L’erogazione o il ricevimento di somme di denaro va trattato in maniera differente a seconda della natura che le parti hanno voluto attribuire all’operazione commerciale. Si verifica il diverso trattamento civilistico, fiscale e contabile degli acconti rispetto alle cauzioni.
La differenza tra acconto (o anticipo) e cauzione
In termini generali, gli anticipi corrisposti ai fornitori devono essere classificati in base alla loro natura:
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- anticipi in conto impianti, a fronte di un’acquisizione di immobilizzazioni;
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- anticipi in conto di fornitura a fronte dell’acquisizione di merci, materiali o prodotti ovvero potrebbe trattarsi di vere e proprie prestazioni di servizi.
La diversa tipologia di anticipi ha riflessi nel bilancio d’esercizio. Infatti, l’art. 2424 c.c. include gli acconti/anticipi nello stato patrimoniale:
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- sia tra le immobilizzazioni (voce B.I. 6 «Immobilizzazioni immateriali in corso e acconti»; voce B. II. 5 «Immobilizzazioni materiali in corso e acconti»);
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- sia nell’attivo circolante, tra le rimanenze di magazzino (voce C.I. 5 «Acconti»).
Anche gli anticipi di denaro che si ricevono dai clienti interessano la composizione del bilancio d’esercizio e vanno attentamente appostati nelle scritture contabili.
Trattasi di conti transitori che vengono trattati nell’ambito dei debiti, tuttavia a differenza degli anticipi a fornitori, gli anticipi da clienti trovano una collocazione indistinta nel passivo dello stato patrimoniale alla voce D.6 «Acconti».
Tali poste vanno distinte dai depositi e dalle cauzioni costituite da somme di denaro che l’azienda ha versato a terzi a titolo di garanzia, indisponibili fino alla realizzazione della condizione sospensiva. I