Un caso di responsabilità penale per omessa dichiarazione
La Corte d'appello di Bologna, giudicando sul gravame proposto, ha confermato la sentenza con cui il medesimo ricorrente, all'esito del giudizio abbreviato, era stato condannato alle pene di legge per il reato di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5.
Avverso la sentenza di appello, ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, deducendo, con un primo motivo, violazione della legge penale e vizio di motivazione per travisamento di una prova decisiva, posto che l'avviso di accertamento, quale fonte di prova del reato ipotizzato, non era stato nè allegato alla notizia di reato, nè notificato/consegnato all'imputato.
Non era quindi possibile comprendere come fosse stata operata la ricostruzione del volume d'affari della società amministrata dall'imputato e dell'imposta evasa.
L'avviso di accertamento induttivo va inserito in fascicolo processuale
Con il secondo motivo, si lamenta la violazione della legge penale ed il vizio di motivazione per aver la Corte territoriale ritenuto provata la responsabilità penale in base ad un accertamento induttivo operato dall'Amministrazione finanziaria, che non è stato oggetto di alcun controllo in sede penale a causa, appunto, della mancanza in atti dell'avviso di accertamento.
Il pensiero della Corte sul reato tributario di omessa dichiarazione
I motivi di ricorso - da trattarsi congiuntamente perchè obiettivamente connessi – per la Corte sono fondati.
In diritto, va premesso che:
“in tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del reato di omessa dichiarazione di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, non può farsi ricorso alle presunzioni tributarie, in quanto spetta al giudice penale la determinazione dell'ammontare dell'imposta evasa procedendo d'ufficio ai necessari accertamenti, eventualmente mediante il ricorso a presunzioni di fatto (Sez. 3, n. 5490 del 26/11/2008, dep. 2009, Crupano, Rv. 243089)”.
Resta fermo che:
“spetta esclusivamente al giudice penale il compito di