Il non vincolo da definitività fra le imposte

il principio di autonomia e separazione degli atti impositivi rende irrilevante la mancata opposizione e conseguente definitività di un avviso di accertamento in relazione alla fondatezza di altro e diverso avviso di accertamento, pur basato sugli stessi avvenimenti

Con sentenza n. 6913 del 25 marzo 2011 (ud. del 4 gennaio 2011) la Corte di Cassazione ha affermato che il principio di autonomia e separazione degli atti impositivi rende irrilevante la mancata opposizione e conseguente definitività di un avviso di accertamento (ai fini delle imposte dirette) in relazione alla fondatezza di altro e diverso avviso, ai fini Iva, il quale può sì trarre dai medesimi fatti le ragioni della rettifica, sempre che ne permanga inalterata l’efficacia probatoria nel contesto del presupposto impositivo dell’altro tributo.

Il processo

L’Ufficio IVA di Caserta notificava al curatore del Fallimento della I.P.C. di P.C.V. s.n.c. avviso di accertamento relativo all’anno 1990, in cui la società era operativa, rettificando in aumento il volume di affari ed accertando presunte operazioni imponibili evase per L. 1.070.550.000, cui conseguivano maggiori imposte IVA per L. 188.952.000 e sanzioni per L. 506.991.000.

L’avviso era impugnato dal curatore innanzi alla C.T.P. di Caserta, sostenendo la carenza di motivazione dell’atto e la infondatezza della pretesa impositiva per carenza di prova.

La Commissione accoglieva il ricorso, ritenendo che l’avviso fosse adeguatamente motivato, ma altresì che il mero riferimento alla base della motivazione a valori medi di settore in ordine alle percentuali di ricarico non fosse prova sufficiente a giustificare l’accertamento.

Appellava l’Ufficio e la C.T.R. della Campania accoglieva il gravame, sul rilievo che l’accertamento in oggetto era adeguatamente motivato e che traeva origine da un diverso accertamento relativo alle imposte sui redditi per lo stesso anno, divenuto definitivo.

La sentenza

La Corte di Cassazione prende atto che la “Commissione Regionale fa discendere la legittimità ed efficacia dell’accertamento di cui è causa dal mero fatto dell’asserita definitività di un diverso atto di accertamento per le imposte dirette effettuato in relazione al medesimo anno in ordine al quale non era stata proposta impugnazione”.

Per la Corte, “l’assunto costituisce macroscopica erroneità di motivazione in quanto per il principio della autonomia degli atti di accertamento per imposte diverse la intervenuta definitività di uno di essi per mancanza di opposizione è irrilevante in ordine alla fondatezza o meno dell’altro, non essendo tale caratteristica equiparabile ad un giudicato, anche parziale e limitato ad un presupposto di fatto comune ad entrambi. È invece ovvio che elementi probatori e presuntivi tratti da un accertamento possano essere richiamati in un accertamento diverso, ma in questo valgono in quanto gli elementi richiamati siano concretamente idonei a svolgere anche in tale sede valore di prova; in tal caso, tuttavia, detti elementi, ove giudizialmente contestati, devono essere separatamente esaminati e criticamente valutati sotto tale profilo dal giudice del merito. Valutazione che manca in modo assoluto nella sentenza impugnata”.

Brevi considerazioni

Diciamo, innanzitutto, che le diverse modalità di tassazione, ai fini Iva e imposte sui redditi, sono state evidenziate dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1633/2003, ove è stato affermato che ai fini IVA non assume rilievo la ricostruzione del reddito d’impresa ai fini delle imposte sui redditi, in quanto la base imponibile è costituita direttamente dall’ammontare dei corrispettivi delle singole operazioni.

Come è noto, i due sistemi di tassazione sono rivolti l’uno a disciplinare le componenti essenziali del reddito d’impresa, l’altra a determinare correttamente la base imponibile.

Nel caso in questione, sulla base degli atti di lettura in possesso, i giudici di secondo grado si sono limitati a riscontrare la definitività dell’accertamento ai fini reddituali per legittimare la pretesa ai fini Iva.

Si rileva che, tuttavia, con una pronuncia sempre della Suprema Corte di Cassazione – sentenza n. 792 del 6 giugno 2002, depositata il 20 gennaio 2003 – è stato affermato che il valore dei fatti economici accertato ai fini di una imposta vincola l’Amministrazione finanziaria anche nell’ambito applicativo di altri tributi, ove i fatti economici siano i medesimi e le singole leggi d’imposta non stabiliscano differenti criteri di valutazione.

In senso conforme a tale pensiero, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 19321 dell’8 settembre 2006, ha affermato che l’applicazione dei principi costituzionali di uguaglianza, legalità imparzialità amministrativa e capacità contributiva comporta che, anche in difetto di un’espressa previsione legislativa, il valore accertato dall’Amministrazione finanziaria ai fini applicativi di un’imposta (nella specie, l’Irpef) vincola la stessa Amministrazione anche in riferimento all’applicazione di altri tributi (nel caso, l’Iva), ove i fatti economici siano i medesimi e le singole leggi d’imposta non stabiliscano differenti criteri di valutazione (cfr. anche Cassazione sentenze n. 11456/2002 e n. 21055/2005).

Tuttavia, sul punto, va registrata una ulteriore pronuncia della Corte di Cassazione – sentenza n. 2438 del 5 febbraio 2007. La Corte, pur prendendo atto del principio statuito a sezioni unite (sentenza n. 13916 del 13 giugno 2006), secondo cui “qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento … compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo“, e che “tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi di imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso … si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo … e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente”, afferma che, nella specie, “l’anticipata ininfluenza dell’addotto giudicato (esterno) sulla presente fattispecie discende dal rilievo che questa ha ad oggetto un rapporto giuridico che, quando anche accertato nel corso delle medesime indagini (in specie, in base alle stesse risultanze dei movimenti bancari fiscalmente non giustificati, pure considerate dall’altro giudice), è del tutto diverso da quello deciso con la detta sentenza passata in cosa giudicata in quanto la presente controversia concerne imposte (Irpeg-Ilor) strutturalmente ed oggettivamente differenti dall’imposta sul valore aggiunto (Iva) sulla quale ha statuito quella decisione. Nell’ambito concettuale (e, quindi, nomofilattico) della (portata innovativa della) pronuncia delle Sezioni Unite richiamata all’inizio, invero, l’accertamento dell’inesistenza di qualsivoglia rapporto giuridico rilevante tra le due fattispecie impone, per coerenza sistematica, di trarre le logiche conseguenze dall’autonomia dei singoli periodi di ciascuna imposta positivamente sancita (expressis verbis) dal legislatore e di tenere conto della sostanziale, ontologica differenza giuridica esistente tra imposte diverse in ogni ipotesi di inesistenza (come nella specie) di un vincolo giuridico tra le stesse: si consideri, per quanto interessa la fattispecie in esame, che la mancanza di certezza della riferibilità delle movimentazioni bancarie ad operazioni imponibili del professionista (essendosi soltanto il sospetto, giustificato, di tale appartenenza), affermata dal giudice nella sentenza passata in cosa giudicata, è comunque limitata alle operazioni imponibili, le sole rilevanti ai fini dell’Iva, per cui la stessa non contiene (né poteva contenere, considerato l’ambito oggettivo di quel processo) nessun accertamento anche in ordine all’eventuale non riferibilità di quelle stesse movimentazioni bancarie a ricavi, ovverosia ad elementi aventi rilievo ai fini della determinazione del reddito imponibile del contribuente”.

Il punto della sentenza in commento è comunque questo: la definitività formatosi ai fini delle imposte sui redditi non può vincolare la controversia riguardante l’Irpef. Resta ferma, però, la possibilità di travasare e legittimamente utilizzare elementi indiziari da una parte all’altra.

19 aprile 2011

Roberta De Marchi