La rimessione del giudizio in Commissione Tributaria Provinciale

pubblichiamo una recente ordinanza della Cassazione che illustra in quali ipotesi tassative ed eccezionali è possibile rimettere la causa alla Commissione di primo grado

CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 gennaio 2015, n. 638

In fatto e in diritto

La D. sas, in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, contro la sentenza resa dalla CTR Campania n. 61/2013/32, depositata in data 8.3.2013. La CTR, accogliendo parzialmente l’appello proposto dalla contribuente, ha riconosciuto in favore della contribuente un abbattimento dei maggiori ricavi accertati nella percentuale del 30 %.

Rileva, in particolare, la CTR che il giudice di primo grado aveva erroneamente omesso di concedere il termine non superiore a sessanta giorni in relazione alla proposta di conciliazione avanzata dalla contribuente, nemmeno motivando tale decisione. E poiché l’Ufficio aveva ribadito, anche in sede di appello, di essere favorevole all’accoglimento dell’istanza di conciliazione dell’appellante, risultava fondata la richiesta di abbattimento del 30 per cento dei maggiori ricavi accertati.

La parte contribuente deduce, con il primo motivo, la violazione dell’art. 48 commi 4 e 5 d.lgs. n. 546/92 rilevando che la CTR, preso atto dell’illegittimo diniego di termine da parte del giudice di primo grado in relazione alla richiesta formulata dalla stessa ai sensi del comma 4 dell’art. 48 cit., avrebbe dovuto rimettere le parti al giudice di primo grado per consentire la definizione innanzi allo stesso della conciliazione richiesta, altrimenti determinandosi una perdita di un grado di giurisdizione nell’ipotesi di mancato versamento dell’importo dovuto in base alla conciliazione perfezionata. Rileva che a ciò non osta l’art. 59 d.lgs. n. 546/72, essendo la competenza sulla conciliazione riservata al giudice di V, primo grado e dovendosi la fattispecie inquadrare, anzi, nella lett. a) dell’art. 59 comma 1 relativa alle ipotesi in cui il giudice adito abbia erroneamente dichiarato la propria incompetenza.

Con il secondo motivo la parte contribuente deduce la violazione dell’art. 48 c. 5 e 6 del d.lgs. n. 546/92, sostenendo che la sentenza impugnata, riducendo la originaria pretesa del 30 per cento, era giunta ad una decisione arbitraria, disancorata dall’originario contesto dell’accordo conciliativo che le parti si apprestavano a concludere tenuto conto della possibilità, attribuita dall’art. 48 c. 6, di riduzione al 40 % delle sanzioni irrogabili. Beneficio che non era più ipotizzabile in ragione della decisione adottata, in forza della quale le sanzioni sarebbero state parametrate al tributo riconosciuto senza riduzione.

Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. e l’omessa pronunzia sui motivi di appello relativi alla violazione dell’art. 42 comma 2 ult. periodo dPR n. 600/73, dell’art. 7 della l n. 212/2000 nonché il vizio di motivazione del provvedimento.

L’Agenzia delle Entrate, non essendosi costituita in termini, faceva riserva di partecipazione all’udienza di discussione.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Questa Corte è ferma nel ritenere che in tema di contenzioso tributario, la rimessione della causa alla Commissione provinciale è prevista dall’art. 59, comma 1, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 solo per ipotesi tassative ed eccezionali, al di fuori delle quali la Commissione tributaria regionale, qualora accolga l’appello, è tenuta a decidere la causa nel merito, trattandosi di mezzo di impugnazione a carattere sostitutivo, e non ostandovi il principio del doppio grado di giurisdizione, il quale, oltre a non trovare garanzia costituzionale nel nostro ordinamento, postula solo che una questione venga successivamente proposta a due giudici di grado diverso e non anche che venga decisa da entrambi-cfr. Cass. 15530 del 30/06/2010.

Orbene, escluso che l’ipotesi accertata dalla CTR – mancata motivazione circa il rigetto della richiesta di termine non superiore a 60 giorni per definire l’accordo conciliativo ex art. 48 c. 5 d.lgs. n. 546/92 – possa integrare un’ipotesi assimilabile a quella in cui il giudice di primo grado ha declinato la propria competenza – posto che quel giudice ha in realtà esercitato la propria potestas iudicandi anche se in modo non conforme a quanto previsto dalla legge- appare evidente che la CTR, nel riconoscere l’erroneità della pronunzia di primo grado, non era tenuta, non prevedendosi espressamente dalla legge, a rimettere le parti innanzi al primo giudice.

Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.

La parte contribuente deduce la violazione di una disposizione di legge senza tuttavia indicare le parti della decisione che avrebbero determinato la violazione prospettata. La CTR, infatti, ad onta di quanto sostenuto dalla ricorrente, non risulta avere fatto applicazione dell’art. 48 commi 5 e 6 d.lgs. n. 546/92, avendo piuttosto ritenuto di accogliere l’appello proposto dalla parte contribuente nel merito riducendo l’originaria pretesa fiscale del 30 per cento in relazione al parere favorevole espresso dall’Agenzia all’accoglimento dell’istanza di conciliazione.

In altri termini, la CTR non ha statuito sull’accordo di conciliazione – che avrebbe determinato, ove ritenuto congruo, l’estinzione del giudizio – ma si è limitata a ritenere fondata l’impugnazione proposta dal contribuente in relazione alla posizione processuale espressa dall’Agenzia rispetto all’istanza di conciliazione. Ciò esclude di potere valutare il prospettato vizio di violazione di legge ipotizzato dalla parte contribuente.

E’ invece fondato il terzo motivo, ritualmente formulato anche ai fini dell’autosufficienza, avendo la CTR totalmente tralasciato di esaminare gli altri motivi di impugnazione proposti dalla contribuente in appello – riportati nella sentenza e sintetizzati dalla parte contribuente a pag.9 del ricorso – in tal modo incorrendo nel vizio di omessa pronunzia – cfr. ex plurimis Cass. n. 10508/2012.

In accoglimento del terzo motivo, disattesi i primi due, il ricorso va accolto e la sentenza cassata con rinvio ad altra sezione della CTR della Campania per nuovo esame.

P.Q.M.

 Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.

Accoglie il terzo motivo, disattesi i primi due.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Campania anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.