Trasferte dei dipendenti e collaboratori | Con fac-simile di autorizzazione

La gestione delle spese di trasferta è sempre un momento critico della vita aziendale; approfondiamo le principali problematiche: dall’autorizzazione alla trasferta, ai documenti giustificativi fino ai più importanti aspetti fiscali.

L’art. 51, c. 1, TUIR prevede un principio di onnicomprensività della nozione del reddito di impresa e cioè che, in linea generale, ogni somma che il dipendente riceve in relazione al rapporto di lavoro instaurato è soggetto a tassazione.

La norma testualmente recita:

“Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro…”.

 

La materia delle trasferte ai dipendenti è così ricca di casistica che risulta quasi impossibile prevedere tutte le ipotesi che si manifestano nella realtà.

A prescindere, tuttavia, dai casi particolari e/o limite, è possibile fornire un inquadramento generale e sistematico in modo da fissare le regole di base sia per la deducibilità dei costi sostenuti in capo all’impresa sia, eventualmente, per la tassazione dei rimborsi ottenuti dal lavoratore dipendente.

Le regole di seguito illustrate si applicano ai lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, anche part-time. Esse si applicano anche ai lavoratori assunti con contratti a progetto (co.co.co/co.co.pro), in quanto assimilati ai dipendenti.

E’ utile precisare che devono comprendersi anche gli amministratori, essendo questi collaboratori, salvo i casi in cui l’incarico di amministratore venga svolta nell’ambito di una attività professionale che annovera tra le competenze quella di amministrazione e gestione di imprese. In tal ultimo caso varrebbero le regole applicabili ai professionisti.

Le regole di tassazione delle trasferte sono stabilite nell’art. 51, c. 5 del TUIR. Tra le interpretazioni fornite dall’Amministrazione Finanziaria, oltre alla circ. n. 32/E del 23/12/1997 e a numerose risoluzioni, si ricordano le seguenti circolari:

  • circ. n. 188/E del 16/7/1998;

  • circ. n. 207/E del 16/11/2000;

  • circ. n. 11/E del 16/2/2007;

  • circ. n. 53/E del 5/9/2008;

  • circ. n. 6/E del 3/3/2009;

  • circ. n. 34/E del 13/7/2009.

 

 

Trasferta, sede di lavoro e territorio 

In primo luogo è utile fornire le seguenti definizioni:

  • trasferta: prestazione lavorativa svolta dal lavoratore dipendente temporaneamente al di fuori della sede di lavoro;
  • sede di lavoro: luogo in cui – in base alla documentazione relativa al contratto o sua integrazione – il dipendente è tenuto a eseguire le prestazioni lavorative. La sede di lavoro non è necessariamente la sede dell’impresa in quanto può coincidere, ove indicato all’atto dell’assunzione o successivamente, con una filiale, uno stabilimento ecc.;
  • territorio comunale: comune in cui ha sede l’impresa, filiale, stabilimento in cui il lavoratore presta la propria attività. E’ irrilevante il luogo di residenza e/o domicilio del lavoratore.

 

Nella citata circ. n. 326/E, l’Amministrazione precisa che “L’individuazione della sede di lavoro è, ovviamente, rimessa alla libera decisione delle parti contrattuali, decisione sulla quale né il legislatore né, tanto meno, l’Amministrazione finanziaria, hanno possibilità di intervenire…”.

Ai fini fiscali è previsto un trattamento differenziato delle indennità di trasferta in parola a seconda che le stesse siano o meno svolte nel territorio comunale.

 

 

1. Le trasferte effettuate nell’ambito del territorio comunale.

Per il lavoratore: costituiscono reddito le somme ricevute a titolo di indennità forfetaria e le somme rimborsate in quanto riferite a spese documentate ed effettivamente sostenute.

L’unica deroga alla tassazione è prevista per le spese di trasporto se comprovate da documenti provenienti dal vettore (biglietti dell’autobus, ricevute dei taxi); in tal caso, l’importo rimborsato non forma reddito per il dipendente (mentre è deducibile per l’impresa). Si sottolinea che la non imponibilità riguarda solo il rimborso del costo del trasporto con vettore e non le indennità chilometriche corrisposte al dipendente per l’utilizzo della propria autovettura. Dette indennità sono tassate.

Al rientro dalla trasferta, il dipendente deve presentare apposita richiesta di rimborso in cui indicare sia la natura della spesa sia gli originali dei giustificativi.

Per l’impresa: sono deducibili sia le indennità forfetarie sia rimborsi spese (le spese di trasporto sopra indicate).

 

 

2. Le trasferte effettuate fuori del territorio comunale.

trasferte fuori dal territorio comunaleLa disciplina fiscale stabilisce regole specifiche per il rimborso delle spese sostenute per le trasferte effettuate fuori del territorio comunale.

In particolare, tali spese possono essere rimborsate in base a tre diverse modalità.

Una volta che il datore di lavoro ne sceglie una, questa è vincolante per tutta la durata della trasferta (in sostanza, ad esempio, per una trasferta settimanale non è possibile variare la modalità di rimborso a seconda delle singole giornate).

Le modalità di rimborso sono:
  • rimborso analitico.
  • indennità forfetaria;
  • rimborso misto

 

Nella circ. n. 326/E si evidenzia che non è consentito all’Amministrazione Finanziaria “sindacare le modalità di erogazione o gli importi dell’indennità”.

Dall’altra parte però, per la stessa trasferta non possono essere previste diverse modalità di rimborso.

Ciò significa, che per una trasferta di 3 giorni non è possibile ogni giorno prevede un tipo di rimborso diverso dal giorno precedente: il criterio è unico per tutta la trasferta.

 

 

2.1. Rimborso analitico

Trattasi del rimborso a piè di lista per:

  • vitto;

  • alloggio;

  • viaggio e trasporto.

 

Tra le spese di viaggio e trasporto devono intendersi inclusi: i biglietti dei mezzi pubblici, aerei e ferroviari, costi per i taxi, i costi di noleggio delle autovetture, le indennità chilometriche per l’utilizzo dell’auto di proprietà, i pedaggi autostradali, i costi per i parcheggi.

 

Per il dipendente

il rimborso di tutte le suddette spese non determina reddito tassabile in capo al dipendente.

Fino ad un importo di euro 15,49 al giorno, elevato a euro 25,83 per le trasferte all’estero, non è tassabile neanche il rimborso forfetario delle spese di modestissimo valore non documentabili, quali ad esempio, i costi per le telefonate, le mance. In tal caso, al ritorno dalla trasferta, il dipendente dovrà indicare – per ottenerne il rimborso – la natura delle spese non documentabili sostenute.

Ogni altra eventuale indennità, sopra gli importi appena citati, concorrerà a formare il reddito.

 

Per l’impresa:

  1. le spese per vitto e alloggio sono deducibili nei limiti di euro 180,76 per le trasferte in Italia e euro 258,23 per le trasferte all’estero.

  2. le spese di viaggio e trasporto sono deducibili senza limiti di importo, ad eccezione della cd. “indennità chilometrica”. Per tale indennità è previsto che nel caso in cui il dipendente sia stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di proprietà ovvero noleggiato, la deduzione di quanto corrisposto è deducibile nei limiti, rispettivamente, del costo di percorrenza calcolata in base alle tariffe ACI e alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, ovvero 20 se a motore diesel;

  3. le altre spese documentabili sono interamente deducibili. Con riguardo alle spese alberghiere ulteriori rispetto l’alloggio (ad esempio, uso del telefono o della connessione internet) si ritiene che opportuno che esse siano separatamente indicate in fattura/ricevuta al fine di non farle concorrere al tetto di deducibilità di cui alla lettera a).

 

 

2.2. Rimborso forfetario

Trattasi di somme corrisposte a forfait al dipendente a prescindere dai costi da questi effettivamente sostenuti.

 

Per il dipendente

L’indennità forfetaria è tassata per l’importo che eccede la franchigia giornaliera di euro 46,48, per le trasferte in Italia, e a euro 77,47, per le trasferte all’estero.

Si ricorda che

  • nella franchigia non sono incluse le spese di viaggio e di trasporto,comprese le indennità chilometriche, come definite al precedente par. 2.1., che se quindi sono rimborsate a piè di lista non determinano reddito imponibile;

  • ogni altro rimborso, anche analitico quindi supportato ad esempio da scontrini fiscali, è tassato. Attenzione che quindi non vale l’esenzione per il rimborso forfetario delle “altre spese non documentabili” di cui al par.2.1.

 

Per l’impresa

Per l’impresa, sono deducibili, senza alcuna limitazione d’importo, sia il rimborso, a piè di lista, delle spese sostenute (di qualsiasi natura, compresi i rimborsi chilometrici) sia le indennità forfetarie.

La franchigia è giornaliera nel senso che non deve essere effettuato nessun calcolo in proporzione alla durata effettiva della trasferta, qualora questa sia di durata inferiore alle 24 ore o non richieda il pernottamento fuori sede (ad esempio, la franchigia è sempre la stessa sia per una trasferta di 3 ore sia per una trasferta di 12 ore)

 

 

2.3. Rimborso misto

Con tale criterio il datore di lavoro provvede sia a corrispondere un’indennità forfetaria sia un rimborso, analitico, delle spese effettivamente sostenute.

 

Per il dipendente

Occorre distingue due diverse modalità di rimborso:

  1. il datore di lavoro fornisce gratuitamente il vitto o l’alloggio ovvero rimborsa le spese di solo vitto o le spese di solo alloggio.

  • il rimborso delle spese non concorre a formare il reddito;

  • l’indennità forfetaria corrisposta per ogni altra eventualità, è esclusa da tassazione fino ad un importo pari euro 30,98, per le trasferte in Italia, e euro 51,64, per le trasferte all’estero;

  1. il datore di lavoro fornisce al dipendente gratuitamente sia il vitto che l’alloggio ovvero provvede a rimborsare le spese di vitto e di alloggio.

  • o il rimborso delle spese sostenute non concorre a formare il reddito;

  • o l’indennità forfetaria corrisposta per ogni altra eventualità, è esclusa dalla tassazione fino ad un importo pari euro 15,49, per le trasferte in Italia, e euro 25,82, per le trasferte all’estero.

 

Si ricorda che:

  • nella franchigia non sono incluse le spese di viaggio e di trasporto,comprese le indennità chilometriche, come definite al par.2.1., che se quindi rimborsate non formano mai reddito;

  • ogni altro rimborso, anche analitico e quindi dimostrabile ad esempio con gli scontrini fiscali, è tassato. Attenzione che quindi non vale l’esenzione per il rimborso forfetario delle “altre spese” previsto per il rimborso analitico.

 

Impresa

Sono deducibili tutti i costi di cui sopra, senza limitazione d’importo, sia se trattasi di rimborso forfetario sia se trattasi di rimborso spese.

 

3. Aspetti IRES/IRAP dei rimborsi spese

Ai fini IRES, dal 1° gennaio 2009 (per i soggetti con esercizio sociale coincidente con l’anno solare), le spese di vitto ed alloggio sono deducibili nella misura del 75% (art. 109, c. 5, TUIR)

Detta limitazione, però, non vale se le spese sono relative alle trasferte dei dipendenti. La limitazione, quindi, vale solo per le spese qualificabili come rappresentanza.

La distinzione è abbastanza semplice ma crea qualche complicazione operativa quando il dipendente in trasferta associa alla propria spesa (deducibile al 100%) quella di un cliente, fornitore, ecc.

Ci si riferisce all’ipotesi in cui il dipendente in trasferta offra il pranzo ad un proprio cliente o ad un fornitore o ad altro soggetto. In tal caso, oltre alla spesa di trasferta potrebbe esserci una componente relativa ad una spesa di rappresentanza.

Una qualche valutazione andrebbe fatta e, se il dipendente è “pratico” anche di questioni fiscali, potrebbe farsi emettere due diverse fatture; in caso contrario, la questione va affrontata a posteriori quando, eventualmente, accertata che parte della spesa è di rappresentanza, si dovrà procedere a contabilizzare due diversi costi (seppur fatturati congiuntamente) che hanno un diverso regime di deducibilità (100% trasferta e 75% rappresentanza) ma con implicazioni, come si vedrà nel paragrafo successivo, anche ai fini della detrazione IVA (non consentita per la rappresentanza).

Ai fini IRAP, invece, anche a seguito della più stringente derivazione del valore della produzione dal bilancio di esercizio, restano sostanzialmente ferme le regole di deduzione. Salvo quanto si dirà nel paragrafo successivo (per l’IVA non detratta), sono indeducibili tutte le somme erogate al dipendente a titolo di indennità. Sono deducibili, invece, invece, i rimborsi analitici delle spese di vitto, alloggio e di viaggio anticipate dal dipendente in occasione delle trasferte (circ. n. 27/E del 26/5/2009)

 

 

4 Aspetti IVA (e conseguenze ai fini IRES e IRAP)

Dal 1° settembre 2008, non è più prevista la limitazione oggettiva alla detrazione IVA per le spese di vitto e di alloggio (ai fini IVA denominate spese alberghiere e di somministrazione). Resta, invece, la limitazione soggettiva, ad esempio dovuta al pro-rata.

E’ opportuno precisare che il regime di indetraibilità è confermata nell’ipotesi in cui dette spese siano qualificabili come spese di rappresentanza.

Quindi, nel contesto in cui si discute nel presente intervento (quello delle trasferte), l’IVA su dette spese è detraibile.

Per completezza si ricorda che nessun intervento è stato operato con riferimento al regime IVA delle spese di trasporto: resta immutato il regime di indetraibilità.

Ai fini della detrazione dell’IVA, l’impresa deve disporre di “titolo idoneo” che, come è noto, è dato dalla fattura (art. 21, DPR n. 633/1972). E’ necessario, quindi, nel momento di effettuazione dell’operazione (che è dato, per i servizi, dal pagamento), l’impresa (o il dipendente stesso) richieda espressamente l’emissione della fattura.

Circa il contenuto di detta fattura, l’Amministrazione finanziaria si è cimentata in un dietrofront abbastanza prevedibile. In un primo momento, con la circ. n. 53/E del 5/9/2008, l’Agenzia aveva sostenuto che la fattura dovesse riportare obbligatoriamente sia i dati della società sia del dipendente in trasferta (nell’intestazione o nel corpo della fattura stessa).

In un secondo momento, con la circ. n. 6/E del 3/3/2009, l’Agenzia ha precisato che la fattura può essere intestata e può riportare solo i dati dell’impresa (cioè del committente che ha diritto alla detrazione), mentre i dati del beneficiario del servizio (il dipendente) possono, se si vuole, essere inclusi nel corpo della fattura, oppure se più comodo, non risultare dalla fattura ma risultare da un documento contabile e gestionale separato, quale la classica nota spese.

In mancanza della fattura, le prestazioni alberghiere e le somministrazioni di alimenti e bevande sono documentate mediante scontrino o ricevuta fiscale, quindi, mediante documenti che non consentono l’esercizio della detrazione in quanto privi dell’evidenziazione dell’IVA relativa a dette spese.

L’Agenzia delle Entrate si è cimentata in un nuovo, seppur parziale, dietrofont con riguardo alla possibilità di dedurre, ai fini IRES e IRAP, l’IVA non detratta.

Con la circ. n. 6/E del 2009 l’Agenzia aveva affermato che l’IVA detraibile e non effettivamente detratta non rappresenta un costo deducibile per l’impresa. Con la successiva ris. n. 85/E del 31/3/2009, aveva esteso l’indeducibilità anche ai fini IRAP.

Con la circ. n. 25/E del 19 maggio 2010, l’Agenzia ha rivisto il suo orientamento unicamente, però, alle ipotesi in cui l’impresa non richieda la fattura e quindi la spesa sia comprovata da scontrino o da ricevuta fiscale.

L’Agenzia anziché evidenziare un cambiamento di opinione ha preferito confermare le considerazioni espresse nei due precedenti documenti di prassi prevedendo tuttavia che tali considerazioni

“possono subire, tuttavia, un’eccezione qualora la scelta di non richiedere la fattura per le prestazioni alberghiere e di ristorazione si basi su valutazioni di convenienza economico gestionale”.

 

L’eccezione vale, parere dell’Agenzia solo se l’impresa decide di non richiedere la fattura per la prestazione alberghiera e/o di ristorazione ed è quindi nell’impossibilità di detrarre l’IVA alla quale può riconoscersi “la natura di “costo inerente” all’attività esercitata e, pertanto, la deducibilità ai fini delle imposte sui redditi”.

Per rafforzare tale interpretazione l’Agenzia richiama

“i chiarimenti resi nella risoluzione 6 settembre 1980, n. 517, in base ai quali l’inerenza – quale condizione necessaria ai fini della deducibilità fiscale di un costo – va riconosciuta per il solo fatto che detto costo è valutato dall’imprenditore nell’ambito di una scelta di convenienza economica, vale a dire quando l’obiettivo è pur sempre quello di pervenire al maggior risultato economico possibile”.

 

Quindi, la deducibilità dell’IVA dipende dall’economicità della scelta operata dall’impresa che potrebbe essere chiamata a dimostrare che la mancata richiesta di emissione della fattura consegue ad esigenze amministrative di semplificazione degli adempimenti. Semplificazione che comporta un vantaggio economico maggiore della perdita dell’IVA non detratta.

Per l’impresa non dovrebbe essere una prova eccessivamente difficile dato che le spese alberghiere e di ristorazione sostenute durante la trasferta sono di importo abbastanza contenuto e quindi l’IVA ammonta al massimo a qualche decina di euro.

L’IVA non detratta relativa alle prestazioni di vitto e alloggio assume rilievo fiscale anche ai fini IRAP, a condizione che l’onere risulti iscritto tra i costi che concorrono alla determinazione del valore della produzione netta da assoggettare all’imposta.

Considerato che l’IVA va ad incrementare il costo che viene classificato tra quelli rilevanti ai fini IRAP, la conclusione è che l’IVA non detratta per assenza di fattura è deducibile anche ai fini IRAP.

E’ evidente come l’Agenzia ha creato più complicazioni che semplificazioni: ha “scomodato” il principio di “inerenza” (inutilmente visto che esso si applica sempre ed in ogni caso) e anziché fissare una regola chiara di deducibilità ma previsto “l’eccezione” (che però tale non è!).

Si aggiunga poi che per i redditi 2008, in base alle interpretazioni restrittive del 2009, le imprese avevano redatto l’UNICO e il mod. IRAP considerando l’IVA non detratta come indeducibile IRES e IRAP.

La nuova interpretazione (del 2010) ha comportato per molte imprese la necessità di presentare una dichiarazione integrativa per il periodo di imposta 2008.

Comunque, allo stato attuale e dopo la nuova interpretazione dell’Agenzia:

  • le spese non documentate da fattura (la cui richiesta di emissione è facoltativa) generano un’IVA deducibile ai fini IRES e IRAP. In tal caso, l’IVA non è esposta nello scontrino e nella ricevuta, quindi tutto il costo “facciale” del giustificativo di spesa è deducibile;

  • Le spese documentate da fattura generano un’IVA indeducibile ai fini IRES e IRAP. In tal caso la rinuncia volontaria alla detrazione dell’IVA esposta in fattura rende il costo non inerente ed opererebbe la regola di cui all’art. 99, comma 1, TUIR, secondo cui non sono ammesse in deduzione le imposte per le quali “è prevista la rivalsa, anche facoltativa”

 

 

5. Documentazione giustificativa della trasferta

In ultimo, si segnala che con riferimento a ciascuna trasferta è necessario che venga acquisita e conservata la seguente documentazione:

  1. la lettera d’incarico dalla quale emergano gli elementi della trasferta;

  2. la nota spese predisposta dal dipendente, all’atto del rimborso, in cui riportare tutti i dati della trasferta. La nota spesa, nominativa, dettagliata e debitamente sottoscritta, deve contenere anche l’elenco d’eventuali “altre spese non documentabili” previste per il rimborso analitico;

  3. i documenti giustificativi da allegare alla nota spese (fatture, ricevute fiscali, scontrini, biglietti aerei, ferroviari, pedaggi autostradali,…) che, ovviamente, devono riportare data ed orari concordanti con la lettera d’incarico:

  • i titoli di viaggio devono essere intestati al dipendente (come avviene, ad esempio, per i biglietti aerei) anche se è ammesso il titolo di viaggio anonimo nei casi in cui l’intestazione non è richiesta dalla normativa che regola l’attività dei vettori (come per i viaggi sui mezzi pubblici, ad esempio autobus e treni ovvero nel caso dei trasferimenti in taxi);

  • per il vitto e per l’alloggio, si veda il par. 4 in tema di disciplina IVA. Tuttavia, si ricorda che ai fini delle imposte dirette la formalizzazione è minore e quindi può bastare uno scontrino parlante, uno scontrino, ecc. L’importante è che tali spese siano riepilogate nella nota spese e siano documentate nonché concordanti con il tipo di trasferta eseguito.

  1. se il dipendente utilizza la propria autovettura non è richiesta una preventiva autorizzazione scritta del datore di lavoro ma è necessario che nella nota spese si provveda ad indicare tutti i dati necessari a determinare l’importo del rimborso (tipo di auto, chilometri percorsi e costo chilometrico). La circ. n. 326/E stabilisce che “Relativamente all’indennità chilometrica per le trasferte fuori del comune dove il dipendente ha la sede di lavoro, si precisa che, al fine di consentire l’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente dell’indennità chilometrica, non è necessario che il datore di lavoro provveda al rilascio di una espressa autorizzazione scritta che contenga tutti i dati relativi alla percorrenza e al tipo di autovettura ammessa per il viaggio. E’, invece, necessario che, in sede di liquidazione, l’ammontare dell’indennità sia determinato avuto riguardo alla percorrenza, al tipo di automezzo usato dal dipendente e al costo chilometrico ricostruito secondo il tipo di autovettura. Detti elementi dovranno risultare dalla documentazione interna conservata dal datore di lavoro”.

 

 

6. Trasfertisti

Una figura bene diversa dal dipendente in trasferta è quella del trasfertista.

Mentre il dipendente in trasferta svolge la propria prestazione in una sede bene individuata per poi, all’occorrenza, recarsi in luoghi diversi per espletare determinate mansioni o attività, il trasferta è quel lavoratore tenuto

“per contratto all’espletamento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi”

al quale

“in funzione delle modalità di svolgimento dell’attività, vengono attribuite delle somme non in relazione ad una specifica “trasferta” (quest’ultimo istituto presuppone che il lavoratore, più o meno occasionalmente, venga destinato a svolgere un’attività fuori della propria sede di lavoro).”

Per tali lavoratori, il comma 6 dell’articolo 51 del TUIR contiene una deroga al principio dell’integrale tassazione di tutto ciò che il dipendente riceve: concorre a formare reddito per il dipendente solo il 50% delle indennità e delle maggiorazioni di retribuzioni che vengono attribuite ad alcuni lavoratori dipendenti proprio in funzione delle particolari caratteristiche dell’attività di lavoro.

E’ utile segnalare che nella più volte citata circ. n. 326/E l’Amministrazione Finanziaria ha precisato che il regime fiscale “di favore” è da applicare non solo a chi è “formalmente” trasfertista (cioè a chi per contratto non ha una sede di lavoro fissa” ma

“tutti quei soggetti ai quali viene attribuita una indennità, chiamata o meno di trasferta, ovvero una maggiorazione di retribuzione, che in realtà non è precisamente legata alla trasferta poiché è attribuita, per contratto, per tutti i giorni retribuiti, senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove si è svolta la trasferta”.

Nella stessa circolare poi si segnala che

“E’ irrilevante, ai fini della tassazione, cercare le motivazioni di detta decisione contrattuale, se cioè dipenda da una volontà delle parti di semplificare le modalità di calcolo della retribuzione, trattandosi comunque di soggetti che per l’attività svolta sono di frequente in trasferta, ovvero se dipenda dal fatto che si tratta di soggetti il cui contratto o lettera di assunzione non prevede affatto una sede di lavoro predeterminata, cosicché non è possibile individuare quando il dipendente sia in trasferta, né, tanto meno, se è in trasferta all’interno del territorio comunale o all’esterno del territorio stesso.”

 

Ultima precisazione riguarda la possibilità che il trasfertista sia in trasferta!

Data anche l’ampia definizione di trasfertista fornita dalla stessa Amministrazione finanziaria è una ipotesi possibile anche se abbastanza poco frequente. In tal caso, per le somme ricevute a titolo di trasferta si applicano le regole generali di cui al comma 5 dell’articolo 51 del TUIR.

 

Leggi anche:

I rimborsi spese per le trasferte dei dipendenti: consigli e regole

Deducibilità del rimborso spese per trasferte dei dipendenti

 

27 aprile 2011

Francesco Leone

 


Facsimili

Lettera di autorizzazione alla trasferta

Egr. Sig.re/ra

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_____________________

Oggetto: Trasferta fuori dal comune

Per esigenze di servizio, Le comunichiamo che sarà inviato in il giorno _______ (oppure dal _________ al _______) nel Comune di ________.

L’incarico affidatole è il seguente:

_______________________________________________________________________________________________________________________________________________

Si applicano le disposizioni contenute nel CCNL nonché le regole previste nel regolamento aziendale.

Data, _________

Firma del Responsabile

 

Lettera autorizzazione utilizzo auto propria

Al Responsabile

__________________

__________________

__________________

Oggetto: Trasferta dal _____________ al _____________ nel Comune di ___________ – Richiesta utilizzo autovettura propria – Autorizzazione

Il Sottoscritto Sig.re/ra __________________________________, richiede autorizzazione all’utilizzo della propria autovettura __________________________ (indicare il modello) per l’esecuzione della trasferta in oggetto.

Data, _________

Firma del lavoratore

_____________________

Accettazione:

Si autorizza l’utilizzo della propria autovettura per l’esecuzione della trasferta in oggetto.

Si ricorda che per regolamento aziendale il rimborso chilometrico sarà determinato secondo le tabelle ACI in vigore per il periodo della trasferta tenuto conto del modello dell’autovettura.

Data, _________

 

Firma del responsabile