L'inversione dell'onere della prova

in caso di accertamento basato sui movimenti bancari scatta l’inversione dell’onere della prova: spetta al contribuente dimostrare che i movimenti non nascondono evasione

Con l’ordinanza n. 23873 del 24 novembre 2010 (ud. del 14 ottobre 2010) la Corte di Cassazione è stata tranciante, sbarrando ogni strada a diverse interpretazioni di merito.

La sentenza

Per i giudici di Cassazione, il motivo con cui “la parte erariale deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, e art. 39, comma 2, per non avere la CTR considerato che incombeva sul contribuente l’onere di provare, rispetto alla presunzione legale emergente dai dati delle movimentazioni bancarie, che i singoli prelevamenti si riferiscano a costi effettivi deducibili – è manifestamente fondato, in quanto procedendo ad una riduzione forfettaria dell’imponibile accertato presuntivamente ex art. 32, D.P.R. cit. ha finito per contrapporre all’indicata presunzione un’altra presunzione e non un fatto specifico provato dal contribuente, così ponendosi in contrasto con consolidati orientamenti di questa S.C., secondo cui, nel processo tributario, nel caso in cui l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, è onere del contribuente, a carico del quale si determina una inversione dell’onere della prova, dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non siano riferibili ad operazioni imponibili, mentre l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, per legge, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti (Cass. 26 febbraio 2009 n. 4589)”.

Invero, prosegue la sentenza, “ il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, come il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, impone di considerare ricavi sia i prelevamenti, sia i versamenti su conto corrente, salvo che il contribuente non provi che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anzichè costituire acquisizione di utili; posto che, in materia, sussiste inversione dell’onere della prova, alla presunzione di legge (relativa) va contrapposta una prova, non un’altra presunzione semplice ovvero una mera affermazione di carattere generale (Cass. 5 dicembre 2007 n. 25365; 5 ottobre 2007 n. 20858; 27 luglio 2007 n. 16720; 13 giugno 2007 n. 13819; 21 marzo 2007 n. 6743; 8 settembre 2006 n. 19330; 23 giugno 2006 n. 14675; 9 settembre 2005 n. 18016; 7267/02; 9103/01). Ne deriva che i giudici tributari di merito non potevano fondatamente sostenere che si sarebbe dovuto tener conto in misura forfettaria di oneri deducibili, anche se non ne fosse stata indicata né documentata la specifica riferibilità ai movimenti bancari rilevati, perché ciò significa, appunto, che la presunzione di cui all’indicata norma, è stata considerata “vinta” attraverso il ricorso, non già ad un fatto, ma ad un’altra presunzione. Del resto vige, nell’ordinamento tributario, il principio di tipicità degli atti di accertamento, per il quale, fatta eccezione per i provvedimenti adottati in via di discrezionale autotutela o su richiesta di rimborso, non sono previsti provvedimenti, in relazione ai quali, l’Amministrazione sia tenuta a ricercare di sua iniziativa circostanze idonee a comportare la riduzione del debito d’imposta del contribuente (Cass. n. 4224/06). Quanto all’ambito del rispettivo onere probatorio gravante sulle parti, la presunzione legale relativa opera con forza tale da vincolare l’ufficio tributario ad assumere per certo che la movimentazione bancaria dei conti correnti intestati (ed a quelli riferibili) al contribuente sia ad esso imputabile, senza che l’Ufficio medesimo debba procedere all’analisi delle singole operazioni, che, dato il connesso effetto dell’inversione dell’onere della prova, spetta invece al contribuente di effettuare (Cass. 21 marzo 2008 n. 7766 24 agosto 2007 n. 18013; 27 luglio 2007 n. 16720; 13 giugno 2007 n. 13819)”.

Brevi considerazioni

L’indagine creditizia e finanziaria costituisce un’autonoma attività istruttoria che può essere esercitata anche indipendentemente da precedenti attività di controllo, quali verifiche o ispezioni documentali, sia pure nell’osservanza delle regole fissate dai novellati numeri 7 degli artt. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del D.P.R. n. 633 del 1972, a differenza di quanto previsto dai numeri 6-bis, pur essi novellati, che invece necessitano sempre dell’attivazione di una preventiva procedura di accertamento, ispezione o verifica.

In particolare, ai fini reddituali, il numero 2 del comma 1 dell’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 prevede che i dati e gli elementi risultanti dai rapporti e dalle operazioni intercettati ai sensi del successivo numero 7 o rilevati secondo la particolare procedura di cui all’art. 33, cc. 2 e 3, sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine.

Si sottrae alla regola dell’inversione dell’onere della prova l’ipotesi in cui il contribuente indica il beneficiario del prelevamento utilizzato per l’acquisto di un bene o servizio non fatto transitare in contabilità; in tale ipotesi non scatta il meccanismo presuntivo ma l’operazione deve essere valorizzata alla stregua degli ordinari criteri dell’accertamento, i quali presiedono al riconoscimento del costo in funzione della ricostruzione del relativo ricavo.

Con specifico riguardo all’imposta sul valore aggiunto, la disciplina contenuta nell’art. 51, c. 2, n. 2, del D.P.R. n. 633 del 1972 prevede che i dati in argomento, acquisiti sia secondo la procedura di cui al successivo numero 7, sia attraverso i poteri e le facoltà di cui ai successivi artt. 52, u.c., e 63, c. 1, siano posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti agli artt. 54 e 55 del medesimo decreto, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto in dichiarazione o che gli stessi non si riferiscono a operazioni imponibili.

I versamenti non giustificati potranno essere contestati come operazioni imponibili, cessioni o prestazioni non contabilizzate, mentre i prelevamenti potranno essere valorizzati come acquisti in nero.

Come è ormai noto, la normativa sulle indagini finanziarie opera in modo automatico, non richiedendo ulteriori elementi di riscontro per conferire validità al controllo, consentendo, però, al contribuente – anche attraverso il contraddittorio – di dimostrare l’irrilevanza fiscale delle movimentazioni riscontrate.

Gli elementi – prelevamenti e versamenti – risultanti dall’analisi dei conti sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza per lo stesso fine.

La Suprema Corte, già con sentenza n. 16062 del 7 luglio 2010 (ud. dell’1 luglio 2010), dopo aver premesso che la decisione impugnata non ha violato le regole sul riparto dell’onere probatorio, desumibili dalla disposizione normativa relativa alle indagini finanziarie, sul valore da attribuire ai dati desunti dalla movimentazione di conti correnti bancari, ha ribadito che, “nel processo tributario, nel caso in cui l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, è onere del contribuente, a carico del quale si determina una inversione dell’onere della prova, dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non siano riferibili ad operazioni imponibili, mentre l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, per legge, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti (Cass. 26 febbraio 2009 n. 4589). Invero, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 come il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 impone di considerare ricavi sia i prelevamenti, sia i versamenti su conto corrente, salvo che il contribuente non provi che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili; posto che, in materia, sussiste inversione dell’onere della prova, alla presunzione di legge (relativa) va contrapposta una prova, non un’altra presunzione semplice ovvero una mera affermazione di carattere generale (Cass. 5 dicembre 2007 n. 25365; 5 ottobre 2007 n. 20858; 27 luglio 2007 n. 16720; 13 giugno 2007 n. 13819; 21 marzo 2007 n. 6743; 8 settembre 2006 n. 19330; 23 giungo 2006 n. 14675; 9 settembre 2005 n. 18016; 7267/02; 9103/01). Ne deriva che il contribuente non può fondatamente sostenere che si sarebbe dovuto tener conto di tutte le fatture registrate nel periodo, anche se non ne fosse stata indicata nè documentata la specifica riferibilità ai movimenti bancari rilevati, perchè ciò avrebbe significato, appunto, che la presunzione di cui all’indicata norma, avrebbe dovuto essere considerata “vinta” attraverso il ricorso, non già ad un fatto, ma ad un’altra presunzione, consistente nel normale afflusso (id quod plerunque accidit) degli incassi, registrati in contabilità e oggetto di dichiarazione fiscale, sul conto corrente dell’imprenditore”.

In ordine all’ambito del rispettivo onere probatorio gravante sulle parti, la presunzione legale relativa opera con forza tale da vincolare l’ufficio tributario ad assumere per certo che la movimentazione bancaria dei conti correnti intestati (ed a quelli riferibili) al contribuente sia ad esso imputabile, senza che l’Ufficio medesimo debba procedere all’analisi delle singole operazioni, che, dato il connesso effetto dell’inversione dell’onere della prova, spetta invece al contribuente di effettuare (Cass. 21 marzo 2008 n. 7766 24 agosto 2007 n. 18013; 27 luglio 2007 n. 16720; 13 giugno 2007 n. 13819).

3 gennaio 2011

Roberta De Marchi