Premessa
Il tema della giurisprudenza penale relativa alle infrazioni fiscali è tra i più ampi nell’intero panorama. Ecco il motivo per cui continuiamo ad illustrare le sentenze della Corte di Cassazione che hanno per oggetto i reati tributari.
In questa puntata, le sentenze sono state riportate nel loro senso insito nella disposizione, onde evitare di allungare eccessivamente la loro esposizione con il contenuto integrale di esse.
**********************
Una fattispecie di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte
La smobilitazione di una consistente somma di denaro giacente presso un deposito fiduciario con trasformazione in numerosi assegni circolari di importo inferiore al limite di tracciabilità integra una attività riconducibile alla fattispecie di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, e quindi, in grado di legittimare il sequestro preventivo per equivalente, in funzione della successiva confisca dei titoli di credito. La condotta in questione, infatti, fa emergere una componente fraudolenta che, nella struttura della norma penale tributaria di cui all’art. 11 del D.Lgs. n. 74/00, colora di illiceità un comportamento altrimenti del tutto lecito.
(Cassazione, sezione III penale, sentenza n. 25667/2012)
Regime derogatorio al concorso di persone ex art. 9 D.Lgs. 74/2000
In caso di concorso sia nel reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8) sia in quello di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture relative ad operazioni inesistenti (art. 2), il regime derogatorio di cui all’art. 9 può trovare applicazione solo nel caso in cui le fatture false indicate nei capi di imputazione quali oggetto di emissione corrispondono con quelle indicate nei capi di imputazione quali oggetto di utilizzazione in dichiarazione.
(Cassazione, sezione III penale, sentenza n. 25754)
Il momento consumativo del reato di dichiarazione fraudolenta
Il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti si consuma nel momento della presentazione della dichiarazione e non già in quello in cui detti documenti vengono registrati in contabilità.
(Cassazione, sezione III penale, sentenza n. 23229/12)
Il momento consumativo del reato di dichiarazione fraudolenta
In caso di reati commessi dal rappresentante legale di una società, nell’interesse o a vantaggio della stessa, il sequestro (e la confisca) per equivalente del profitto conseguito non può essere disposto sui beni dell’ente, dal momento che tali fattispecie non rientrano tra i “reati presupposto” di cui al D. Lgs. n. 231/01. Dalla natura sanzionatoria della misura ablativa in questione, infatti, consegue l’inapplicabilità dell’istituto nei confronti di un soggetto diverso dall’autore del reato (ex art. 27 comma 1 della Costituzione), a nulla rilevando, con riferimento alle persone giuridiche, il cosiddetto rapporto di immedesimazione organica del reo con l’ente. Ne consegue che la confisca per equivalente è applicabile solamente con riferimento ai reati elencati dagli artt. 24 e seguenti del medesimo decreto, tra i quali non rientrano quelli fiscali di cui al D.Lgs. n. 74/2000. Unica eccezione è rappresentata dall’ipotesi in cui la struttura societaria costituisca un apparato fittizio, utilizzato dal reo proprio per porre in essere i reati di frode fiscale o altri illeciti, sicchè ogni cosa fittiziamente intestata alla società sia in realtà immediatamente riconducibile alla disponibilità dell’autore del reato.
(Cassazione, sezione III penale, sentenza n. 25774/12)
Omesso versamento delle ritenute per l’anno 2004.
Integra la fattispecie di cui all’art. 10-bis del D.Lgs. n. 74/2000 anche l’omesso versamento, per importi superiori alla soglia di euro 50.000, delle ritenute certificate maturate nel periodo di imposta 2004. La fattispecie in questione infatti è un reato omissivo a carattere istantaneo, in relazione alla quale le condotte relative alla effettuazione delle ritenute e al loro accantonamento per il successivo versamento non fanno parte della condotta criminosa che si realizza e consuma in un istante con l’omissione del versamento alla scadenza stabilita ovvero entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta. Pertanto, tutta la condotta si realizza e consuma sotto il vigore della nuova disciplina anche per le ritenute effettuate nel 2004.
(Cassazione, sezione III penale, sentenza n. 7588/12)
Condono e reato di dichiarazione fraudolenta
Nonostante l’adesione al condono di cui all’art. 8 della L. n. 289/02, resta punibile la relativa dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ai fini iva quando la conseguente evasione di imposta risulta superiore alle rispettive franchigie. L’art. 8 succitato, infatti, esclude una generale ed illimitata non punibilità delle dichiarazioni fraudolente mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti riferite ai periodi di imposta oggetto di dichiarazione integrativa. Esso deve essere interpretato nel senso che il perfezionamento della procedura di dichiarazione integrativa ai fini iva comporta, per ciascuna annualità oggetto di integrazione, l’esclusione ad ogni effetto della punibilità per il reato di cui all’art. 2 solo nel limite quantitativo dei maggiori imponibili o della maggiore iva risultanti dalle dichiarazioni integrative aumentati del 100%.
(Cassazione, sezione III penale, sentenza n. 27269/12)
Differenze tra art. 2 e art. 3
Il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui all’art. 2, è configurabile a fronte di fatture (o altri documenti) sia ideologicamente sia materialmente falsi. L’elemento che consente la distinzione con il reato di cui al successivo art. 3 non è quindi da ravvisare nel tipo di falsità che connota i documenti utilizzati, ma nella natura dello strumento utilizzato per commettere la frode che, nel caso di cui all’art. 2, deve essere costituito da una fattura o da altro documento avente efficacia probatoria analoga in base alle norme tributarie. La fattispecie di cui all’art. 3 è residuale rispetto a quella dell’art. 2; essa prescinde dall’uso di false fatturazioni o documentazione equipollente, come si deduce dalla clausola di riserva contenuta nell’incipit della norma, ed è configurabile esclusivamente nei confronti dei soggetti obbligati a tenere le scritture contabili al superamento di specifiche soglie di punibilità. In una posizione ulteriormente residuale si colloca la fattispecie di dichiarazione infedele di cui all’art. 4, i cui elementi costitutivi sono rappresentati dall’omessa dichiarazione di elementi attivi o dalla “mera” indicazione di elementi passivi fittizi. Anche in tal caso, poi, ai fini dell’assoggettamento a sanzione penale occorre il superamento di specifiche, e più elevate, soglie di punibilità.
(Cassazione, sezione III penale, sentenza n. 16011/12)
Concorso tra persona autore del reato e persona giuridica
In caso di contestazione della fattispecie di omesso versamento di ritenute certificate o dell’Iva, è legittimo il sequestro per equivalente del profitto, in funzione della successiva confisca, sui beni dell’amministratore a prescindere dalla previa valutazione della consistenza patrimoniale della società che ha beneficiato degli omessi versamenti. Nel procedimento penale, infatti, non esiste l’onere della preventiva escussione del patrimonio societario, in quanto l’organo che procede all’accertamento del fatto reato può aggredire, ai fini della successiva confisca, qualsiasi bene riconducibile al responsabile (persona fisica) delle condotte contestate. Nessuna norma impone di perseguire il patrimonio della persona giuridica, beneficiaria dell’utile determinato dal reato, prima di aggredire il soggetto concorrente nel reato stesso. Nei rapporti tra la persona fisica, alla quale è addebitato il reato, e la persona giuridica, in altri termini, non può che valere lo stesso principio applicabile a più concorrenti nel reato stesso, in forza del quale “a ciascun concorrente devono imputarsi le conseguenze di esso”.
(Cassazione, sezione III penale, sentenza n. 17485/12)
Fatture create ad hoc per eludere l’imposta
Il delitto di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000 deve ritenersi configurabile nelle ipotesi di utilizzazione di fatture o altri documenti sia ideologicamente sia materialmente falsi, incluso quel particolare tipo di falso documentale, di difficile inquadramento nell’una o nell’altra categoria, costituito dalla creazione “ex novo” di un documento non corrispondente al vero; la ragione della disposizione normativa, infatti, sta nella esigenza di punire colui che artificiosamente si precostituisce costi al fine di abbattere l’imponibile, e non presuppone il concorso del terzo.
(Cassazione, sezione III penale, sentenza n. 18788/12)
15 febbraio 2013
Danilo Sciuto