Perchè si può richiedere l'autotutela

il contribuente può richiedere legittimamente l’annullamento in autotutela di un avviso di accertamento diventato definitivo se vi è un legittimo interesse generale dell’amministrazione fiscale ad annullare l’atto (Corte di Cassazione)

Svolgimento del processo

La controversia promossa da L.K. contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell’appello proposto dalla contribuente contro la sentenza della CTP di Pisa n. 63/1/11 che ne aveva respinto il ricorso avverso il fermo amministrativo dell’auto. Il ricorso proposto si articola in due motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate. Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c. chiedendo il rigetto del ricorso.

Il presidente ha fissato l’udienza del 3/4/2014 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio.

Motivi della decisione

Con primo motivo la ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione. La CTR avrebbe accolto l’appello sulla base di un assunto giuridico infondato: la conoscenza degli atti impositivi prodromici; la CTR avrebbe altresì omesso alcuna valutazione in merito alla legittimità del rifiuto di annullamento in autotutela.

La censura è infondata non ravvisandosi nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, né le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della “ratio decidendi”, e cioè l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione adottata.

Con secondo motivo la ricorrente assume la violazione dell’art. 139 c.p.c. laddove la CTR ha ritenuto perfezionato il processo notificatorio.

La censura è infondata. L’erronea indicazione, nella relazione di cui all’art. 148 cod. proc. civ., di una qualifica non corrispondente a quella reale della consegnataria è irrilevante e non incide sulla validità della notificazione, qualora sia univocamente identificabile la persona della consegnataria attraverso la sola indicazione del vincolo – familiare convivente o domestica- con il destinatario e non sussistendo, di conseguenza, incertezza assoluta circa la persona che ha ricevuto la copia dell’atto, e non venendo meno la presunzione che la consegnataria porterà a conoscenza del destinatario l’atto ricevuto.

Con terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2 del dm 37/97 laddove la CTR ha escluso la fattispecie in esame dalle ipotesi di annullamento di ufficio.

La censura è infondata. Il contribuente che richiede all’Amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un avviso di accertamento divenuto definitivo, non può limitarsi a dedurre eventuali vizi dell’atto medesimo, la cui deduzione deve ritenersi definitivamente preclusa, ma deve prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto. Ne consegue che contro il diniego dell’Amministrazione di procedere all’esercizio del potere di autotutela può essere proposta impugnazione soltanto per dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria (Sez. 5, Sentenza n. 11457 del 12/05/2010 (Rv. 612986)

Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore dell’Amministrazione Finanziaria, delle spese del grado che si liquidano in complessivi € 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore dell’Amministrazione Finanziaria, delle spese del grado che si liquidano in complessivi € 3.000,00 oltre spese prenotate a debito.Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, la ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.