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Conoscendo la mia passione per il basket mi è stato regalato il libro di Phil Jackson “Eleven Rings – L’anima del successo”.
Per chi non fosse esperto di basket NBA Phil Jackson è stato giocatore dei New York Knicks (con cui ha vinto 2 titoli NBA negli anni ‘70) poi dei Chicago Bulls di Michael Jordan e dei Los Angeles Lakers di Kobe Bryant: ha vinto 6 titoli da allenatore a Chicago e 5 ai Lakers, diventando uno dei guru della pallacanestro moderna.
I libri di sport possono essere deludenti, perché descrivere un'emozione o rendere a parole una partita (pensiamo a una giocata di Jordan o Bryant) è praticamente impossibile. La parte interessante del libro non è la storia dei titoli vinti da Phil Jackson, anche se si parla di tanti miti del basket: da Earl “The Pearl” Monroe a Walter Frazier, da Willis Reed al giocatore e poi senatore “Bill” Bradley (che giocò anche nell’Olimpia Milano) e di tante partite e squadre famose.
La parte interessante è quella non cestistica: nel libro appare evidente che l’attività principale di un capo allenatore NBA è lontana dal campo da gioco durante le partite, ma è diventata un'attività manageriale. Si deve costruire la squadra con un occhio al budget (dentro al quale è ricompreso anche lo stipendio dell’allenatore) e alle necessità del campo. Spesso, i proprietari delle squadre NBA sono più interessati all’utile generato dalla squadra che all’aspetto sportivo.
Nel libro si parla poco di attacco a triangolo (che il marchio di fabbrica delle squadre di Phil Jackson) ma si racconta come si costruisce una squadra da titolo.
Il capo allenatore è un manager che dirige un’organizzazione complessa, di cui fanno parte anche i giocatori. Phil Jackson è un estimatore delle filosofie orientali (pratica la meditazione Zen ed studioso del buddismo) e di quelle dei nativi americani. Nel suo processo di team building è dato ampio spazio a come costruire un gruppo vincente partendo da queste filosofie e applicando al meditazione. Può sembrare strano, ma nel libro si racconta come sia più importante impostare il momento di meditazione collettiva e come gestire i tempi dell’allenamento di quanto possano pesare gli schemi di gioco. Una squadra con cattiva alchimia si esprimerà male nonostante gli ottimi solisti e un ottimo playbook.
La ricerca dell’alchimia nel team e la gestione delle motivazioni rappresentano la parte più difficile del lavoro di allenatore, soprattutto dovendo gestire collaboratori dall’ego sviluppato e con tendenze stravaganti sul lavoro (Jackson racconta di come è riuscito a gestire un fenomeno multimediale come Dennis Rodman all’interno del sistema). Partendo dalla cultura dei nativi americani ricostruisci le fasi di crescita: di una tribù, che nel caso in questione è la squadra di basket.
L’immagine che si ha alla fine è quella di un manager che dirige un’azienda, più che un allenatore in palestra. Un allenatore che deve gestire i suoi collaboratori tecnici, i preparatori, gli atleti e tutta una serie di problematiche lontane dal campo da basket.
Phil Jackson ha impostato un approccio zen alla costruzione della leadership: tale approccio è lontano dal modo di vivere del mondo occidentale. Un approccio che prevede la meditazione collettiva ad inizio allenamento sembra qualcosa di improponibile e di stravagante, ma con questo approccio è diventato uno degli allenatori più leggendari e vincenti di tutta la storia NBA. Forse è stato aiutato dal fatto di aver avuto a disposizione alcuni dei migliori giocatori, ma la figura di Phil Jackson è forse in grado di oscurare quella dei suo giocatori.
Sicuramente si tratta di un testo molto affascinante per chi vuole esplorare un caso di costruzione della leadership e gestione del team alternativo.
16 dicembre 2017
Luca Bianchi
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