Archivio dei rapporti finanziari dell’Anagrafe Tributaria e diritto di accesso dell’ex coniuge

in caso di separazione o divorzio si può chiedere l’accesso all’archivio dell’anagrafe tributaria per verificare la posizione dell’ex coniuge?

Diritto di accesso: premessa

diritto accesso ex coniugeCom’è noto, il diritto di accesso è riconosciuto dagli articoli 22 e seguenti della L. n. 241 del del 7 agosto 1990, come fondamentale presidio a salvaguardia delle esigenze di tutela dei soggetti destinatari dell’azione amministrativa, nonché come strumento essenziale al perseguimento della trasparenza e dell’imparzialità nella pubblica amministrazione, a chiunque abbia un interesse personale e concreto.

 

Limiti del diritto di accesso

Alla luce di questa premessa, valgono due prime considerazioni.

La prima tende a sottolineare che, benché il diritto di accesso sia un’autonoma posizione giuridica soggettiva, il suo esercizio non è consentito come noto per finalità di mero controllo della legalità dell’attività amministrativa (così anche : T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, Sent., 09-03-2016, n. 1347).

La seconda impone, proprio nella prospettiva dettata da quest’ultima osservazione che, l’istanza di accesso debba essere invero sorretta da un interesse giuridicamente rilevante, così inteso come un qualsiasi interesse che sia serio, effettivo, autonomo, non emulativo e ricollegabile all’istante da uno specifico nesso (cfr., per tutte, Cons. St., sez. IV, 11 aprile 2014, n. 1768 e 29 gennaio 2014, n. 461).

 

Il diritto di accesso  nelle cause di separazione o divorzio

Le cause di separazione e divorzio spesso impongono alla parte interessata l’acquisizione di documenti in possesso dell’Agenzia Entrate e viene, appunto, in soccorso a tale esigenza il diritto di accesso del cittadino ai documenti amministrativi, cioè del diritto degli interessati di prenderne visione o di estrarne copia (art. 22 L. n. 241/1990).

L’opposizione a tale accesso, talvolta resa dagli uffici dell’Agenzia Entrate, può costringere uno dei coniugi a ricorrere al giudice amministrativo e, a tal proposito, va detto che (in dottrina e giurisprudenza) è ormai pacifico che, con la modifica della L. n. 241 del 1990, operata dalla L. 11 febbraio 2005, n. 15, è stata codificata la prevalenza del diritto di accesso agli atti amministrativi e considerato recessivo l’interesse alla riservatezza dei terzi, quando l’accesso sia esercitato prospettando l’esigenza della difesa di un interesse giuridicamente rilevante.

E’ di palmare evidenza rilevare tuttavia che le problematiche non sono di facile soluzione poiché al riconoscimento normativo della privacy, tutelato anche dall’art. 2 Cost., si possono contrapporre altri principi sanciti dalla Costituzione quale il diritto di difesa (art. 24) e il buon andamento della giustizia (art.111).

 

Il parere del Consiglio di Stato

Come specificato però dal Consiglio di Stato, con il responso (ulteriormente illustrato in seguito) n. 2472 del 14.5.2014:

L’equilibrio tra accesso e privacy è dato, dunque, dal combinato disposto degli artt. 59 e 60 del D.Lgs. 30 giugno 2003, nr. 196 (c.d. Codice della privacy) e delle norme di cui alla L. n. 241 del 1990: la disciplina che ne deriva delinea tre livelli di protezione dei dati dei terzi, cui corrispondono tre gradi di intensità della situazione giuridica che il richiedente intende tutelare con la richiesta di accesso: nel più elevato si richiede la necessità di una situazione di ‘pari rango’ rispetto a quello dei dati richiesti; a livello inferiore si richiede la ‘stretta indispensabilità’ e, infine, la ‘necessità’.

In tutti e tre i casi, quindi, l’istanza di accesso deve essere motivata in modo ben più rigoroso rispetto alla richiesta di documenti che attengono al solo richiedente: in particolare, si è osservato che, fuori dalle ipotesi di connessione evidente tra ‘diritto” all’accesso ad una certa documentazione ed esercizio proficuo del diritto di difesa, incombe sul richiedente l’accesso dimostrare la specifica connessione con gli atti di cui ipotizza la rilevanza a fini difensivi e ciò anche ricorrendo all’allegazione di elementi induttivi, ma testualmente espressi, univocamente connessi alla “conoscenza” necessaria alla linea difensiva e logicamente intellegibili in termini di consequenzialità rispetto alle deduzioni difensive potenzialmente esplicabili (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 marzo 2013, nr. 1568).>>

Va annotato che il Consiglio di Stato, con la sentenza citata, nel riaffermare i suindicati principi si è pronunciato in tema di diritto di accesso con riferimento a documenti fiscali del coniuge e, in particolare, a pregresse dichiarazioni dei redditi, a contratti di locazione a terzi di proprietà immobiliari, nonché alle comunicazioni inviate da tutti gli operatori finanziari dell’Anagrafe tributaria – sezione Archivio dei rapporti finanziari – relative ai rapporti continuativi, a operazioni di natura finanziaria ed ai rapporti di qualsiasi genere, riconducibili alla consorte. anche in qualità di delegante o di delegata, al fine di dimostrare in giudizio la capacità reddituale della moglie.

 

Diritto di accesso e diritto alla privacy a confronto

Il giudice pertanto ha rigettato la tesi dell’Amministrazione finanziaria incentrata sulla opposizione al diritto di accesso sovrastante il diritto di difesa del coniuge nel procedimento di separazione del teorema dell’estraneità della comunicazione (ex art. 7 citato) alla figura del documento amministrativo, in vero indicato all’art. 22, c.1, lett. d, L. n. 241/90 con una formula letterale piuttosto ampia quale:

ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”.

Va necessariamente premesso che la soluzione alla contesa non poteva evidentemente pervenire dalle le norme sul diritto di riservatezza in quanto lo stesso Codice delle Privacy (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196) accorda solo ai dati personali (e non anche ai dati sensibili) un’indiscutibile prevalenza al diritto alla difesa prevedendo che essi possano essere trattati senza consenso, purché i dati siano trattati esclusivamente per finalità difensive e per il periodo strettamente necessario a far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria (art. 24 lett. f).

Diversamente, in riferimento ai dati sensibili può agevolmente notarsi come il legislatore si sia preoccupato di rafforzare la tutela del diritto alla riservatezza: infatti, da un lato, viene richiesta una autorizzazione preventiva al trattamento dei dati da parte del garante e, dall’altro, quando entra in gioco una categoria particolare di dati sensibili (ossia quelli idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale di un soggetto), si richiede che il diritto oggetto di difesa in sede giudiziaria sia di rango pari a quello dell’interessato (art. 26, c.4, lett. c) .

Il Consiglio di Stato, in specie, affermava che gli atti in questione rientrano certamente nella nozione di documento amministrativo di cui all’art. 22 L. n. 241/1990, trattandosi di atti utilizzabili dall’Amministrazione finanziaria per l’esercizio delle proprie funzioni istituzionali (ancorché non formati da tale ente) e questo anche alla luce dell’art. 7 D.P.R. n. 605/1973 che disciplina compiutamente la forma, i contenuti e le modalità di trasmissione di dette comunicazioni, nonché la loro destinazione e i loro possibili impieghi da parte dell’Amministrazione (oltre alla loro conservazione e tenuta).

 

Conclusioni

Tale assetto, sempre secondo il Consiglio di Stato, non consente di sostenere né che si tratti di atti interni privi di ogni rilevanza giuridica, né che si tratti di mere informazioni, rispetto alle quali sarebbe richiesta all’Amministrazione una non esigibile attività di elaborazione e/o estrapolazione.

Nella motivazione della sentenza n. 2472/2014, si è precisato altresì che la conservazione, la tenuta e l’uso delle comunicazioni riversate nell’Archivio dei rapporti finanziari, di cui al citato art.7, corrisponde solo ad un obbligo per ogni operatore finanziario di attivare una condotta (appunto: di comunicazione) che si riflette in un’apposita sezione dell’Anagrafe tributaria, denominata Archivio dei rapporti finanziari, dell’esistenza e relativa natura dei rapporti finanziari intrattenuti con qualsiasi soggetto e non è contemplato che tale comunicazione, una volta riversata nell’Archivio dei rapporti finanziari da parte delle banche e degli operatori finanziari, possa essere utilizzata unicamente dall’Amministrazione finanziaria e dalla Guardia di Finanza, anche se è indubbia l’utilizzazione da parte di tali soggetti per l’azione di contrasto all’evasione fiscale.

 

Riferimenti normativi

Articvolo 22, commi 2 e 7, Legge n. 241/1990;

D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (“Codice della Privacy”)

 

Puoi approfondire l’argomento anche nel seguente articolo:

Via libera all’accertamento del reddito del coniuge separato, presso l’Agenzia delle Entrate

Carte inerenti l’Archivio dei rapporti finanziari: può il Fisco darne copia al coniuge separando?

Accesso documentale, civico semplice e civico generalizzato nei confronti del fisco

 

A cura di Antonino Russo

6 maggio 2017