Fondo patrimoniale e sottrazione al pagamento delle imposte

la costituzione di un fondo patrimoniale in un periodo prossimo al ricevimento di un avviso di accertamento può essere considerato un tentativo “criminoso” di nascondere i propri beni alla riscossione

Con sentenza n. 21013 del 31 maggio 2012, la sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che la costituzione di un fondo patrimoniale può integrare il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, in quanto è atto idoneo ad ostacolare il soddisfacimento di una obbligazione tributaria.

 

Il processo

Risulta accertato (e comunque non contestato) che l’imputato, unitamente alla moglie, aveva costituito, un fondo patrimoniale nel quale confluivano i diritti di proprietà del suo patrimonio immobiliare ed i diritti di usufrutto.

Il tutto veniva effettuato allorquando la Guardia di Finanza di Montecatini già aveva iniziato, in data 22/07/2004, una verifica tributaria nei confronti dell’imputato, titolare dell’omonima impresa individuale.

In data 31/05/2005 la Guardia di Finanza notificava a P.P. il verbale di constatazione ed in data 22/09/2005 l’avviso di accertamento relativo alle maggiori imposte da versare.

Nel corso del dibattimento di 1 grado l’imputato ha ammesso di aver costituito il fondo patrimoniale (su consiglio dei familiari) a verifica già iniziata, per metterlo al riparo del rischio della Finanza.

 

La sentenza

La Corte ribadisce che “in tema di reati tributari la costituzione di un fondo patrimoniale integra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, in quanto è atto idoneo ad ostacolare il soddisfacimento di una obbligazione tributaria (vedi sez. 3′ n. 5824 del 18/12/2007, depositata il 06/02/2008, ric. Soldera, rv 238821). Né è necessario, secondo l’indirizzo prevalente della giurisprudenza di legittimità – ai fini della sussistenza degli elementi costitutivi di detto reato – che sia già in atto una procedura di riscossione, essendo sufficiente che l’atto fraudolento sia di per sé solo idoneo ad impedire il soddisfacimento totale o parziale del Fisco (conforme Sez. 5^ n. 7916 del 26/02/2007, ricorrente Cutillo)”.

 

Brevi note

La stipulazione di atti, ivi compresa la costituzione di un fondo patrimoniale privo di giustificazione, nella prossimità temporale della notificazione di avvisi di accertamento o di atti impositivi deve ritenersi chiaramente sospetta, né l’utilizzo del prezzo per l’estinzione di debiti pregressi è circostanza sufficiente ad escludere la simulazione. In questo senso si era già espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 38925 del 7 ottobre 2009 (ud. del 10 giugno 2009). Per la Corte, si rileva che gli atti posti in essere dagli indagati erano indubbiamente idonei a diminuire le garanzie patrimoniali del Fisco. La loro stipulazione è chiaramente sospetta sia perchè effettuata in coincidenza con i primi accertamenti o comunque con le prime verifiche da parte della polizia tributaria, sia perchè l’alienazione è stata effettuata in favore di persone vicine alla famiglia dei ricorrenti e prive di garanzie adeguate a garantire il pagamento del residuo prezzo stabilito nel contratto”.

La sentenza poi si concentra sulla costituzione del fondo patrimoniale, avente ad oggetto tutti i beni mobili ed immobili della società: per la Corte “era indubbiamente atto idoneo a limitare le ragioni del fisco, come già statuito da questa corte con la sentenza n. 5824 del 2008, tanto più che non sono state indicate le ragioni della costituzione del fondo patrimoniale. Con tale fondo alcuni beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri vengono destinati a soddisfare i bisogni della famiglia e quindi sono parzialmente sottratti all’espropriabilità. Invero, a norma dell’art. 170 c.c., l’esecuzione sui beni del fondo o sui frutti non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei alla famiglia il credito fiscale non ha alcuna attinenza con i bisogni della famiglia ma sorge automaticamente quando si verificano i presupposti che determinano la nascita dell’obbligazione tributaria”.

Come è noto, il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è disciplinato dall’art. 11 del D.Lgs. n. 74 del 2000, attraverso il quale, salvo che il fatto costituisca più grave reato, punisce colui il quale, al fine di sottrarsi al pagamento delle II.DD. o dell’IVA o di interessi o sanzioni relative a dette imposte, di ammontare complessivo superiore a € 51.645 alieni simulatamente o compia altri atti fraudolenti sui propri o altrui beni, idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione.

Per l’Amministrazione finanziaria il reato si perfeziona con “la semplice idoneità della condotta a rendere inefficace la procedura di riscossione, e non anche l’effettiva verificazione dell’evento” (cfr. circolare n. 154/E del 4 agosto 2000 – punto 3.4.).

Il delitto contempla una condotta esclusivamente commissiva, consistente nell’alienazione simulata di beni del proprio patrimonio o il compimento di altri atti fraudolenti sui beni propri o altrui preordinati al fine di pregiudicare l’efficacia della riscossione coattiva.

L’art. 11, del D.Lgs. n. 74/2000 ha superato l’impostazione in base alla quale il reato era configurabile solo se il contribuente era stato in qualche modo posto in condizione di aspettarsi un’azione esecutiva da parte degli uffici tributari. Per il perfezionamento del reato, infatti, si richiede ora solo che l’atto simulato di alienazione o gli altri atti fraudolenti sui beni siano idonei ad impedire il soddisfacimento totale o anche parziale del Fisco.

La norma non mira a punire il mero inadempimento di un’obbligazione tributaria ma mira a sanzionare il compimento di attività fraudolente, finalizzate a far venire meno le garanzie di un’efficace riscossione dei tributi da parte dell’Erario.

E pertanto, non è corretta la tesi che esclude la configurabilità del reato per la mancanza di una procedura esecutiva in atto (resta fermo che la condotta incriminata presuppone l’esistenza di un credito d’imposta in misura non inferiore ad euro 51.645).

Sul punto va registrata la sentenza della Corte di Cassazione n. 14720 del 6 marzo 2008, depositata il 9 aprile 2008, ove i Giudici affermano che per la configurabilità del reato è necessario, il dolo specifico (ovvero il fine di sottrarsi al pagamento del proprio debito tributario) e una condotta fraudolenta atta a vanificare l’esito dell’esecuzione tributaria coattiva; la fattispecie si presenta diversa rispetto all’omologa contemplata dal vecchio art. 15 della legge n. 413/1991, in quanto a fronte della necessità della sussistenza dell’elemento soggettivo (dolo specifico: fine di evasione) e della condotta materiale (attività fraudolenta), la nuova fattispecie non richiede che l’amministrazione finanziaria abbia già compiuto un’attività di verifica, accertamento o iscrizione a ruolo, né la vanificazione della riscossione tributaria coattiva.

Di recente, la stessa Corte, con la sentenza n. 25147 del 17 giugno 2009 (ud. del 22 aprile 2009), ha affermato che l’alienazione di un bene immobile a terzi, costituiti in società, il cui legale rappresentante sia il coniuge convivente, è condotta idonea a configurare il reato previsto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di cui all’art. 11, D.Lgs. n. 74/2000. La Corte ribadisce, richiama e fa proprio l’orientamento ormai consolidato, secondo il quale, “la fattispecie di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11, è diversa rispetto all’omologa fattispecie, oggi abrogata, di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 97, comma 6, (come modificato dalla L. n. 413 del 1991, art. 15, comma 40), in quanto – a fronte della identità sia dell’elemento soggettivo costituito dal fine di evasione ed integrante il dolo specifico, che della condotta materiale rappresentata dall’attività fraudolenta – la nuova fattispecie, da un lato, non richiede che l’amministrazione tributaria abbia già compiuto un’attività di verifica, accertamento o iscrizione a ruolo e, dall’altro, non richiede l’evento che, nella previgente previsione, era essenziale ai fini della configurabilità del reato, ossia la sussistenza di una procedura di riscossione in atto e la effettiva vanificazione della riscossione tributaria coattiva”. Essendo un reato “di pericolo” e non più “di danno“, l’esecuzione esattoriale “non configura un presupposto della condotta illecita, ma è prevista solo come evenienza futura che la condotta tende (e deve essere idonea) a neutralizzare. Ai fini della perfezione del delitto, pertanto, è sufficiente la semplice idoneità della condotta a rendere inefficace (anche parzialmente) la procedura di riscossione – idoneità da apprezzare con giudizio ex ante – e non anche l’effettiva verificazione di tale evento vedi Cass.: Sez. 3′, 9.4.2008, n. 14720; Sez. 5′, 26.2.2007, n. 7916 e Sez. 3′, 18.5.2006, n. 17071)”.

 

9 giugno 2011

Roberta De Marchi