La nuova addizionale sulle stock options

di Roberta De Marchi

Pubblicato il 3 marzo 2011

tale addizionale si applica agli emolumenti variabili, corrisposti sotto forma di bonus e stock options, per la parte degli stessi che eccede il triplo della parte fissa della retribuzione

L’art. 33 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha introdotto per i dirigenti e i collaboratori di imprese che operano nel settore finanziario un’aliquota addizionale del 10% su specifici compensi.

L’addizionale, in particolare, si applica agli emolumenti variabili, corrisposti sotto forma di bonus e stock options, per la parte degli stessi che eccede il triplo della parte fissa della retribuzione.

Come precisato dalle Entrate nella circolare n. 4/E del 15 febbraio 2011, l’intervento normativo si ricollega alle decisioni assunte in sede di G-20 volte ad eliminare gli effetti distorsivi prodotti sul sistema finanziario e sull’economia mondiale dai premi erogati sotto forma di bonus e stock options legati agli andamenti del mercato.

La finalità della norma è tesa, infatti, ad assoggettare al prelievo aggiuntivo un particolare settore di attività ritenuto responsabile della recente crisi economico finanziaria.


Ambito di applicazione dell’aliquota addizionale: individuazione del Settore finanziario

In mancanza di una espressa definizione di “settore finanziario” da parte della norma in esame, le Entrate ritengono che questo vada individuato nelle banche e negli altri enti finanziari, nonché negli enti e nelle altre società la cui attività consista in via esclusiva o prevalente nell’assunzione di partecipazioni.

Sono quindi comprese nell’ambito applicativo della norma:

  • le banche;

  • le società di gestione (Sgr);

  • le società di intermediazione mobiliare (Sim);

  • gli intermediari finanziari;

  • gli istituti che svolgono attività di emissione di moneta elettronica;

  • le società esercenti le attività finanziarie indicate nell’art. 59, c. 1, lett. b, del Testo Unico Bancario;

  • le holding che assumono e/o gestiscono partecipazioni in società finanziarie, creditizie o industriali.


Dipendenti e collaboratori soggetti a prelievo

L’addizionale trova applicazione nei confronti dei dipendenti che rivestono la qualifica di dirigenti e dei collaboratori che operano nel settore.

Il riferimento ad una specifica categoria di lavoratori subordinati, tra quelle menzionate dall’art. 2095 c.c. che indica accanto ai dirigenti, i quadri, gli impiegati e gli operai comporta che il requisito di appartenenza alla categoria, il cui ruolo in linea generale è caratterizzato da un elevato grado di professionalità, autonomia e potere decisionale, non essendo oggetto di specifica previsione normativa, è demandato al contratto di lavoro.

La disposizione, inoltre, è rivolta ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, sul presupposto che anche a tali figure possa essere attribuita un elevato grado di autonomia e potere decisionale come si evince dalla relazione illustrativa al decreto che menziona tra i destinatari della norma gli amministratori di società.

Per le Entrate sono soggetti al prelievo dell’addizionale anche i dirigenti del settore bancario e finanziario che prestano la loro attività lavorativa all’estero, per i quali, ai fini dell’applicazione dell’aliquota addizionale del 10 per cento, occorrerà tener conto della retribuzione effettiva prevista dal contratto di lavoro, a prescindere dai criteri convenzionali di determinazione del relativo reddito da lavoro dipendente dettati dall’art. 51, c. 8-bis, del TUIR


Retribuzione imponibile

Presupposto per l’applicazione dell’aliquota addizionale è l’articolazione della retribuzione in una parte fissa e in una parte variabile, atteso che la base imponibile dell’addizionale è stabilita nella quota della retribuzione variabile che eccede il triplo di quella fissa annua.

Ai fini di tale rapporto, i compensi da assoggettare all’aliquota addizionale devono essere individuati sulla base delle pattuizioni contrattuali senza tener conto, pertanto, della rilevanza fiscale delle varie componenti retributive né del criterio temporale di individuazione del momento impositivo.

In particolare, occorre considerare le componenti retributive fisse previste dal contratto di lavoro o di collaborazione (al lordo quindi delle ritenute fiscali e previdenziali) e raffrontarle con la retribuzione variabile maturata per il medesimo anno.

L’eventuale importo da assoggettare al prelievo aggiuntivo andrà quindi individuato a prescindere da eventuali rateazioni del premio di erogazione dello stesso dovendo ritenersi applicabile l’addizionale nell’ipotesi in cui, sommando i premi che maturano nel periodo d’imposta, risulti superato il triplo della retribuzione fissa prevista per il medesimo periodo, fermo restando che l’applicazione del prelievo sarà effettuata al momento della erogazione del premio.

Per quanto concerne gli emolumenti premiali erogati anziché in denaro sottoforma di stock options, tra questi ultimi rientrano tutte le forme di incentivazione realizzate con azioni, le quali rileveranno in ragione del loro valore normale alla data in cui vengono assegnate al dirigente o al collaboratore, al netto delle somme da questi corrisposte.


Modalità applicative dell’addizionale

L’aliquota addizionale, disciplinata da una norma autonoma, non è inserita tra le aliquote IRPEF previste dal TUIR essendo rivolta soltanto ad alcune categorie di contribuenti e non alla generalità; si configura, pertanto, come un prelievo d’imposta indipendente dall’IRPEF anche se ne mutua la disciplina per quanto concerne l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso.

Trattandosi di una tassazione aggiuntiva ma distinta dall’applicazione dell’IRPEF ordinaria, l’addizionale, in particolare:

  • non concorre all’importo sul quale possono essere fatte valere le eventuali detrazioni d’imposta;

  • non rileva nella determinazione dell’aliquota media da applicare ai fini della tassazione separata;

  • non deve essere considerata nell’imposta italiana che costituisce il limite entro cui può essere attribuito il credito d’imposta per l’imposta pagata all’estero.

In ragione del rinvio alle modalità applicative dell’IRPEF, l’addizionale può essere oggetto di compensazione sia interna che esterna.

L’addizionale è trattenuta dal sostituto d’imposta al momento di erogazione dei bonus e delle stock options,  ed è da questi versata  utilizzando i codici tributo istituiti con Risoluzione 4 gennaio 2011, n. 1/E.

Nel rispetto del principio di cassa, che regola il momento impositivo per la categoria del reddito di lavoro dipendente e assimilato, il prelievo deve essere operato al momento dell’erogazione della parte di premio che eccede il triplo della retribuzione fissa; tale condizione, qualora non sia riscontrabile al momento della corresponsione, andrà verificata al momento del conguaglio ed in tale sede andrà applicata l’addizionale.

Qualora i premi siano rateizzati in più periodi d’imposta, l’addizionale troverà applicazione nel momento in cui, tenuto conto delle precedenti corresponsioni, si verificherà il superamento del limite previsto dalla norma. La parte fissa della retribuzione di riferimento sarà sempre quella contrattuale dell’anno di maturazione del premio stesso.

Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro sia un soggetto estero, non tenuto agli obblighi di sostituzione in Italia, sarà il lavoratore dipendente residente che dovrà determinare e versare la maggiore imposta con le medesime modalità di versamento dell’IRPEF.


Decorrenza

L’articolo 56, comma 1 del decreto legge n. 78, prevede che lo stesso entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale avvenuta il 31 maggio 2010.

Pertanto, il maggior prelievo troverà applicazione sui compensi variabili corrisposti a partire dalla predetta data, anche se maturati in anni precedenti.


Brevi considerazioni sullo strumento delle stock option

Si definisce stock option lo strumento contrattuale che prevede l’attribuzione al dipendente, da parte della società, di diritti di opzione, non cedibili a terzi, per l’acquisto di azioni della società stessa (o della sua controllante) ad un prezzo generalmente non inferiore a quello di mercato.

Lo stesso schema contrattuale dispone che l’opzione possa essere esercitata non prima di un termine iniziale e non dopo un termine finale dalla data dell’offerta.

La norma di riferimento è l’art. 51, comma 2, lett. g-bis) del T.U. n.917/86, norma che escludeva, dal reddito di lavoro dipendente, l’aumento di valore delle azioni avvenuto nel periodo intercorrente fra l’offerta delle opzioni e l’esercizio delle stesse, se il prezzo di acquisto corrisposto dal dipendente era “almeno pari al valore delle azioni stesse alla data dell’offerta”, e se le partecipazioni, i diritti e i titoli posseduti dal dipendente non rappresentavano “una percentuale dei diritti di voto esercitabili in assemblea ordinaria o di partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 10 per cento” .

Tale dettato normativo ha subito, negli ultimi anni, una serie di modifiche, per cui la disciplina fiscale delle cd. stock option rimaneva subordinata al rispetto di tre condizioni ulteriori rispetto a quelle originariamente previste nella lettera g-bis del comma 2 dell’articolo 51 Tuir:

a) l’opzione deve essere “esercitabile non prima che siano scaduti tre anni dalla sua attribuzione”;

b) al momento in cui l’opzione è esercitabile, la società deve risultare “quotata in mercati regolamentati”;

c) il beneficiario deve mantenere “per almeno i cinque anni successivi all’esercizio dell’opzione un investimento nei titoli oggetto di opzione non inferiore alla differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e l’ammontare corrisposto dal dipendente. Qualora detti titoli oggetto di investimento siano ceduti o dati in garanzia prima che siano trascorsi cinque anni dalla loro assegnazione, l’importo che non ha concorso a formare il reddito di lavoro dipendente al momento dell’assegnazione è assoggettato a tassazione nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione ovvero la sostituzione in garanzia.”


Tali disposizioni si applicano alle assegnazioni di azioni effettuate a decorrere dal 3 ottobre 2006, anche se i relativi piani sono stati deliberati in data anteriore.

Con riferimento alle assegnazioni di azioni effettuate nel periodo che va dal 5 luglio 2006 al 2 ottobre 2006 si rendono applicabili le disposizioni contenute nel D.L. n. 223 del 2006, tra cui quella relativa al vincolo retributivo e alla detenzione quinquennale di tutte le azioni ricevute.

La Manovra d’estate 2008 (art. 82, cc 23 e ss. del D.L. n.112/2008, conv. in legge n. 133/2008) ha fatto venir meno le agevolazioni fiscali previste alle azioni assegnate ai dipendenti dal 25 giugno 2008, facendo rivivere la tassazione integrale della plusvalenza realizzata, costituita dalla differenza di valore fra il momento dell’assegnazione e l’ammontare corrisposto dal dipendente.

E’ quindi fringe benefit tassabile, ai sensi dell’art. 51, c. 3, del T.U. n. 917/86 (reddito di lavoro dipendente tassato con aliquota progressiva, invece dell’imposta sostitutiva del 12,50% prima prevista), l’eventuale plusvalenza realizzata tra il prezzo fissato per l’esercizio delle opzioni assegnate ai dipendenti e il valore normale delle azioni al momento dell’esercizio delle opzioni stesse.

Invece, sempre per effetto del D.L. n. 112/2008, che ha abrogato l’art. 51, c. 1, lett. g-bis, del T.U. n. 917/86 sono irrilevanti ai fini contributivi le plusvalenze realizzate attraverso piani di incentivazione dei dipendenti tramite azioni art. 82, c. 24-bis, del D.L. n. 112/2008, che modifica l’art. 27, c. 4, del D.P.R. n. 797/55), in relazione alle azioni assegnate ai dipendenti a decorrere dal 25 giugno 2008 (art.82, c. 24-ter).


3 marzo 2011

Roberta De Marchi