Annullamento e sostituzione

la Cassazione ha recentemente riconfermato la legittimità dell’esercizio del potere di autotutela con rimozione di un atto di accertamento illegittimo e contestuale sostituzione con un nuovo provvedimento diversamente strutturato

Con sentenza n. 4372 del 23 febbraio 2011 (ud. del 4 novembre 2010), la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità dell’esercizio del potere di autotutela con rimozione di un atto di accertamento illegittimo e contestuale sostituzione con un nuovo provvedimento diversamente strutturato.

La sentenza

Una corretta qualificazione giuridica della fattispecie ha indotto la Corte di Cassazione ad una preliminare verifica del rapporto fra l’atto originario e quello successivamente emesso, da effettuarsi sulla base della loro effettiva connotazione, vale a dire prescindendo dal nomen iuris utilizzato dalla parte, in quanto anche gli atti amministrativi, cui vanno generalmente condotti quelli impositivi, vanno interpretati non solo in base al tenore letterale, ma anche risalendo all’effettiva volontà dell’amministrazione ed al potere concretamente esercitato (Cons. St., 15 ottobre 2003, n. 6316).

Osserva, quindi, la Corte che “il potere di accertamento integrativo ha per presupposto un atto (l’avviso di accertamento originariamente adottato) che continua ad esistere e non viene sostituito dal nuovo avviso di accertamento, il quale, nella ricorrenza del presupposto della conoscenza di nuovi elementi da parte dell’ufficio, integra e modifica l’oggetto ed il contenuto del primitivo atto cooperando all’integrale determinazione progressiva dell’oggetto dell’imposta, conservando ciascun atto la propria autonoma esistenza ed efficacia, con tutte le conseguenze che ne derivano anche in tema di impugnazione. L’atto di autotutela, al contrario, assume ad oggetto un precedente atto di accertamento che è illegittimo, ed al quale si sostituisce con innovazioni che possono investire tutti gli elementi strutturali dell’atto, costituiti dai destinatari, dall’oggetto e dal contenuto e può condurre alla mera eliminazione dal mondo giuridico, del precedente o alla sua eliminazione ed alla sua contestuale sostituzione con un nuovo provvedimento diversamente strutturato (Cass., 22 febbraio 2002, n. 25; V. anche Cass., 7 luglio 2009, n. 15874)”.

L’annullamento in via di autotutela di un atto, da parte dell’amministrazione finanziaria, successivamente alla sua impugnazione, determina la sopravvenienza di carenza di interesse, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo (Cass., 2 luglio 2008, n. 18054; Cass., 13 gennaio 2006, n. 634; Cass. 4 febbraio 2005, n. 2305).

In tal senso, depongono, per altro, sia la lettera che la ratio dell’art. 46 del D.Lgs. n. 546 del 1992. Nel regolare la fattispecie della cessazione della materia del contendere nel processo tributario, questa norma, infatti, sancisce perentoriamente ed in via generale che “il giudizio si estingue … nei casi di definizione delle pendenze tributarie e in ogni altro caso di cessazione della materia del contendere” ed appare improntata a chiari intenti deflattivi, anche in considerazione dell’automatico criterio di regolamentazione delle spese processuali, originariamente previsto al comma 3 (con disposizione, poi, dichiarata parzialmente incostituzionale da Corte Cost. n. 274/2005).

La Corte, ribadisce, altresì, “l’assoluta inidoneità della sentenza di cessazione della materia del contendere ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere, limitandosi tale efficacia di giudicato al solo aspetto del venire meno dell’interesse alla prosecuzione del giudizio (Cass., 25 maggio 2007, n. 12310; Cass., 3 marzo 2006, n. 4714)”.

Resta fermo, osserva la Corte, che il corretto esercizio del potere di autotutela “presuppone la mancata formazione del giudicato e la mancata scadenza del termine decadenziale fissato per l’accertamento (Cass., 26 marzo 2010, n. 7335; Cass., 22 febbraio 2002, n. 2531)”.

In ordine al primo aspetto, i caratteri propri della cessazione della materia del contendere sono inidonei al fine della formazione di un giudicato preclusivo, costituendo la stessa, nel caso di specie, un’ovvia conseguenza della caducazione del primo provvedimento, determinata proprio dall’esercizio del potere di autotutela (laddove la stessa declaratoria di nullità del primo provvedimento, eventualmente pronunciata, si considera priva di efficacia sostanziale nei confronti del nuovo provvedimento, immune da vizi: Cass., 14 maggio 2007, n. 10949).

In ordine al secondo aspetto, osserva la Corte “che la relativa deduzione, non sorretta da alcuna esplicazione, non tiene evidentemente conto nè del periodo biennale di proroga dei termini dell’accertamento ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 57, comma 2, nè della circostanza che il periodo entro il quale poteva legittimamente procedersi all’accertamento, secondo la disciplina applicabile ratione temporis, era di cinque anni. Infatti la riduzione di detto termine a quattro anni, disposta dal D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 15, si applica, come dispone il successivo art. 16, alle dichiarazioni presentate a decorrere dal 1 gennaio 1999 (Cass., 20 giugno 2007, n. 14377). Pertanto, trattandosi di dichiarazione dei redditi presentata nell’anno 1990, il potere di autotutela, mediante atto notificato in data 9 settembre 1997, risulta esercitato – tenuto conto della menzionata sospensione L. n. 413 del 1991, ex art. 57, – nel rispetto del termine di decadenza previsto per l’accertamento dalla normativa di riferimento”.

La cd. Autotutela positiva

Il termine autotutela(1) sta ad indicare la potestà che ha la Pubblica Amministrazione di intervenire, sia d’ufficio che su istanza di parte, al fine di modificare od annullare provvedimenti precedentemente emessi, consentendo quindi alla stessa Amministrazione di autodifendersi dai propri errori al fine di assolvere correttamente i propri compiti istituzionali.

Come rilevato dalla migliore dottrina(2), “in altre parole, l’autotutela designa l’espressione di un potere correlato all’azione amministrativa, che può essere esercitato nella piena e totale discrezionalità della Pubblica Amministrazione, al fine di riesaminare gli atti e i provvedimenti in funzione dell’interesse pubblico al cui perseguimento l’Amministrazione medesima è preposta. Tale potere nasce, pertanto, come potere prettamente discrezionale, e muta solo con il mutare del concetto stesso di potere pubblico… In sostanza, per l’autotutela, pur nell’ambito di un giudizio discrezionale che tenga conto dei diversi interessi coinvolti, assume un rilievo preminente l’interesse alla rimozione dei profili di illegittimità e infondatezza degli atti, e ciò indipendentemente dall’eventuale definitività degli stessi, salvo che non si sia verificata convalescenza dell’atto per decorso del tempo, considerato il principio secondo il quale la possibilità riconosciuta, in genere, alla Pubblica Amministrazione di eliminare con effetto retroattivo i propri atti illegittimi non può spingersi fino all’eliminazione di situazioni irrevocabili ed esauritesi nel tempo… In diritto amministrativo l’autotutela (come l’imperatività del provvedimento) non è prevista da norme scritte: si sostanzia in principi non scritti che lo Stato contemporaneo ha tratto dagli ordinamenti dello Stato assoluto, temperandoli e adattandoli alle mutate situazioni costituzionali. Vi sono però moltissime norme scritte, sparse un po’ in tutte le leggi amministrative, che non sono interpretabili se non presupponendole vigenti. Sostanzialmente, imperatività e autotutela sono nozioni create dalla dottrina “.

L’autotutela deve essere, comunque, una strada a doppio senso di circolazione : così come l’ufficio deve provvedere all’annullamento dell’avviso di accertamento emesso quando questi è illegittimo, alla stessa maniera deve essere possibile all’ufficio provvedere all’annullamento dell’atto illegittimo ed alla successiva riemissione di un altro avviso di accertamento, nel caso in cui sia incorso in un mero errore materiale, rimuovendo così i vizi formali presenti.

Su tale aspetto si è soffermata pure la giurisprudenza, riconoscendo la facoltà di procedere alla sostituzione dell’atto, entro i termini di decadenza ed anche in pendenza di giudizio, collegandola all’esercizio del potere di autotutela spettante all’Amministrazione, con il solo limite dell’eventuale giudicato formatosi in ordine al precedente atto nullo (cfr. Cass. Sez.Unite, 17.03.89, n.1333; Cass. Sez. I, 21.08.93, n. 8854; Sez. I, 30.08.93, n. 9196).

Né, come già accennato, la proposizione del ricorso si pone “come fattore ostativo alla rimozione dell’avviso nullo“, non sussistendo ancora, in assenza di giudicato, alcun diritto definitivamente acquisito dal contribuente (Cass. Sez. I, 8 aprile 1992, n.4303). Anzi il Consiglio di Stato non ha mancato di rilevare che la notificazione del ricorso ha innanzi tutto “proprio la finalità di esercitare lo ius poenitendi dell’Amministrazione nella direzione richiesta dal gravame” (Sez.V, n.789, del 22.06.97).

Per completezza si rileva che la Commissione tributaria Centrale (Sez.VIII, 04.06.97, n.2909) ha ritenuto che l’emissione di un nuovo avviso di accertamento comporta l’automatico annullamento dell’avviso originario, in quanto deve ritenersi che l’ufficio si sia avvalso del potere di autotutela, in quanto lo stesso ha il potere di integrare o modificare gli accertamenti entro i termini di decadenza (oltre che in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi) solo nell’esercizio del potere di riesame del proprio operato (cfr fra le altre Sez.IV, 18 marzo 1995, n.1154; Sez.VII, 8 maggio 1997, n.2197; Sez.VIII, 7 aprile 1998, n.4183).

Nei casi sopra indicati siamo, quindi, fuori dall’ipotesi disciplinata dall’art. 43, del D.P.R. n. 600/73, che attiene, invece, all’integrazione o alla modificazione di un precedente avviso già valido o completo di per sé e non all’annullamento o all’integrale sostituzione di un atto giuridico nullo, il quale di per sé è insuscettibile di integrazione o modificazione.

La problematica è stata peraltro oggetto di esame da parte della Corte di Cassazione con la sentenza n.11114 del 15 gennaio 2003, depositata il 16 luglio 2003, distinguendo le condizioni ed i limiti dell’autotutela – quale possibilità per l’Amministrazione finanziaria di sostituire un atto che, successivamente alla sua emanazione, ravvisi illegittimo, con altro atto emendato dei vizi – da quella in cui l’Amministrazione proceda ad integrazione o modifica di un precedente avviso di accertamento per la sopraggiunta conoscenza di nuovi elementi che determinano una maggiore pretesa tributaria, ex art.43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

Il nucleo dell’arresto giurisprudenziale in esame risiede nell’affermazione che l’autotutela tributaria trova condizione – soprattutto quando essa si accompagni all’emissione di un nuovo atto, di medesimo contenuto e riferito agli stessi periodi d’imposta, immune dai vizi dell’originario – nella riconosciuta presenza, nell’atto da ritirare o da sostituire, di una causa di nullità formale e nell’interesse pubblico di assicurare che il contribuente destinatario sia assoggettato ad un’imposizione tributaria conforme alle regole dell’ordinamento, avuto riguardo, in particolare, all’esigenza di eliminare o prevenire un inutile contenzioso. E, ciò, come evidenzia il citato arresto, ai fini della salvezza delle ragioni di difesa del contribuente e dell’osservanza del divieto di doppia imposizione, ex art.67 del citato D.P.R. n. 600 del 1973, fermo restando il rispetto dei termini di decadenza per l’emissione di un atto sostitutivo”(3).

E’ infatti indubbio che occorre tenere conto “dei confliggenti interessi privati e dello stesso interesse pubblico, specifico e diverso da quello del mero ripristino della legalità violata, con ponderazione anche del consolidamento di posizioni soggettive sulla base dell’atto illegittimo e, per converso, degli effetti che l’illegittimità medesima è capace di produrre all’ente pubblico”(4).

Note

1) In relazione al potere di autotutela dell’Amministrazione finanziaria, cfr. di recente, ex multis, MUSCARA’, voce Autotutela (dir. trib.), in Enc. Giur., vol IV, Agg., 1996, LUPI, Diritto tributario. Parte generale, Milano, 2000, pag. 90 e segg. e Manuale giuridico professionale di diritto tributario, III ed., Milano, 2002, pag. 163 e segg.; FERLAZZO NATOLI – SERRANO’, I nuovi istituti per prevenire ed estinguere le liti, in Corr. Trib., n. 32/1995; LA ROSA, Autotutela e annullamento d’ufficio degli accertamenti tributari, in Riv. Dir. Trib., 1998, I, pagg. 1131 e segg.; FERLAZZO NATOLI, Corso di diritto tributario, Parte generale, II ed., Milano, 1999, pagg. 185 e segg.; FALSITTA, Manuale di diritto tributario, Padova, 1999, pagg. 401 e segg.; FANTOZZI, Diritto tributario, II ed., Torino, 1998, pagg. 377 e segg.; ANTICO, Autotutela e l’archiviazione, in www.ilhttps://www.commercialistatelematico.com, 2005; ANTICO, E’ necessario il parere della D.R.E. per l’autotutela sulle cartelle esattoriali?, in
www.ilhttps://www.commercialistatelematico.com
, 2008.

2) SERVIDIO, Rilevanza dell’autotutela nelle varie fasi del procedimento tributario, in “il fisco”, n.24/2004, pag.3704, il quale richiama GIANNINI, in Diritto amministrativo, Milano, 1988, vol. II, pag. 714.

3) GRASSI, L’autotutela tributaria e la posizione giuridica del soggetto interessato al suo esercizio, in “il fisco”, n.4/2004, pag.472

4) Idem.

2 marzo 2011

Gianfranco Antico