Indagini finanziarie: è incostituzionale la norma sui prelevamenti dei lavoratori autonomi

pubblichiamo le prime valutazioni pratiche (in vista dei numerosi contenziosi in corso) sulla fondamentale sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato parzialmente incostituzionale la presunzione che i prelievi bancari dei liberi professionisti equivalgono a ricavi in nero per il professionista

La Suprema Corte Costituzionale, su istanza della CTR del Lazio, ha definitivamente affermato che i prelevamenti sui conti correnti non costituiscono presupposto presuntivo valido per fondare l’accertamento nei confronti dei lavoratori autonomi.

Con la SENTENZA N. 228 ANNO 2014 la Suprema Corte Costituzionale (DEPOSITA IL 6 OTTOBRE 2014) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 32, c. 1, n. 2, per. 2, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), come modificato dall’art. 1, c. 402, lett. a, n. 1, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), limitatamente alle parole «o compensi».

Come noto l’articolo 32 comma 1 numero 2 del DPR 600/73, nella versione modifica dall’art. 1 della legge n. 311 del 2004, prevede che, “I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7) e dell’articolo 33, secondo e terzo comma, o acquisiti ai sensi dell’articolo 18, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni”.

In particolare e come noto, l’articolo 1 della 311 del 2004 ha esteso l’applicazione del meccanismo presuntivo dei prelevamenti accertati anche ai compensi dei lavoratori autonomi in analogia con quanto già precedentemente previsto con riferimento ai ricavi degli imprenditori.

In merito, i Supremi Giudici hanno affermato che: “Anche se le figure dell’imprenditore e del lavoratore autonomo sono per molti versi affini nel diritto interno come nel diritto comunitario, esistono specificità di quest’ultima categoria che inducono a ritenere arbitraria l’omogeneità di trattamento prevista dalla disposizione censurata, alla cui stregua anche per essa il prelevamento dal conto bancario corrisponderebbe ad un costo a sua volta produttivo di un ricavo.

Secondo tale doppia correlazione, in assenza di giustificazione deve ritenersi che la somma prelevata sia stata utilizzata per l’acquisizione, non contabilizzata o non fatturata, di fattori produttivi e che tali fattori abbiano prodotto beni o servizi venduti a loro volta senza essere contabilizzati o fatturati.

Il fondamento economico-contabile di tale meccanismo è stato ritenuto da questa Corte (sentenza n. 225 del 2005) congruente con il fisiologico andamento dell’attività imprenditoriale, il quale è caratterizzato dalla necessità di continui investimenti in beni e servizi in vista di futuri ricavi.

L’attività svolta dai lavoratori autonomi, al contrario, si caratterizza per la preminenza dell’apporto del lavoro proprio e la marginalità dell’apparato organizzativo. Tale marginalità assume poi differenti gradazioni a seconda della tipologia di lavoratori autonomi, sino a divenire quasi assenza nei casi in cui è più accentuata la natura intellettuale dell’attività svolta, come per le professioni liberali”.

Sulla base di tali presupposti si deve necessariamente rilevare, come fatto dalla Suprema Corte, che, per i lavoratori autonomi, la presunzione di cui all’articolo 32 comma 1 numero 2 del DPR 600/73, è lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito.

Ne deriva la dichiarata illegittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, numero 2), secondo periodo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), come modificato dall’art. 1, comma 402, lettera a), numero 1), della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), limitatamente alle parole «o compensi».

L’agenzia delle Entrate dovrà adeguare il proprio atteggiamento accertativo rinunciando alle ricostruzioni presuntive fondate sui prelevamenti, rilevati sui conti correnti bancari, effettuati dai lavoratori autonomi.

Tenuto conto della rilevanza della decisione adottata dalla Suprema Corte Costituzionale è doveroso attendersi un immediato riscontro da parte dell’Agenzia delle Entra che dovrà prontamente intervenire con una circolare amministrativa espressiva di una presa d’atto della lapidaria posizione interpretativa del Supremo Giudice Costituzionale.

8 ottobre 2014

Mario Agostinelli