Non è nuova eccezione produrre la notificazione dell'atto

vediamo quali “nuovi” documenti è possibile produrre in sede di appello, partendo da un caso reale… (Roberta De Marchi)

Con sentenza n. 6921 del 25 marzo 2011 (ud. del 19 gennaio 2011) la Corte di Cassazione ha ritenuto che non costituisce nuova eccezione bensì mera difesal’allegazione della documentazione in ordine alla tempestività della notificazione degli attiimpositivi.

 

I fatti di causa

C.P.M.J.M. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della C.T.R. di Cagliari con la quale, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio, era stata riformata la sentenza di primo grado di annullamento della ingiunzione fiscale emessa dal medesimo Ufficio Cagliari 1 per il recupero di imposta complementare di registro, accessori ed interessi – per un importo complessivo pari a L. 62.270.000 – relativa ad accertamento di maggior valore su quello dichiarato nell’atto di transazione registrato il 27.5.1981.

Il Giudice di prime cure aveva accolto il ricorso proposto avverso l’ingiunzione di pagamento in difetto di assolvimento dell’onere probatorio, da parte dell’Ufficio finanziario costituitosi tardivamente in giudizio, in ordine alla definitività degli atti impositivi presupposti.

Il Giudice di appello, sulla scorta dei documenti depositati dall’Ufficio attestanti la rituale notifica dell’avviso di accertamento e dell’avviso di liquidazione divenuti definitivi per mancata impugnazione, ha riformato la sentenza di primo grado.

 

La sentenza

Come ripetutamente affermato “il giudizio tributario, anche in base alla disciplina dettata dal D.Lgs. n. 546 de 1992, art. 18, comma 2, art. 19, e art. 24, comma 2, è caratterizzato da un meccanismo di instaurazione di tipo impugnatorio, circoscritto alla verifica della legittimità della pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso atto indicati, ed ha un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni mosse dal contribuente con i motivi specificamente dedotti nel ricorso introduttivo, in primo grado, onde delimitare sin dalla nascita del rapporto processuale tributario le domande e le eccezioni proposte dalle parti” (cfr. Corte Cass. 5^ Sez. 18.6.2003 n. 9754; id. 2.4.2007 n. 8182; is. 3.8.2007n. 17119; Corte Cass. SU 23.12.2009 n. 27209. In senso conforme Corte Cass. 5′ sez. 21.10.2005 n. 20398, secondo cui “Il processo tributario, inoltre, pur avendo ad oggetto un rapporto che vede il contribuente nella veste di soggetto passivo, trae origine da un’azione costitutiva, volta all’annullamento di un atto autoritativo, il cui esercizio da parte del contribuente non fa assumere all’Amministrazione finanziaria la qualità di attrice in senso sostanziale, non essendo dovuta a tale qualità, ma ai principi costituzionali che escludono la c.d. presunzione di legittimità dell’atto amministrativo, l’imposizione a suo carico dell’onere di fornire la prova dei fatti costitutivi della pretesa tributaria“).

Prosegue la sentenza: “ nel contenzioso tributario, pertanto, costituisce eccezione in senso stretto lo strumento processuale attraverso il quale si faccia valere l’atto giuridico avente efficacia modificativa od estintiva della pretesa fiscale, (cfr. Corte Cass. 5^ sez. 11.7.2002 n. 10112), non potendo essere considerata tale – e non comportando pertanto il divieto di sollevare eccezioni nuove in appello, posto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, la nuova deduzione, in grado di appello, di cosiddette eccezioni improprie, o mere difese, in quanto dirette a sollecitare il rilievo d’ufficio da parte del giudice, della inesistenza dei fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio (cfr. Corte Cass. 5′ sez. 12.8.2004 n. 15546, con riferimento alla posizione del contribuente), ovvero, specularmente, in quanto volte alla mera contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria delle censure mosse dal contribuente all’atto impugnato con il ricorso ed alle quali rimane circoscritta la indagine rimessa al giudice”.

Se dunque l’art. 57, c. 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992, invocata dal ricorrente comporta esclusivamente la preclusione delle eccezioni “nuove” e cioè di quelle eccezioni che si risolvono in “mutamento, in secondo grado, degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa” con conseguente ampliamento del “thema decidendum” (cfr. Corte Cass. 5′ sez. 3.5.2002 n. 6347 – che esclude dal divieto di “ius novorum” le domande ed eccezioni con le quali si prospetti una “diversa qualificazione giuridica del rapporto dedotto in giudizio in relazione – agli elementi materiali della fattispecie – già acquisiti al processo“-), ne segue che, “avuto riguardo all’oggetto del contendere come definito dal ricorso in primo grado del contribuente – individuato nella mancata notifica degli atti valutativi e di liquidazione presupposti, nonchè nella incongruità del valore accertato rispetto a quello dichiarato – le contrarie allegazioni dell’Ufficio volte ad affermare la avvenuta notifica degli atti presupposti si limitano alla mera indicazione di un fatto già acquisito al giudizio in quanto non introducono alcun elemento nuovo di indagine rispetto a quelli già introdotti nel giudizio con il ricorso introduttivo”.

I Giudici territoriali di secondo grado hanno pertanto fatto corretta applicazione della norma processuale invocata dal ricorrente a parametro del sindacato di legittimità, rimanendo esente da censure d’invalidità, sotto tale profilo, la sentenza impugnata.

Ove poi la censura prospettata dal ricorrente dovesse intendersi estesa anche alla denuncia di violazione dell’art. 58, del D.Lgs. n. 546 del 1992, in considerazione dell’indiretto riferimento contenuto nel ricorso all’utilizzo da parte dei Giudici di appello delle prove documentali prodotte in grado di appello dall’Ufficio a sostegno delle proprie difese, il motivo risulterebbe, anche sotto detto profilo, egualmente manifestamente infondato alla stregua dell’uniforme orientamento di questa Corte – avvalorato dal dato normativo – “in ordine alla specialità del rito tributario che non consente un automatico rinvio formale all’art. 345 c.p.c. (ed alle condizioni ivi previste di ammissibilità di nuove prove documentali in grado di appello: Corte Cass. 5′ sez. 24.5.2002 n. 7602), non incontrando limiti nel processo tributario di appello la produzione di nuovi documenti ancorchè preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado” (Corte Cass. 5 sez. 16.8.2005 n. 16916), “a nulla rilevando la eventuale irritualità della loro produzione in primo grado” (Corte Cass. 5′ sez. 13.5.2003 n. 7329), ed “indipendentemente dalla impossibilità dell’interessato di produrli in prima istanza per causa a lui non imputabile” (Corte Cass. 5′ sez. 11.2.2003 n. 2027).

 

Brevi note

Per domanda nuova si intende quella che contiene una richiesta diversa o ulteriore rispetto a quella proposta davanti alla Commissione Tributaria provinciale.

Al di là dei diversi pronunciamenti citati nel corpo della sentenza in commento, ricordiamo che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 10864 del 23.06.2005, ha ritenuto che non possa parlarsi di domanda nuova nell’ipotesi in cui il contribuente invochi, in sede di appello, l’applicazione di norme diverse ed ulteriori rispetto a quelle dedotte nel giudizio di primo grado, dal momento che spetta sempre al giudice la qualificazione giuridica dei fatti di causa.

Il comma 2, dell’articolo 57, del D.Lgs.n.546/92 prevede che possano proporsi eccezioni nuove soltanto se rilevabili anche d’ufficio. L’eccezione è il mezzo di cu la parte si avvale per contrastare le domande della controparte. La proposizione delle eccezioni di merito comporta un ampliamento dell’oggetto del giudizio e, di conseguenza, ciò è vietato in quanto la nuova eccezione comporta un ampliamento del thema decidendum.

Si rileva, ancora, che il comma 2, dell’art. 58, del D.Lgs.n.546/92 dà facoltà alle parti di produrre liberamente nuova documentazione, sostanzialmente corrispondente a quella portata alla cognizione della Commissione provinciale, a norma del comma 4 dell’articolo 22.

Sul punto, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 20086 del 17.10.2005, ha affermato che “dal confronto tra l’art. 58 del D.Lgs. n. 546/1992, e l’art. 345 c.p.c., emerge immediatamente che per il processo tributario il regime delle prove è modellato su quello del processo civile, con l’unica eccezione … delle prove documentali, per le quali non opera di divieto della novità”.

Peraltro, precedentemente la stessa Corte di Cassazione, con sentenza n. 2027 dell’11.02.2003, aveva avuto modo di rilevare che l’art. 58, secondo comma, “fa salva la facoltà delle parti di produrre in appello nuovi documenti indipendentemente dall’impossibilità dell’interessato di produrli in prima istanza, per causa a lui non imputabile, requisito quest’ultimo richiesto dall’art. 345 c.p.c., ma non dall’art. 58”.

 

30 aprile 2011

Roberta De Marchi