La dichiarazione è emendabile anche in sede contenziosa

il contribuente, in caso di errore nella dichiarazione dei redditi, può correggerla anche dopo aver ricevuto una cartella esattoriale!

Con sentenza n. 2226 del 31 gennaio 2011 (ud. del 3 novembre 2010) la Corte di Cassazione ha ritenuto emendabile la dichiarazione anche in fase contenziosa.

La questione

La questione trae origine dal ricorso per cassazione proposto da una coppia di contribuenti avverso la sentenza con la quale, in una controversia concernente l’impugnazione della cartella esattoriale relativa a canoni di affitto portati in deduzione nella dichiarazione del 1998 perchè non percepiti, la C.T.R. Lombardia confermava la sentenza di primo grado (che aveva respinto il ricorso dei contribuenti), rilevando che la voce “mancata riscossione di canoni di affitto” non è compresa tra gli oneri deducibili specificamente indicati dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10 nel testo applicabile ratione temporis.

I contribuenti rilevano, impugnando la cartella opposta, di avere

commesso un errore nella dichiarazione relativa all’anno d’imposta 1998, consistente nell’avere indicato il 100% del canone previsto contrattualmente in luogo della somma effettivamente percepita, successivamente deducendo (ai fine di neutralizzare l’errore precedente) la parte relativa al canone non percepito (benchè tale voce non fosse prevista tra gli oneri deducibili).

La sentenza

Senza voler entrare nel merito della questione, osserviamo che la Corte fa propri i principi espressi a Sezioni Unite, che hanno ripetutamente affermato che “la dichiarazione dei redditi del contribuente, affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione, alla luce del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo applicabile ‘ratione temporis’, è – in linea di principio – emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare. L’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico, in quanto: la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, e costituisce un momento dell’iter procedimentale volto all’accertamento dell’obbligazione tributaria; l’art. 9, commi settimo e ottavo, del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente, applicabili ratione temporis, non pone alcun limite temporale all’emendabilità e alla ritrattabilità della dichiarazione dei redditi risultanti da errori commessi dai contribuente; un sistema legislativo che intendesse negare in radice la rettificabilità della dichiarazione, darebbe luogo a un prelievo fiscale indebito e, pertanto, non compatibile con i principi costituzionali della capacità contributiva – art. 53 Cost., comma 1 – e dell’oggettiva correttezza dell’azione amministrativa – art. 97 Cost., comma 1” (così SS.UU. n. 15063/2002 e vedi anche successivamente SS.UU. n. 17394/2002).

Dal principio sopra esposto la giurisprudenza ha tratto come logico corollario che “la possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione allegando errori di fatto o di diritto commessi nella sua redazione, ed incidenti sull’obbligazione tributaria, è esercitatale non solo nei limiti in cui la legge prevede il diritto al rimborso ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, ma anche in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria (v. Cass. n. 22021/2006, peraltro in precedenza v. anche, in parte, cass. n. 10055/2000)”.

Brevi riflessioni

In forza del principio della c.d. autotassazione – in ragione del quale il contribuente, al verificarsi del presupposto d’imposta, provvede autonomamente ad ottemperare a determinati obblighi formali e sostanziali e al versamento del relativo debito tributario -, i ricorrenti in questione hanno presentato la propria dichiarazione, commettendo però degli errori e trattandosi di dichiarazioni di scienza e non di volontà sono emendabili (cfr. Cass. n. 1708 del 26.01.2007), anche attraverso la difesa nel processo.

La dichiarazione, infatti, può essere affetta da un errore di fatto, inerente una circostanza di fatto, o da un errore di diritto, quando concerne la stessa vigenza o l’interpretazione di una norma giuridica.

Si rileva che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4878 dell’8.08.1988, ha affermato che la dichiarazione di imposta non è una confessione stragiudiziale e, quindi, ben può essere rettificata dal contribuente, specie nel caso in cui l’inesattezza è frutto di errore riconoscibile.

Tale interpretazione de qua è sicuramente conforme ai principi di uguaglianza e capacità contributiva, sanciti costituzionalmente.

Sempre la Suprema Corte ha recentemente affermato nella sentenza n. 13484 dell’8.06.2007 che “il rigoroso regime legale che regola il modo ed il tempo di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi non costituisce argomento decisivo al fine di escludere la ripetibilità di imposte versate in base ad una dichiarazione errata, ancorché l’errore non sia immediatamente desumibile dal testo della dichiarazione stessa, dovendosi riconoscere al contribuente – in un sistema improntato ormai, per effetto dell’entrata in vigore dello Statuto del contribuente (L. n. 212 del 2000), ai principi della buona fede e della tutela dell’affidamento, ed avuto riguardo al concetto di capacità contributiva, che costituisce uno dei principi fondamentali della Costituzione in materia tributaria – la possibilità di far valere ogni tipo di errore commesso in buona fede al momento della dichiarazione, attraverso la procedura disciplinata dall’art. 38 del D.P.R. n. 602 del 1973”.

E’ certa, altresì, la legittimità di una dichiarazione integrativa e/o rettificativa pro fisco presentata nei termini di cui al comma 8 dell’articolo 2 del D.P.R. n. 322/1998, ma successivamente all’effettuazione di accessi, ispezioni e verifiche da parte degli organi ispettivi, atteso che l’avvio di un’attività di controllo non costituisce, di per sé, causa ostativa all’emendabilità della dichiarazione nelle forme e nei termini prescritti.

Restano ferme, però, se sussistenti, le sanzioni.

21 febbraio 2011

Roberta De Marchi