall’art.1, comma 497, della legge n. 311/2004 (Legge finanziaria 2005).

In particolare per gli apparecchi e i congegni4 idonei per il gioco lecito che corrispondono vincite in denaro, collegati telematicamente in rete con AAMS, si applica il prelievo erariale unico (PREU) in sostituzione sia dell’ISI (imposta sugli intrattenimenti) che dell’IVA. La base imponibile è rappresentata dalla somma totale degli importi giocati su ciascun apparecchio e risultanti dagli appositi contatori5. Il soggetto al quale l’AAMS ha rilasciato il nullaosta di cui all’art. 38, comma 5, L. 388/2000 è il soggetto passivo d’imposta.

Restano invece assoggettati all’Iva, nonché alle imposte sugli intrattenimenti, le attività di intrattenimento con apparecchi (di cui all’art. 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui al Regio Decreto 1931, n. 773) che non consentono vincite in denaro.

Di conseguenza, la normativa nazionale appare in linea con il diritto dell’Unione e con la giurisprudenza comunitaria formatasi finora e, come detto in premessa, la sentenza6, nel rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate, richiama interessanti principi in materia di rapporto, se in termini di alternatività piuttosto che di cumulabilità7, tra Iva e tributi speciali nazionali (quali la nostra imposta sugli intrattenimenti) e più in generale sull’interpretazione dell’art 4018 della direttiva 2006/112/CE.

7 giugno 2014

Fabrizio Stella e Antonio Federico

 

1Art. 132 Direttiva 112/2006/CE: “par. 1. Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti: … i) le scommesse, le lotterie e altri giochi d’azzardo con poste di denaro, salvo condizioni e limiti stabiliti da ciascuno Stato membro…”.

2 Art. 401 direttiva 112/2006/CE: “Ferme restando le altre disposizioni comunitarie, le disposizioni della presente direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e qualsiasi imposta, diritto o tassa che non abbia il carattere di imposta sul volume d’affari, sempreché tale imposta, diritto o tassa non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera”.

3 Sentenza causa C-73/85 punto 22: “la Corte ricorda, al riguardo, che in forza dell’articolo 401 della direttiva IVA «le disposizioni di [tale] direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte … sui giochi e sulle scommesse, … e qualsiasi imposta, diritto o tassa che non abbia il carattere di imposta sul volume d’affari…”.

4 Che appartengono a due principali categorie individuate dall’art. 110 c. 6, lett. A e B, del RD 773/31 e denominati AWP (Amusement with prizes) e VLT (Video lottery terminal).

5 In dettaglio si veda anche DM 14.07.2004 e circolare AE 13 maggio 2005 n. 21/E.

6Per un approfondimento in materia di pronunce della Corte di Giustizia sia consentito il rinvio, degli stessi Autori, in questa rivista, a: Corte di Giustizia europea: i limiti per le agevolazioni d’accisa nel settore degli alcoli ed il controverso caso dell’aliquota “zero” per il vino italiano, pubblicato il 9 maggio 2014; Corte di Giustizia Europea: l’accisa come imposta di scopo ed il caso dell’imposta di consumo sull’olio lubrificante, pubblicato il 15 marzo 2014; Corte di Giustizia europea: soggettività IVA anche per i piccoli impianti fotovoltaici ad uso domestico, pubblicato il 9 ottobre 2013; Corte di Giustizia europea: quando il Fisco può negare la detrazione dell’IVA in caso di fattura “incompleta” nel rispetto della “neutralità” dell’imposta, pubblicato il 19 luglio 2013.

7 Situazione presente, nel panorama normativo domestico, nel comparto delle accise, per un approfondimento sia consentito il rinvio, di F. Stella, A. Federico, M. Giua, N. Monfreda e R. Vallino, al Volume “Le Accise non armonizzate: le imposizioni indirette sulla produzione e sui consumi”, Euteckne Editore S.p.A., pubblicato nel marzo 2014.

8 Art. 401 direttiva 112/2006/CE : Ferme restando le altre disposizioni comunitarie, le disposizioni della presente direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e qualsiasi imposta, diritto o tassa che non abbia il carattere di imposta sul volume d’affari, sempreché tale imposta, diritto o tassa non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.