Il ravvedimento non è ritrattabile

quando il contribuente sceglie di avvalersi del ravvedimento operoso non può più tornare indietro e richiedere a rimborso le somme versate

La Corte di Cassazione – sentenza n. 23177 del 17 novembre 2010 (ud. del 4 ottobre 2010) – ha escluso la ritrattabilità del ravvedimento operoso, quando esso non sia stato posto in essere per errore, ma corrisponda ad una deficienza (nella specie, indebita detrazione dell’IVA) contenuta effettivamente nella dichiarazione a cui il contribuente abbia inteso porre rimedio versando spontaneamente la maggior somma dovuta.

Il passaggio centrale della sentenza è il seguente: la ritrattabilità del ravvedimento operoso è comunque da escludere quando esso non sia stato posto in essere per errore, ma corrisponda ad una deficienza (indebita detrazione dell’IVA) contenuta effettivamente nella dichiarazione, cui il contribuente abbia inteso porre rimedio, per sua libera scelta, versando spontaneamente la maggior somma dovuta (e lucrando benefici sulle sanzioni, entro i limiti stabiliti dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13). In quest’ultimo caso – conforme a quello di specie, in cui è stata ritenuta l’infondatezza del secondo motivo di ricorso, e quindi la correttezza (non erroneità) del versamento integrativo – si deve dunque escludere la possibilità di revocare il ravvedimento e di recuperare, mediante istanza di rimborso, le somme versate, corrispondenti ad imposta realmente dovuta”.

Brevi annotazioni

Come è noto, il ravvedimento operoso, per effetto anche delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 99 del 30 marzo 2000 e dal D.Lgs. n. 32 del 26 gennaio 2001, permette al contribuente di chiudere spontaneamente le violazioni ed omissioni commesse.

L’accesso all’istituto è consentito dietro il pagamento di una sanzione ridotta rispetto a quella ordinaria, incentivando così lo stesso contribuente a chiudere, anticipatamente, la propria posizione fiscale, con il versamento di sanzioni ridotte, la cui entità varia a seconda della tempestività del ravvedimento e del tipo di violazioni.

L’istituto consente, quindi, all’autore di una o più violazioni tributarie (nonché ai soggetti solidalmente obbligati) di regolarizzare spontaneamente la propria posizione, usufruendo di rilevanti riduzioni delle sanzioni amministrative.

A tale fine, la regolarizzazione deve avvenire entro determinati limiti temporali e, comunque, sempre prima che vi sia stata constatazione della violazione stessa, abbiano avuto inizio accessi, ispezioni o verifiche, ovvero siano iniziate altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore della violazione od i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza(1).

Il preciso e puntuale principio è stato espresso dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 22781 del 9 novembre 2010 (ud. del 23 settembre 2010), che ha riconfermato che l’art. 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997, “subordina infatti il ravvedimento operoso al fatto che non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento, laddove è nella specie pacifico che la verifica si è conclusa nel luglio 2004 ed il versamento ridotto delle sanzioni è avvenuto nell’ottobre 2004, a nulla rilevando ovviamente che il versamento (tardivo) dell’imposta — che aveva dato causa alla sanzione – fosse avvenuto precedentemente”(2).

Affinché il ravvedimento operoso si perfezioni è necessario, oltre alla rimozione della condotta costituente violazione, il pagamento della sanzione in misura ridotta, nonché del tributo o della differenza (quando dovuti) e degli interessi moratori calcolati al tasso legale con maturazione giorno per giorno, entro i termini indicati dal legislatore.

Una lettura a contrario della sentenza della Cassazione in rassegna porta tuttavia a sostenere la ritrattabilità del ravvedimento operoso quando esso sia stato posto in essere per errore, non essendovi alcuna deficienza nella dichiarazione.

Gli effetti della regolarizzazione

Gli effetti della regolarizzazione effettuata ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 472 del 1997 sono, peraltro, diversi a seconda del tipo di violazione da regolarizzare e dei tempi entro i quali detta regolarizzazione avviene.

Si ricorda che l’art. 16, c. 5, del decreto legge n. 185 del 2008, conv. in L. n. 2/2009, ha introdotto delle modifiche all’istituto del ravvedimento operoso, disciplinato dall’art. 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, riducendo le sanzioni dovute in caso di regolarizzazione spontanea delle violazioni tributarie e rendendo, dunque, ancora più conveniente il ricorso a tale istituto(3).

In ordine alle violazioni dell’obbligo di versamento in acconto o a saldo dell’IRAP va evidenziato che il legislatore ha stabilito, con due successivi provvedimenti (art. 1 del decreto legge n. 106 del 17 giugno 2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 156 del 31/07/2005; art. 1 del decreto legge 7 giugno 2006, n. 206, convertito con modificazioni dalla legge n. 234 del 17/07/2006) che le disposizioni in materia di riduzione delle sanzioni previste dal citato articolo 13 non si applicano con riferimento alle violazioni dell’obbligo di versamento dell’IRAP:

1. a saldo relativamente al periodo d’imposta 2004;

2. in acconto o a saldo relativamente al periodo d’imposta 2005;

3. in acconto o a saldo relativamente al periodo d’imposta 2006.

Il legislatore però non ha riproposto, con riferimento ai periodi d’imposta successivi al 2006 analoghe disposizioni, e pertanto l’istituto del ravvedimento operoso trova applicazione con riferimento alle violazioni dell’obbligo di versamento in acconto o a saldo dell’IRAP relativo al periodo d’imposta 2007 ed ai seguenti (cfr. RM. N. 43/E del 17 febbraio 2009).

Note

1) Cfr. Cissello, Stop al ravvedimento operoso se sono iniziate le verifiche fiscali, in Eutekne.it, 10 novembre 2010, che osserva: “per contro, nulla osta al ravvedimento la presenza di soli atti del procedimento penale, ancorchè potenzialmente idonei a cagionare l’avvio di un’indagine tributaria (denunce, avvisi di garanzia)”.

2) Il principio era stato già manifestato anche dalla giurisprudenza di merito (sentenza n. 146 del 13 maggio 2008, dep. il 6 giugno 2008 della CTP di Milano – Sez. XVI) che aveva negato l’accesso al ravvedimento operoso, laddove il mancato adempimento del contribuente era stato sanato nello stesso giorno in cui era iniziata una verifica fiscale. Rilevano i giudici meneghini che “esiste concomitanza fra la data dell’inizio della verifica da parte dei funzionari dell’Agenzia delle Entrate, con la data del pagamento del ravvedimento operoso su imposte afferenti gli anni 2004 e 2005. L’operato dell’ufficio è legittimo in quanto, nel caso in esame, nessuna agevolazione in merito al pagamento di sanzioni in misura ridotta, può e deve essere riconosciuta alla società ricorrente la quale ha invece utilizzato il c.d. ravvedimento operoso previsto dall’art. 13 D.Lgs. n. 472/97 in maniera illegittima e non corretta”. Per la commissione di prime cure, “avendo la società effettuato versamenti per regolarizzare la sua posizione fiscale proprio lo stesso giorno in cui ha avuto inizio l’accesso da parte dei verificatori dell’ufficio delle Entrate, e cioè il 16 febbraio 2006, detti versamenti non sono validi. La norma sopra citata è chiara e, quindi, il contribuente non ha diritto al regime agevolativo del ravvedimento operoso quando i versamenti vengono eseguiti il medesimo giorno in cui ha inizio l’accesso dei funzionari. Pertanto, non avendo la ricorrente rispettato le disposizioni di cui all’articolo del decreto legislativo sopra citato, per il Collegio giudicante, l’ufficio ha correttamente ripreso a tassazione, attraverso iscrizione a ruolo le somme dovute solo a titolo di sanzione per il tardivo versamento delle imposte”. Inoltre, viene ritenuta infondata “la richiesta della ricorrente in merito ad una riduzione della somma da pagare a titolo di sanzione, tenuto conto degli importi già versati, sia pur in virtù di un istituto ritenuto inapplicabile al caso di specie e, quindi, l’iscrizione dell’intera sanzione è corretta. Per la sanzione incorporata nel ravvedimento, non rimarrà alla società, qualora ritenesse di aver effettuato dei versamenti ulteriori e maggiori rispetto al dovuto, inoltrare domanda di rimborso”.

3) Dall’1 febbraio 2011 il costo dei ravvedimenti è aumentato: per i nuovi importi si veda, De Marchi, Ravvedersi costa di più dall’1 febbraio 2011, www.https://www.commercialistatelematico.com, 1 febbraio 2011

5 febbraio 2011

Roberta De Marchi