Ricerca e sviluppo: chiarimenti sul credito d’imposta

Scambio lavoro per ricerca e sviluppo con quote di partecipazione al capitale sociale, secondo la fattispecie del cosiddetto work for equity

R&S: chiarimenti sul credito d’imposta

L’Amministrazione finanziaria ha fornito ulteriori precisazioni in relazione all’ammissibilità al credito d’imposta degli importi riconosciuti al socio amministratore e ai consulenti esterni (che – nel caso in esame – sono anche soci della società), a titolo di corrispettivo per l’attività di ricerca e sviluppo svolta a favore della società.

 

Imputazione temporale dei costi

Come già chiaro, l’imputazione temporale degli investimenti in ricerca e sviluppo ad uno dei periodi di imposta di vigenza dell’agevolazione (prevista nel periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019) avviene secondo le regole generali di competenza fiscale, previste dall’articolo 109 del TUIR, come disposto anche dall’articolo 4, comma 1, del decreto attuativo:

sono ammissibili i costi di competenza, ai sensi dell’articolo 109 del testo unico, del periodo d’imposta di riferimento direttamente connessi allo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili”.

 

Lavoro in cambio di quote societarie

Con riferimento alla modalità di remunerazione delle spese sostenute per le attività di ricerca e sviluppo poste in essere dal socio-amministratore e dai consulenti esterni/soci, la società contribuente, nel corso del 2018, si è avvalsa della possibilità di riconoscere quote di partecipazione al capitale sociale, secondo la fattispecie del cosiddetto work for equity, con aumento di capitale a pagamento liberato mediante compensazione di un credito maturato pereffetto delle prestazioni d’opera con il debito di sottoscrizione.

In sostanza, il credito maturato per l’attività svolta nel corso del 2018 dal socio-amministratore e dai consulenti esterni/soci viene trasformato, per la quota parte non regolata in denaro, in quote di partecipazione (equity) al capitale della società, a un rapporto di 1/10 tra il valore nominale della quota di partecipazione al capitale sociale e il valore economico dello stesso, per le ragioni esposte nella descrizione del fatto, ferma restando l’imputazione dei restanti 9/10 ad aumento delle riserve.

 

La ratio legis

La disciplina agevolativa per le spese di ricerca e sviluppo deve “essere interpretata secondo principi che ne salvaguardino la natura di (incentivo) e le finalità (di fare crescere gli investimenti in ricerca e sviluppo) e che consentano un adeguato controllo sull’utilizzo dello strumento, prescindendo dalle regole applicabili in sede di determinazione del reddito di impresa ogni qualvolta la loro automatica estensione in ambito agevolativo possa alterare la funzione assegnata all’incentivo dal legislatore o dare luogo a ingiustificabili disparità di trattamento tra imprese” (cfr. circolare n. 10/E del 2018, paragrafo 1).

 

L’interpretazione fornita dall’Agenzia entrate con la risposta n. 516 del 12 dicembre 2019

Pertanto, ai fini dell’agevolazione in commento, l’effettiva remunerazione riconosciuta al socio-amministratore e ai consulenti esterni/soci, pur costituendo, ai fini Ires, un costo per prestazioni rese dai soci (il cui debito si trasforma in capitale a seguito di rinuncia al credito da parte dei soci) e uno speculare provento ordinariamente tassabile in capo ai soci, rispettivamente a titolo di compenso per l’attività di amministratore e compenso professionale, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 27 del D.L. n. 179 del 2012, qualora dovessero ricorrere nel caso in esame le condizioni di applicabilità, non può essere agevolato ai fini del credito d’imposta ricerca e sviluppo non rappresentando un costo effettivamente sostenuto dalla società.

Infatti, nel caso di specie, in cui la società ha come controparti l’amministratore e soci qualificati, si determina, sotto il profilo sostanziale, un apporto di lavoro che si trasforma in capitale di rischio mediante la rinuncia al credito, lavoro che sarà remunerato solo se e quando saranno conseguiti i profitti.

Tale situazione non consente di ritenere effettivi i costi sostenuti dalla società che ha come controparte dei soci qualificati e non economie terze.

 

 

Trattamento ai fini IVA

In relazione al corretto trattamento fiscale, ai fini IVA, delle remunerazioni corrisposte al socio-amministratore e ai collaboratori esterni/soci, l’Agenzia concorda con la soluzione prospettata dall’Istante, restando impregiudicata l’applicazione del normale regime IVA sulle prestazioni di servizi in esame (cfr. circolare n. 16/E del 2014,paragrafo 4).

Di conseguenza, a fronte dell’apporto di opere e servizi, il prestatore deve emettere fattura con IVA ad aliquota ordinaria da calcolarsi sul corrispettivo contrattualmente pattuito per la prestazione oggetto di conferimento.

La risoluzione 16 marzo 2005, n. 35/E chiarisce che il momento di effettuazione di detta operazione coincide sostanzialmente con la compensazione che dà luogo al pagamento, sempre che precedentemente non sia stata emessa fattura.

L’IVA pagata dalla Società dovrà essere poi regolarmente versata all’Erario da parte del prestatore.

 

13 dicembre 2019

Vincenzo D’Andò

 

Questa informazione è tratta dal Diario Quotidiano pubblicato oggi su CommercialistaTelematico