Garanzie e contraddittorio nelle indagini finanziarie

un intervento di 11 pagine alla gestione del contraddittorio in caso di indagini finanziarie: proponiamo tanti utili suggerimenti per il difensore che deve scontrarsi col Fisco in seguito all’attivazione di un controllo basato sulle verifiche dei movimenti fiscali

Commercialista Telematico | Software fiscali, ebook di approfondimento, formulari e videoconferenze accreditateAnche se in epoca recente i problemi con il fisco sono transitati dal campo dei diritti a quello delle procedure (alcune semplificazioni annunciate si sono tradotte in ulteriori complicazioni, di tipo procedimentale–tecnico più che burocratico), occorre considerare che il mondo fiscale rimane una costellazione di adempimenti entro una galassia giuridica, fatta di diritti da salvaguardare.

In un contesto di obblighi stringenti e di violazioni sanzionate, il contraddittorio rappresenta una possibilità concreta per far valere tutte quelle situazioni di fatto e di diritto che non sono state considerate o non erano conosciute nell’ambito del controllo sostanziale (verifica).

Il contraddittorio rappresenta quindi un momento fondamentale del rapporto tra contribuenti e fisco, in quanto consente di colmare le numerose incertezze sempre associate a ricostruzioni di tipo presuntivo.

In particolare, esso appare necessario al fine di fornire i necessari riscontri nelle indagini di tipo bancario / finanziario, che funzionano in base a presunzioni legali relative (e quindi naturalmente richiedono di sentire la “versione” del contribuente / controllato).

Le indagini finanziarie

Le indagini finanziarie sono uno strumento investigativo potenzialmente molto valido in funzione antievasione, che tuttavia si accompagna per gli uffici a qualche complessità di utilizzo (dialogo tra “logiche” e programmi diversi, acquisizione massiva di dati dai quali è difficile estrapolare quelli interessanti, estensione a familiari e a più conti con la proliferazione dei rapporti, che rende difficile associare i movimenti a un maggior reddito).

Si tratta comunque di un metodo istruttorio potente, anche perché inverte l’onere della prova, posto a carico dei soggetti controllati.

Le norme che legittimano l’Amministrazione fiscale (Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza) nell’ambito delle proprie funzioni di polizia tributaria – a controllare i conti e i rapporti intrattenuti dai contribuenti con istituti di credito, o con la società Poste Italiane S.p.a., sono riconducibili

  • per l’IVA, all’art. 51, c. 2, n. 7), del D.P.R. 26.10.1972, n. 633
  • per le imposte sui redditi, agli artt. 32, c. 1, n. 7), e 33, cc. 2, 3 e 6, del D.P.R. 29.9.1973, n. 600

Come si vedrà, queste disposizioni normative attribuiscono rilevanza alle movimentazioni in entrata (come ad esempio, ma non solo, i versamenti sui conti), nonché, in determinate ipotesi e solo per le imprese, a quelle in uscita (prelevamenti), ponendole a base di accertamenti e rettifiche ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA.

La concreta operatività delle indagini finanziaria è stata possibile solo grazie alla disponibilità di una grande banca dati nazionale, che in sostanza origina dal “matrimonio” tra l’anagrafe tributaria e i sistemi informativi bancari.

Occorre considerare che l’anagrafe tributaria è stata ampliata e potenziata nel corso del tempo, prevedendo tra l’altro (con il D.L. 04.07.2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 04.08.2006, n. 248) l’obbligo per banche, Poste Italiane s.p.a. e altri intermediari finanziari di comunicare appunto all’anagrafe tributaria gli estremi dei rapporti intrattenuti con i propri clienti, destinati all’archiviazione in un’apposita sezione di tale banca dato (“anagrafe dei rapporti”).

In caso di indagini finanziarie nei confronti di una società (nella specie, di capitali), l’accertamento rileva ai fini delle imposte sui redditi, IVA e IRAP, atteso che una società non può che essere un’impresa soggetta a tali tributi, e l’accertamento deve qualificarsi come analitico-induttivo, essendo irrilevante, peraltro, che ciò non sia stato specificamente indicato nell’atto impositivo.

Rispetto all’accertamento analitico-induttivo, l’indagine finanziaria e i suoi effetti sono solo uno strumento proceduralizzatotipicizzato di verifica fiscale, utilizzabile appunto ai fini della particolare metodologia accertativa. Insomma: l’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973, e la corrispondente norma IVA, ha funzione strumentale e servente rispetto all’art. 39, c. 1, lett. d, dello stesso D.P.R. n. 600/1973 (Cass. n. 12831/201).

Il principio del contraddittorio

Il contraddittorio in campo fiscale è un diritto in parte ancora controverso, dato che la Cassazione ne riconosce la “sacralità” se riferito a tributi armonizzati (IVA), ma non a tutto il mondo delle imposte. In senso più avanzato rispetto alle sentenze di legittimità, la prassi recente dell’Agenzia delle Entrate relativa ai controlli lo considera invece imprescindibile in linea generale.

Come si diceva, il contraddittorio assume grande importanza come primo presidio di diritti, se non altro nei termini di una dialettica degli argomenti tra le due parti del rapporto tributario. È chiaro che esso favorisce una via di scampo collaborativa e non litigiosa ai rigori dell’accertamento e delle sanzioni, e questa è la ragione sia della sua grandezza, sia dei suoi limiti.

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