Non basta la differenza sul ricarico

analisi della recente giurisprudenza di Cassazione in tema di “parametri”, con particolare attenzione al loro valore probatorio in caso di accertamento

Con ordinanza n. 25531 del 16 dicembre 2010 (ud. del 16 novembre 2010) la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi dei parametri. Analizziamo l’importante pronunciamento reso.

Il nodo centrale dell’ordinanza

Per la Corte di Cassazione, “nel merito, in ogni caso, la decisione impugnata potrebbe essere confermata, richiamando, anzitutto, quanto affermato dalla Corte Costituzionale (Sent. n. 105/2003), la quale, dando una lettura costituzionalmente orientata del quadro normativo in tema di parametri, ha avuto modo di chiarire sia che a differenza dei coefficienti presuntivi, i parametri prevedono un sistema basato su presunzioni semplici, la cui idoneità probatoria è rimessa alla valutazione del giudice di merito, in assenza di previsioni procedimentalizzate, sia pure che – dovendo i parametri essere elaborati in base alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività svolta (così l’art. 184 citato), è necessario un fattore di adeguamento personalizzato in modo da tenere conto della probabilità di errore nella stima, considerando le diverse situazioni gestionali e l’influenza della localizzazione per la parte non colta dalla stima. Peraltro, la decisione appare in linea con le pronunce, rese da questa Corte in assonanza con la Consulta, nelle quali, in tema di accertamento effettuato sulla base dei parametri di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 184 e 186, è stato affermato che il solo rilievo dell’applicazione da parte del contribuente di una percentuale di ricarico diversa da quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza – posto che le medie di settore non costituiscono un fatto noto, storicamente provato, dal quale argomentare, con giudizio critico, quello ignoto da provare, ma soltanto il risultato di una estrapolazione statistica di una pluralità di dati disomogenei – non configura gli estremi di una prova per presunzioni, ma occorre, invece, che risulti qualche elemento ulteriore – tra cui, ad esempio, l’abnormità e l’irragionevolezza della difformità tra la percentuale di ricarico applicata dal contribuente e la media di settore – incidente sull’attendibilità complessiva della dichiarazione, ovverosia la concreta ricorrenza di circostanze gravi, precise e concordanti, e senza peraltro che il richiamo a tale regola di esperienza comporti un’inversione dell’onere della prova, addossando al contribuente l’onere di dimostrare le ragioni specifiche della divergenza dei propri dati da quelli medi (Cass. n. 19556/2007, n. 10960/2007, n. 14252/2007, n. 26388/2005, n. 18038/2005)”.

La Suprema Corte, alla stregua di tale orientamento giurisprudenziale, che ha trovato riscontro in Cass. n. 23602, 26459 e 27648 del 2008 e n. 4148/2009, nonché in SS.UU. n. 26635/2009, ritiene viziato “da illegittimità l’avviso di accertamento il quale tragga origine dal mero scostamento dei dati reali dichiarati dal contribuente rispetto a quelli relativi alla media del settore senza che l’Amministrazione finanziaria, sulla quale grava il relativo onere, suffraghi la pretesa fiscale con ulteriori elementi ed indizi tali da suggerire l’inattendibilità dei dati riscontrati rispetto all’ausilio statistico”.

Brevi note

Il legislatore tributario, avvertendo la necessità di elaborare un criterio maggiormente efficace rispetto ai coefficienti presuntivi, con la legge Finanziaria 1996 (legge 28 dicembre 1995, n. 549) ha introdotto, fino alla approvazione degli studi di settore, la possibilità di effettuare gli accertamenti di cui all’art. 39, c. 1, lett. d, del DPR n. 600/73, “senza pregiudizio della ulteriore azione accertatrice con riferimento alle medesime o alle altre categorie reddituali, nonché con riferimento ad ulteriori operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto”, utilizzando i parametri di cui al successivo comma 184 “ai fini della determinazione presuntiva dei ricavi, dei compensi e del volume d’affari ”.

I parametri furono elaborati con D.P.C.M. 29 gennaio 1996, poi modificato con D.P.C.M. 27 marzo 1997.

L’art. 3, c. 125, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 precisò che “Le disposizioni di cui ai commi da 181 a 187 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, riguardanti gli accertamenti effettuati in base a parametri, si applicano per gli accertamenti relativi ai periodi di imposta 1996 e 1997 ovvero, per i contribuenti con periodo di imposta non coincidente con l’anno solare, per gli accertamenti relativi al secondo e al terzo periodo”.

A differenza dei coefficienti presuntivi, i parametri prevedono un sistema basato su presunzione semplice la cui idoneità probatoria è rimessa alla valutazione del giudice di merito.

Per la Corte – Sez. V, sent. n. 24912 del 10/10/2008 – “in tema di accertamento dell’IVA, i parametri sono fondati su una presunzione legale relativa, con la conseguenza che il contribuente può sempre dimostrare l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione dei maggiori indici di reddito in essi previsti, dando prova di specifiche circostanze che rivelino il conseguimento di un ammontare di ricavi inferiore; i coefficienti presuntivi di reddito rappresentano, infatti, un valore minimale nella determinazione del volume d’affari, che si pone alla base dell’accertamento del reddito in un’ottica statistica, non astratta, bensì riferita al singolo settore economico”.

Successivamente, nello stesso senso, si è pronunciata la sentenza n. 8420 del 07/04/2009.

In questo contesto, la stessa Corte di Cassazione rileva che sembrano emergere spazi “per la sufficienza dello scostamento dai parametri a fondare l’accertamento, salva la prova contraria del contribuente”. E’ questa la linea suggerita dalla sentenza n. 3288 del 11/02/2009.

A questa prospettiva, pur senza fare espresso riferimento al concetto di presunzione legale, sembra aderire la sentenza n. 10945 del 14/05/2007, che ha affermato che l’applicazione degli stessi “non necessita di motivazione specifica. È sufficiente l’indicazione dell’applicazione di tali parametri, in relazione ai quali, poi, è il contribuente a dovere, e potere, eccepirne la inapplicabilità per ragioni contingenti, collegate a specifiche realtà locali, eventi straordinari e così via”.

Altre decisioni, però, non fanno riferimento al concetto di presunzione legale relativa ed affermano la natura meramente presuntiva dei parametri, i quali “rappresentano non già un fatto noto storicamente verificato, suscettibile di evidenziare in termini di rilevante probabilità l’entità dei ricavi del contribuente medesimo, ma, piuttosto, il risultato di una estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali, che fissa soltanto una regola di esperienza. Pertanto, tali valori sono espressione di presunzioni non qualificabili come gravi, precise e concordanti, indicando, diversamente dai risultati valutativi emergenti da medie elaborate con riferimento all’andamento economico della specifica impresa interessata, solo in via ipotetica la redditività dell’attività dell’impresa medesima, cosicché, laddove essi siano contestati sulla base di allegazioni specifiche, si rivelano inidonei a suffragare la fondatezza dell’accertamento, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett d) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 ove non risultino confortati da elementi concreti derivanti dalla realtà economica dell’impresa “ [Sez. V, sent. n. 26459 del 04/11/2008].

Affermano altresì la natura meramente presuntiva dei parametri:

  • sent. n. 23602 del 15/09/2008, secondo cui i parametri “sono soltanto presuntivi, con la conseguenza che il contribuente può sempre dimostrare l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione dei maggiori indici di reddito in essi previsti, tenuto, altresì, conto che, per espressa previsione di legge (art. 4, comma 1 del d.P.R. 31 maggio 1999, n. 195, in riferimento all’art. 10 comma 4, della legge 8 maggio 1998, n. 146), essi non trovano applicazione nei confronti dei soggetti per i quali operano le cause di esclusione degli accertamenti basati sugli studi di settore, allorchè riguardino un periodo di svolgimento anomalo dell’attività del contribuente”;

  • sent. n. 27648 del 21/11/2008, secondo cui i parametri, “alla stregua di tutti gli altri parametri presuntivi utilizzati per l’accertamento, essere contrastati, in ordine alla loro congruità, da contribuenti che siano in grado di dimostrare l’insussistenza di maggiori indici di reddito in essi previsti: detti parametri, infatti, a differenza dei coefficienti presuntivi di cui al d.l. 2 marzo 1989, n. 69, danno luogo ad un sistema di presunzioni semplici che non richiedono la presenza di specifiche e tipiche previsioni agevolative, ben potendo la prova contraria essere costituita anche da presunzioni formulate dal contribuente”;

  • sent. n. 4148 del 20/02/2009, secondo cui i parametri “non costituiscono un fatto concreto noto e certo, specificamente inerente al contribuente, suscettibile di evidenziare in termini di rilevante probabilità l’entità del suo reddito, ma rappresentano la risultante dell’estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni. Pertanto, tali coefficienti rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo ex art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, ma, ove siano contestati sulla base di allegazioni specifiche, sono inidonei a supportare l’accertamento medesimo, se non confortati da elementi concreti desunti dalla realtà economica dell’impresa”.

Quanto alla motivazione degli accertamenti basati sui parametri, la sentenza n. 6758 del 21/03/2007 ha affermato che “nella sola ipotesi di dati certi ed incontestati, può essere esclusa la necessità di una motivazione specifica sui criteri in concreto adottati per pervenire alle poste di reddito fissate in via sintetica (come nel cosiddetto redditometro), in quanto esse, proprio per fondarsi su parametri fissati in via generale, si sottraggono all’obbligo di motivazione, secondo il principio stabilito dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, comma 2, in presenza di mancata contestazione (sentenza n. 327 del 200652); che, al contrario, quando (…) il quadro considerato dal giudice risulti corredato solo dagli indizi offerti dai parametri astratti, e questo sia stato contestato e sminuito, proprio in ragione dell’allegazione e della prova (non specificamente contestata dall’Agenzia) di ulteriori circostanze e di variabili (di età, di professione, di economia locale più arretrata rispetto a quella nazionale, di tempo, ecc..), a fronte delle quali nessuna contestazione specifica sia stata formulata dall’Agenzia, il peso probatorio degli elementi astratti viene a scemare e a rivelarsi inidoneo all’accertamento operato solo in via sintetica”.

Ancor più netta è la sentenza n. 10945 del 14/05/2007, secondo cui l’applicazione dei parametri “non necessita di motivazione specifica. È sufficiente l’indicazione dell’applicazione di tali parametri, in relazione ai quali, poi, è il contribuente a dovere, e potere, eccepirne la inapplicabilità per ragioni contingenti, collegate a specifiche realtà locali, eventi straordinari e così via”.

Si è però distinto tra il profilo relativo alla motivazione e quello concernente la prova: “(…) posto che l’avviso di accertamento ha la funzione di delimitare l’ambito delle contestazioni proponibili dall’Ufficio e di mettere il contribuente in grado di conoscere l'”an” ed il “quantum” della pretesa tributaria, per approntare idonea difesa, nel caso di accertamento delle imposte sui redditi in base a parametri (nella specie, quelli di cui all’art. 3, comma 181, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 e dal successivo d.p.c.m. 29 gennaio 1996), l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento deve ritenersi assolto con l’enunciazione dei presupposti dei parametri adottati e delle relative risultanze, mentre le questioni attinenti l’idoneità del criterio parametrico applicato in concreto attengono al diverso piano della prova della pretesa tributaria”.

16 febbraio 2011

Roberta De Marchi