L'inasprimento delle multe contro il lavoro sommerso

con gli ultimi interventi legislativi sono state inasprite le sanzioni per i datori di lavoro che utilizzano lavoratori in modo “sommerso”: un quadro della normativa aggiornata

L’ultimo intervento legislativo in materia di contrasto al lavoro irregolare lo troviamo nel 2010 con la Legge n. 183 (articolo 10).

Ora a tre anni di distanza, il Decreto Destinazione Italia (Decreto Legge n. 145 del 23.12.2013 pubblicato in G.U. n. 300 del 23.12.2013, all’articolo 14 – “misure di contrasto al lavoro sommerso ed irregolare”) segna un passo importante nella lotta al lavoro sommerso inasprendo pesantemente le multe a carico delle aziende che utilizzano irregolarmente il personale.

E’ un segnale importante specie in un momento storico difficile come quello che sta attraversando l’Italia, in cui la crisi la fa da padrone e alcuni datori, consapevoli della forte necessità di lavoro, tende ad esercitare la propria forza contrattuale eludendo, ancor più di prima, le norme sull’assunzione del proprio personale.

In questo articolo cercheremo di percorrere la storia di questo fenomeno e approfondire le tutele poste in atto dal Governo per arginarlo.

 

Definizione di lavoro sommerso:

Per lavoro sommerso si intende qualsiasi attività lavorativa retribuita ma non dichiarata alle autorità pubbliche (Inps, Inail, Erario, ecc…).

Ciò significa che l’attività lavorativa viene svolta al di fuori di ogni rapporto di lavoro ufficiale e formalizzato per i seguenti motivi:

– le aziende per cui sono “dipendenti” sono a loro volta completamente sommerse;

– le aziende non rispettano gli obblighi di registrazione;

– i lavoratori “autonomi” non dichiarano la propria attività.

 

Quando parliamo di lavoro sommerso individuiamo almeno due Parti in gioco:

  • il lavoratore sommerso: ovvero colui che esercita un lavoro dipendente o autonomo e percepisce un salario (anche in natura) o compenso senza sottostare alle leggi in maniera totale o parziale;

  • il datore di lavoro: nell’economia sommersa possiamo definire datore di lavoro qualsiasi soggetto, persona fisica, imprenditore individuale, persona giuridica, che impieghi uno o più lavoratori sommersi (come sopra definiti) a cui corrisponda un qualsiasi salario (anche in natura).

Nell’ambito del lavoro sommerso esistono due tipologie a seconda del grado di irregolarità:

lavoro nero: dove l’irregolarità è totale – rientrano in questo ambito le situazioni che abbiamo sopra analizzato;

lavoro grigio: dove gli inadempimenti contrattuali, retributivi, previdenziali, assicurativi e fiscali sono parziali, pertanto le attività risulteranno dichiarate parzialmente e in modo distorto rispetto alla realtà.

Ciò produce una serie di effetti negativi che ricadono non solo sulle Parti che volenti o dolenti pongono in essere tale attività illecita ma anche e soprattutto a pioggia sull’intera collettività.

Come possiamo vedere di seguito infatti gli effetti di questo comportamento illecito sono:

  • mancanza di tutela assistenziale per i lavoratori (in caso di infortunio, malattia, gravidanza);

  • evasione degli oneri e degli adempimenti in materia di sicurezza e di igiene sul lavoro;

  • mancanza di tutela pensionistica per i lavoratori non essendovi ovviamente i versamenti contributivi;

  • danno per l’Erario; le retribuzioni infatti non scontano le imposte né i contributi;

  • danno alla collettività per minori risorse disponibili per il finanziamento di servizi quali la formazione, i fondi pensione, l’assistenza sanitaria, le prestazioni a tutela del reddito;

  • aumento e favoreggiamento all’immigrazione clandestina per ottenere manodopera a basso costo;

  • incitamento al lavoro minorile.

 

Se a tutto ciò si somma che molto spesso i così detti lavoratori “invisibili” (lavoratori del sommerso) beneficiano di prestazioni quali CIG, Mobilità, Aspi o altro, il danno economico per lo Stato e per la comunità sociale risulta doppio.

Le attività del sommerso sono attività produttrici di reddito pertanto non rientrano in questa definizione le attività di volontariato e le opere benefiche.

Queste attività sono inoltre dannose per l’economia in quanto hanno per oggetto attività illecite seppure assicurino, almeno temporaneamente, la sussistenza/sopravvivenza dei lavoratori in esse impiegati.

Parliamo di lavoro sommerso anche nell’ipotesi in cui si sia in presenza di doppio lavoristi con una attività di lavoro svolta alla luce del sole e un’altra parallela ed integrativa svolta invece nel sommerso.

Qui il danno arrecato grava in particolar modo su tutti coloro che stanno promuovendo la propria figura professionale nel mondo del lavoro e che “trovano il loro posto occupato” da chi svolge un doppio lavoro.

Questo fenomeno ha tutti i connotati di diventare sempre più una piaga sociale, una situazione da affrontare in maniera urgente e indifferibile, a cui giustamente il Governo sta cercando di porre un limite.

Un recente studio ha valutato che in Italia i lavoratori del sommerso sono oltre 3 milioni di cui 2 milioni al Sud, ai quali si devono aggiungere quelli che hanno più di un lavoro per arrivare così ad una cifra che supera i 5 milioni di persone.

Il sommerso è un ostacolo alla corretta concorrenza del mercato e rende poco appetibile l’investimento da parte anche di grandi gruppi esteri in Italia; ciò comporta un significativo danno economico ed un rallentamento dell’affermazione dell’Italia come Nazione economicamente stabile e forte.

Non dobbiamo però pensare che si tratti di un fenomeno che interessa solo l’Italia, in quanto riguarda purtroppo l’intera Europa; ha avuto una escalation a seguito dell’allargamento ai paesi dell’Est europeo.

Si è quindi reso necessario definire una strategia europea comune basata sulla prevenzione e sulla valorizzazione delle politiche dirette a promuovere la conversione del lavoro sommerso in lavoro regolare in accordo, dove possibile, con le Parti Sociali.

In tale direzione possiamo leggere tutti gli interventi interni ed internazionali posti in atto nell’ultimo decennio allo scopo di sensibilizzare gli Stati verso:

  1. lo sviluppo di strategie globali di contrasto al lavoro irregolare attraverso il ricorso ad azioni preventive che stimolino i datori di lavoro ad operare nella legalità;

  2. il rafforzamento dell’attività ispettiva;

  3. l’inasprimento delle sanzioni;

  4. la sensibilizzazione della collettività sulle conseguenze negative del lavoro sommerso;

  5. la cooperazione, anche a livello internazionale, tra gli organi competenti;

  6. il coordinamento stringente tra Ministero del Lavoro, Inail e Inps anche mediante una programmazione delle verifiche ispettive;

  7. la conoscenza delle dimensioni del fenomeno anche attraverso la collaborazione con gli istituti di statistica nazionale.

 

Ecco quindi che sono stati adottati negli anni vari piani per consentire l’emersione del fenomeno ed il “passaggio – conversione” a situazioni di lavoro regolare.

Questi piani potevano prevedere un’emersione progressiva e un’emersione automatica.

Si parla di emersione progressiva quando viene predisposto un piano studiato tra imprenditori ed il Comune di attività, che consenta una regolarizzazione progressiva e programmata delle posizioni irregolari ed una adeguamento quindi alle norme vigenti.

Si parla invece di emersione automatica quando la stessa avviene a seguito di dichiarazione presentata dal datore di lavoro che permette di formalizzare i lavoratori irregolari in carico presso l’azienda fino a quel momento.

Entrambe queste procedure pur avendo modalità e termini di attuazione diversi beneficiano degli stessi vantaggi fiscali e contributivi.

 

Vediamo ora nel dettaglio le sanzioni previste nel Decreto Milleproroghe, chiamato anche “Destinazione Italia”.

Le sanzioni amministrative previste per coloro che occupino lavoratori sommersi variano da un minimo di € 1.950,00 (in precedenza € 1.500,00) ed un massimo di € 15.600,00 (in precedenza € 12.000,00), maggiorata di € 195,00 per ogni giornata di lavoro effettivo accertato.

Le sanzioni sono da intendersi per ciascun lavoratore sommerso utilizzato ed al netto delle maggiorazioni previste per le omissioni di versamenti contributivi.

L’inasprimento delle sanzioni potrà comportare nei casi più gravi (per esempio per gravi violazioni in materia di sicurezza e di tutela della salute dei lavoratori) o reiterati anche la sospensione dell’attività.

In tale circostanza la sanzione applicata sarà maggiorata del 30%.

Sono inoltre state pesantemente inasprite le sanzioni in caso di mancato rispetto dei riposi settimanali e giornalieri.

Le multe sono infatti decuplicate.

Quindi in caso di mancato rispetto:

  • dei riposi settimanali la sanzione sarà variabile da un minimo di € 1.300,00 (prima € 130,00) ad un massimo di € 7.800,00 (prima € 780,00).

Se la violazione è riferita a più di 5 lavoratori o si è verificata in almeno 3 periodi di riferimento la sanzione va da € 4.000,00 (prima € 400,00) a € 15.000,00 (prima € 1.500,00).

Se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori o si è verificata in almeno 5 periodi di riferimento la sanzione è compresa in un arco pecuniario che va da € 10.000,00 a € 20.000,00 senza la possibilità di essere ammessi al pagamento in misura ridotta.

  • dei riposi giornalieri la sanzione potrà oscillare da un minimo di € 250,00 (prima € 25,00) ad un massimo di € 1.000,00 (prima € 100,00).

Se la violazione è riferita a più di 5 lavoratori o si è verificata in almeno 3 periodi di riferimento la sanzione va da € 3.000,00 a € 10.000,00.

Se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori o si è verificata in almeno 5 periodi di riferimento la sanzione è compresa in un arco pecuniario che va da € 9.000,00 a € 15.000,00 senza la possibilità di essere ammessi al pagamento in misura ridotta.

 

Il provvedimento di sospensione dell’attività lavorativa può essere revocato, su richiesta dell’azienda colpita e previa regolarizzazione delle inadempienze, da parte dell’Organo di Vigilanza che le lo ha adottato, non necessariamente dal medesimo ispettore che lo ha inflitto (in tal senso si esprime la Circolare n. 33 del 10.11.2009).

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con propria lettera circolare prot. n. 22277 del 27.12.2013 è intervenuto a chiarire i termini di applicazione delle somme da versare in caso di richiesta di revoca del provvedimento di sospensione dell’attività che come abbiamo visto prima è applicabile in caso di gravi inadempienze e reiterazione delle violazioni.

Il Ministero ha precisato che tali disposizioni si applicano alle richieste di revoca della sospensione dell’attività presentate dal 24 dicembre ancorché riferibili a comportamenti e quindi azioni sanzionatorie poste in essere prima di tale data.

Precisiamo che si tratta di somme aggiuntive e non di sanzioni o di ammende e che presuppongono la regolarizzazione delle situazione illecita che ha portato alla sospensione dell’attività.

Tali somme aggiuntive oscilleranno a seconda dell’inadempienza che ha prodotto la sospensione da un minimo di € 1.950,00 ad un massimo di € 3.250,00.

 

Il Ministero suggerisce che per le violazioni in materia di:

  • impiego di lavoratori irregolari;

  • durata media dell’orario di lavoro;

  • riposi giornalieri;

  • riposi settimanali

posti in essere e accertati con data successiva al 24 dicembre 2013, la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva provveda a notificare i verbali solo successivamente alla Conversione del Decreto in Legge in considerazione del fatto che la notifica può essere fatta entro 90 giorni dalla definizione dell’attività di accertamento.

Per quanto concerne invece le violazioni in materia di utilizzo di lavoratori sommersi, di durata media dell’orario, di riposti giornalieri o settimanali posti in essere con data precedente al 24.12.2013 i termini sanzionatori da applicare restano quelli precedentemente in vigore.

 

Destinazione dei proventi derivanti dalle multe:

Il Decreto stabilisce che gli introiti derivanti dalle multe applicate saranno destinati a finanziare le indennità degli ispettori del Ministero al fine di stimolare una sempre più maggiore efficacia in materia di lavoro e di accertamento delle situazioni irregolari.

Per questo scopo il Decreto stesso prevede tra l’altro l’assunzione di 250 nuovi ispettori del lavoro (di cui 100 ispettori del lavoro e 50 ispettori tecnici) da destinare nelle regioni del centro – nord per esercitare attività di contrasto al lavoro sommerso ed irregolare e migliorare le attività di prevenzione e di promozione in ambito di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.

Le nuove assunzioni avverranno in modo progressivo negli anni 2014, 2015 e 2016.

Ai sensi dell’art. 14 comma 1 lettera c), le risorse reperite saranno trasferite dal Bilancio dello Stato al Bilancio del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Poiché l’applicazione del nuovo sistema sanzionatorio potrà entrare a regime nell’arco di un biennio, nelle more bisognerà trovare all’interno del Bilancio dello Stato la copertura delle risorse comunque necessarie ed indifferibili al fine di rafforzare le risorse ed incrementare comunque l’attività ispettiva con l’obiettivo di argine questo fenomeno sempre più dilagante e assolutamente dannoso per il sistema economico italiano.

 

Entrata in vigore:

L’entrata in vigore del Decreto Destinazione Italia e quindi la decorrenza dell’applicazione delle norme è dallo scorso 24 dicembre 2013.

 

6 marzo 2014

Marta Bregolato