Applicazione della sospensione necessaria del processo tributario

Quando si applicano i casi di sospensione, previsti dal codice di procedura civile, al processo tributario? A cura di Antonio Terlizzi.

Il principio di autonomia delle singole giurisdizioni in materia di verifica della validità degli atti amministrativi non esclude che il giudice tributario, dinnanzi al quale sia stata prospettata l’illegittimità di un atto costituente presupposto di quello impositivo, possa disporre la sospensione del processo, nel caso in cui la medesima questione formi oggetto di uno specifico giudizio pendente dinnanzi al giudice amministrativo (Ord. n. 9673 del 23 aprile 2010 della Corte Cass., sez. tributaria; Cass. civ. Sez. V, Ord., 02-02-2011, n. 2535).

È noto che l’art. 295 del codice di procedura civile prevede l’istituto della sospensione necessaria del processo, nell’ipotesi in cui non è possibile procedere alla riunione dei procedimenti, legati da un rapporto di continenza-pregiudizialità, non essendo previsti più specifici rimedi (i.e. riunione ex art. 39 del codice di procedura civile; cancellazione della causa) per prevenire il rischio di giudicati contrastanti e/o l’antieconomica reiterazione di attività processuali, funzionali all’adozione di una decisione unica sulla medesima questione.

Le due ipotesi tassative, menzionate dall’art. 39 del D.lgs. n. 546/1992 (presentazione della querela di falso e decisione in via pregiudiziale di una questione sullo stato o la capacità delle persone, salvo che si verta in tema di capacità di stare in giudizio) non possono esaurire l’intero problema (rectius: campo di applicazione) della sospensione necessaria ex art. 295 del codice di procedura civile, che sussiste se vi è una situazione di dipendenza della causa dalla definizione di altra controversia, che lo stesso od altro giudice deve risolvere; l’ipotesi generale, di cui all’art. 295 del codice di procedura civile, si pone ad un livello più elevato delle richiamate ipotesi specifiche di cui all’art. 39 citato e presuppone un rilevante stato di pregiudizialità, sia sul piano logico che su quello giuridico.

L’art. 295 del codice di procedura civile concerne sia la pregiudizialità interna che la pregiudizialità esterna al processo tributario, relativa quest’ultima a controversie che devono essere risolte dal giudice penale o dal giudice amministrativo.

Naturalmente, la parte che invochi la sospensione di un giudizio, ex art. 295 del codice di procedura civile, ha l’onere di dimostrare la pendenza di un’altra controversia e la sussistenza di un rapporto di dipendenza tra i due giudizi (Cass., Sez. trib., sent. n. 7506 del 4 giugno 2001)

Alla luce di quanto disposto dall’art. 1, c. 2 del D.lgs. n. 546/92, si rivela compatibile col processo tributario l’applicazione degli istituti generali della “pregiudizialità” di una causa rispetto ad un’altra (con conseguente “sospensione necessaria” della causa “pregiudicata” ai sensi dell’art. 295 c.p.c.), e della “litispendenza” e della “continenza” di cause, di cui all’art. 39 c.p.c.(Cassazione sez. 5, sentenza n 04509 del 10/04/2000 )

Nel caso in cui, indipendentemente dalla sospensione, sia intervenuta al riguardo una pronuncia del giudice amministrativo, la stessa, soprattutto se passata in giudicato, non può non svolgere effetto vincolante nel processo tributario, non ostandovi il dovere-potere del giudice tributario, non fornito di giurisdizione in via principale, di verificare in via incidentale la validità degli atti presupposti e di procedere alla loro disapplicazione (Ord. n. 9673 del 23 aprile 2010 della Corte Cass., sez. tributaria ;Cass. civ. Sez. V, Ord., 02-02-2011, n. 2535).

La pronuncia del TAR comporta, un effetto di invalidità derivata dell’atto impositivo, del quale la tariffa costituiva presupposto regolatore.

L’effetto demolitorio della pronuncia del TAR non può, quindi, essere disconosciuto dal giudice tributario che, non può neppure, stante l’immediata efficacia erga omnes di tale decisione, avente ad oggetto un atto a contenuto generale, conoscere incidenter tantum dell’atto tariffario, ai fini dell’esercizio del potere di disapplicazione. (Sent. n. 2199 del 31 gennaio 2011 della Corte Cass., Sez. tributaria).

La disapplicazione consiste nel considerare tamquam non esset gli atti ritenuti non conformi a legge.

La disapplicazione opera anche per gli atti divenuti inoppugnabili dinanzi al TAR; detto istituto non è escluso ove siano decorsi i termini di decadenza per impugnare il regolamento o l’atto amministrativo generale dinanzi al TAR.

Il potere di disapplicazione, riconosciuto alle Commissioni tributarie dall’art. 7 del D.Lgs. n. 546/1992, degli atti amministrativi illegittimi, e segnatamente di delibere comunali di approvazione di tariffe della Tarsu, presupposte agli atti impositivi, non è inibito dal fatto che spetta al giudice amministrativo la cognizione, in sede di legittimità, delle delibere tariffarie: esso sussiste anche qualora l’atto amministrativo disapplicato sia divenuto inoppugnabile per l’inutile decorso dei termini di impugnazione davanti al giudice amministrativo, e risulta precluso solo quando la legittimità di un atto amministrativo sia stata affermata dal giudice amministrativo nel contraddittorio delle parti e con autorità di giudicato.(Cass. civ. Sez. V, 21-05-2010, n. 12574).

Trattasi non di facoltà di disapplicazione ma di potere dovere della CT. Trattasi di una manifestazione del potere giudiziario che non conduce al ritiro retroattivo dell’atto viziato ma alla privazione dell’efficacia dell’atto riguardo al caso concreto.

L’atto è privato d’efficacia solo nel contesto processuale in cui è stata eccepita l’illegittimità e non anche in tutti i processi pendenti in cui l’atto ha rilevanza; pertanto, è possibile un contrasto tra le CT sull’applicazione dei predetti atti. I vizi possono essere fatti valere incidenter tantum ai fini della disapplicazione davanti alle CT e possono essere dedotti in via principale e diretta davanti al giudice della legittimità.

È inammissibile l’iniziativa d’ufficio nella procedura destinata alla disapplicazione. Giova precisare che a proposito degli atti autonomamente impugnabili ex articolo 19 del D.lgs. 546/92 è preclusa la potestà di disapplicazione.

Secondo la sentenza n. 9415 del 6 maggio 2005 della Corte di cassazione, il giudice tributario può disapplicare il criterio di tassazione, ai fini Tarsu, contenuto in un regolamento comunale, che non sia conforme alle norme vigenti, ma non ha facoltà di fissare nuovi e diversi parametri.

In particolare, la predetta sentenza ha accolto la pretesa di un ente locale, poiché la Commissione tributaria regionale, oltre a disapplicare i criteri di tassazione fissati con un regolamento comunale, aveva modificato le percentuali delle aree tassabili e aveva dato alla questione una disciplina diversa da quella prevista dal regolamento stesso

Per il giudice di legittimità,

“una volta accertata la circostanza che il criterio di tassazione, fissato dal regolamento comunale, disattendeva le disposizioni dell’art. 62 del D.lgs. n. 507 del 1993, e che, d’altronde, la domanda della parte era sottesa all’annullamento della cartella, previa disapplicazione del regolamento comunale in quanto illegittimo, i giudici di merito avrebbero dovuto limitarsi, in ossequio a quanto disposto dagli artt. 7 del d.lgs. 546 del 1992 e 112 c.p.c., alla disapplicazione della disposizione regolamentare e all’esame e valutazione della legittimità o meno dell’atto impugnato alla stregua della normativa vigente e applicabile”.

In definitiva, i giudici di merito sono legittimati a disapplicare il regolamento che viola i parametri dell’articolo 62 del D.lgs. n. 507/93, e cioè viola i presupposti della tassazione o le esclusioni, ma non sono legittimati a cambiare i criteri imposti dall’ente locale.

 

7 aprile 2011

Antonio Terlizzi

 

COMMISSIONE TRIBUTARIA Regionale SEZIONE

R.G.A. N……

 

Il Collegio composto da … Presidente;

da … relatore;

da … componente nella camera di consiglio del …;

letti gli atti,

Visto l’articolo 295 del cpc

Atteso che l principio di autonomia delle singole giurisdizioni in materia di verifica della validità degli atti amministrativi non esclude che il giudice tributario, dinnanzi al quale sia stata prospettata l’illegittimità di un atto costituente presupposto di quello impositivo, possa disporre la sospensione del processo, nel caso in cui la medesima questione formi oggetto di uno specifico giudizio pendente dinnanzi al giudice amministrativo

 

DICHIARA

 

sospeso il processo, rimandando alla segreteria per i successivi

adempimenti.

 

Luogo e data

 

(Il Segretario) (Il Presidente)