Il nuovo codice di giustizia contabile e le indagini finanziarie

Il nuovo Codice di Giustizia Contabile prevede l’accessibilità all’Anagrafe dei Rapporti Finanziari nelle azioni di responsabilità contabile; analizziamo la confluibilità ed utilizzabilità dei dati bancari rilevanti in distinte attività ispettive di natura fiscale

taci1Come noto, nella Gazzetta Ufficiale n. 209 del 7 settembre 2016, è stato pubblicato il decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, recante il “Codice di giustizia contabile”, emanato in attuazione della delega contenuta nell’art. 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124. Il provvedimento in argomento, che entrerà in vigore il 7 ottobre p.v., introduce una significativa riforma della disciplina processuale di tutte le tipologie di giudizi che si svolgono innanzi alla Corte dei Conti, con la conseguente e parallela abrogazione di gran parte delle disposizioni normative che sino ad oggi hanno regolato la materia1.

Ciò premesso, si reputa opportuno evidenziare la significativa rilevanza delle modifiche apportate (con l’approvazione del D.Lgs. n. 174/2016) alla disciplina processuale dei giudizi che si svolgono innanzi alla Corte dei Conti, nonché alle istruttorie nelle azioni di responsabilità per danno erariale.

In particolare, il dettato normativo di recente introduzione (nel confermare l’analoga previsione contenuta nell’art. 16, c. 3, del D.L. 13 maggio 1991, n. 152) riconosce al Pubblico Ministero contabile la facoltà di delegare l’esecuzione degli adempimenti istruttori, tra gli altri, alla Guardia di Finanza, ribadendo in tal modo le peculiari connotazioni dell’attività di polizia economico-finanziaria esperita dal menzionato Corpo, diretta essenzialmente a prevenire e ricercare nella loro globalità tutti i fenomeni che si connotano per la loro capacità di mettere a rischio contemporaneamente più interessi economici e finanziari.

Facendo espresso riferimento ai contesti di approfondimento diretti verso presunte fenomenologie illecite nel settore della spesa pubblica, con particolare riguardo ai beneficiari, a qualsiasi titolo, di provvidenze finanziarie a carico dei bilanci pubblici, nonché a fenomeni di corruttela, appare di assoluto interesse la possibilità, per i Reparti della Guardia di Finanza operanti, di accedere all’Archivio dei Rapporti Finanziari, su delega dell’Autorità giudiziaria contabile nell’ambito degli accertamenti patrimoniali propedeutici al sequestro conservativo, tramite il richiamo all’esercizio del potere istruttorio di richiesta documentale nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni e degli enti a prevalente partecipazione pubblica (art. 58, c. 2, del Codice di giustizia contabile), attesa la natura di società in house di SOGEI S.p.A., soggetto giuridico che gestisce il citato Archivio.

La prefata potestà istruttoria, pertanto, nel consentire l’accesso ai dati finanziari, benché limitatamente allo specifico contesto degli accertamenti patrimoniali disposti in seno ad un procedimento di responsabilità contabile, potrebbe costituire un efficacie strumento di acquisizione di elementi utili per l’avvio e lo sviluppo, a cura dell’organo investigativo, di distinte attività di approfondimento in direzione dei preminenti obiettivi istituzionali, con specifico riguardo al settore delle verifiche fiscali ovvero delle indagini di polizia giudiziaria in materia di spesa pubblica.

In merito, pertanto, si reputa di rilevante interesse la tematica concernente la confluibilità e l’utilizzabilità degli elementi, con particolare riguardo ai dati delle movimentazioni finanziarie, acquisiti:

1) ex art. art. 58, c. 2 del D.Lgs. 174/2016, in:

a) un distinto procedimento penale, per eventuali fattispecie illecite emerse nel corso delle attività istruttorie condotte in seno ad adempimenti istruttori delegati dal Pubblico Ministero contabile;

b) un’attività di verifica fiscale, avviata sulla scorta di specifici indizi emersi nel corso degli accertamenti contabili in argomento.

Se la prima ipotesi non pone particolari problematiche applicative, occorre necessariamente soffermarsi sulle questioni inerenti l’utilizzo dei dati finanziari (acquisiti su delega del Magistrato contabile) in seno ad una verifica fiscale e la valenza probatoria di tali elementi, con specifico riguardo alle presunzioni legali relative di cui agli artt. 32, nn. 2 e 7 del D.P.R. n. 600/1973 e 51, nn. 2 e 7 del D.P.R. n. 633/1972, così come modificati dal Decreto Legge 22 ottobre 2016, n. 193 (c.d. “decreto fiscale”), convertito, con modificazioni, dalla Legge 1 dicembre 2016, n. 2252.

Sul punto, si evidenzia che:

1) la confluibilità nelle verifiche fiscali degli elementi emersi in un procedimento contabile è consentita come noto dall’art. 36 del D.P.R. n. 600/1973, in ragione del quale i soggetti pubblici incaricati istituzionalmente di svolgere attività ispettive o di vigilanza, nonché gli organi giurisdizionali, requirenti e giudicanti, penali, civili e amministrativi e, previa autorizzazione, gli organi di polizia giudiziaria che, a causa o nell’esercizio delle loro funzioni, vengono a conoscenza di fatti che possono configurarsi come violazioni tributarie devono comunicarli direttamente ovvero, ove previste, secondo le modalità stabilite da leggi o norme regolamentari per l’inoltro della denuncia penale, al comando della Guardia di finanza competente in relazione al luogo di rilevazione degli stessi, fornendo l’eventuale documentazione atta a comprovarli;

2) l’applicabilità, nel corso delle verifiche fiscali, alle movimentazioni finanziarie acquisiti ex art. art. 58, c. 2 del D.Lgs. 174/2016, delle presunzioni iuris tantum, sembrerebbe comunque condizionata all’esperimento della procedura di cui agli artt. 32, n. 7 del D.P.R. n. 600/1973 e 51, n. 7 del D.P.R. n. 633/1972.

Infatti, a conclusione analoga è pervenuta la Suprema Corte con la sentenza n. 8766/2009, nella quale viene esclusa l’applicabilità della presunzione legale iuris tantum, prevista dagli artt. 32 e 51, ai dati finanziari acquisiti con i poteri di polizia valutaria di cui al D.Lgs. 231/2007, fatti salvi i casi di comunicazione previsti dalla normativa vigente dal già citato art. 36.

Pertanto, i dati bancari acquisiti nel procedimento contabile (successivamente confluiti in una verifica fiscale) potrebbero solamente essere utilizzati quali presunzioni semplici o semplicissime nell’ambito dei processi di ricostruzione della posizione fiscale del contribuente; nell’ambito dell’attività ispettiva potrebbero, comunque, contribuire a motivare la richiesta di indagini finanziarie da inoltrare al Comandante Regionale: ai sensi dell’art. 29, c. 1, lett. a), della legge 30 ottobre 2014, n. 161, in seno ad accertamenti di responsabilità erariale.

La disposizione in argomento, infatti, come noto, aggiungendo all’art. 25 del decreto legge n. 83/2012 il comma 1-bis, ha conferito al Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie della Guardia di Finanza (ovvero ai Reparti da questo delegati) la facoltà, tra le altre, di avere accesso ai dati contenuti nell’Archivio dei rapporti finanziari di cui all’art. 7, sesto ed undicesimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, per “analisi, ispezioni e controlli sull’impiego delle risorse del bilancio dello Stato, delle regioni, degli enti locali e dell’Unione Europea”.

In merito, non sembrano sussistere problematiche applicative circa la possibilità di informare la competente Autorità Giudiziaria contabile delle ipotesi di danno erariale emerse in conseguenza di approfondimenti esperiti con l’esercizio dei poteri da ultimo introdotti nel settore della spesa pubblica, allegando altresì i dati finanziari acquisiti in virtù delle richiamate disposizioni di legge;

  1. nell’ambito di procedimenti penali, su delega dell’Autorità Giudiziaria procedente. In tale specifico contesto (fermo restando il necessario rispetto di quanto disposto dall’art. 329 c.p.p. e, quindi, il preventivo nulla osta del Magistrato competente) elementi di responsabilità erariale acquisiti nel corso delle indagini preliminari potranno ovvero dovranno essere partecipati al Procuratore contabile, assicurando, in tal modo, il consueto approccio trasversale nell’approfondimento di quei fenomeni che arrecano nocumento agli interessi economico-finanziari.

23 maggio 2017

Nicola Monfreda

1 In particolare:

  1. il regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, recante “Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti”;

  2. gli artt. da 67 a 97 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, recante “Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti”;

  3. gli artt. 5 e 6 del decreto legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito in legge 14 gennaio 1994, n. 19, recante “Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti”;

  4. l’art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, rubricato “Obbligo di denuncia”;

  5. l’art. 17, comma 30-ter, primo periodo, del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito nella legge 3 agosto 2009, n. 102, rubricato “Enti pubblici: economie, controlli, Corte dei conti”.

2 La Legge n. 225/2016, inserendo l’art. 7-quater nel D.L. n. 193/2016, ha previsto, al comma 1, attraverso l’elisione della locuzione “o compensi” dal testo dell’art. 32, c. 1, n. 2, del D.P.R. n. 600/1973, l’abrogazione della presunzione relativa di maggior reddito di lavoro autonomo in corrispondenza dei prelevamenti non giustificati dai professionisti, nonché l’introduzione di “franchigie” per i titolari di reddito d’impresa nei cui confronti siano state attivate le indagini finanziarie ai sensi del menzionato art. 32, c. 1, n. 2, del D.P.R. n. 600/1973, in base alle quali le rettifiche di reddito ivi previste non trovano applicazione per prelevamenti fino a 1.000 euro giornalieri e, comunque, a 5.000 euro mensili.