L'avviso bonario e la sua incidenza sulle attività di liquidazione e controllo formale delle dichiarazioni, alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali

in passato molti contribuenti hanno aperto contenziosi fiscali in quanto le procedure di accertamento e liquidazione non erano state precedute da un cd. “avviso bonario”; attenzione: l’avviso bonario non è obbligatorio

La comunicazione di irregolarità, comunemente definita nella prassi anche con la locuzione “avviso bonario”, ha creato sovente negli operatori aspettative non sempre fondate, circa l’identificazione della “corretta” procedura da adottare, da parte dell’amministrazione finanziaria, per la liquidazione delle dichiarazioni presentate, secondo gli articoli 36-bis del d.p.r. n. 600/73 e 54-bis del d.p.r. n. 633/72.

La Suprema Corte ha fatto luce su una questione dibattuta nella prassi operativa e contenziosa, con recenti pronunce, che è mio intento commentare, onde pervenire ad un “quadro” quanto più possibile esaustivo, per chi si trova a dover fronteggiare, concretamente e nel quotidiano, la problematica in oggetto.

  1. Premessa

Negli anni che hanno seguito l’emanazione dello Statuto dei diritti del contribuente molti contribuenti “temerari” hanno riposto eccessiva fiducia nel rilievo attribuibile, in fase contenziosa, all’assenza dell’avviso bonario, nell’ambito della procedura che, partendo dai controlli automatizzati della “liquidazione” delle dichiarazioni (e, a mio avviso, anche dal controllo formale…), perviene all’iscrizione a ruolo delle pretese erariali conseguenti.

I contribuenti raggiunti da cartelle di pagamento del tipo citato, anche laddove sprovvisti di qualsiasi ragione di “merito”, si sono “avventurati” in aspri contenziosi con l’amministrazione finanziaria, attribuendo rilevanza decisiva alla presenza o meno del cosiddetto “avviso bonario”: quest’ultimo, secondo un’“ottimistica lettura” di specifica disposizione statutaria (art. 5 c. 6 dello Statuto) sarebbe determinante, onde conferire piena validità alla procedura seguita dagli organi impositori e, successivamente, dal concessionario della riscossione, per l’iscrizione a ruolo di una pretesa erariale frutto di liquidazione, o controllo formale, sulle dichiarazioni a suo tempo presentate.

Ritengo a questo punto necessario, definire con esattezza cosa si intenda per “avviso bonario”, “comunicazione di irregolarità” ed “esito del controllo formale”, nonché fare luce sulla portata della norma richiamata poc’anzi ; seguirà l’analisi del contenuto e definizione delle attività di “liquidazione” e “controllo formale” delle dichiarazioni, onde delimitare compiutamente l’ambito di riferimento della tematica oggetto del presente contributo.

      1. Definizione di “avviso bonario” e “comunicazione di irregolarità” . Analisi della norma statutaria di riferimento

La denominazione attribuita al cosiddetto “avviso bonario”, è situata(1) nel decreto legislativo 18.12.97, n. 472, con specifico riferimento ai commi 3-quater e 3-quinquies dell’articolo 25.

La predetta disposizione, con riferimento alle sanzioni relative a somme oggetto di iscrizione a ruolo, conseguenti al controllo formale delle dichiarazioni presentate dal 1994 al 1998 (per le imposte sui redditi), e dal 1995 al 1998 (per l’Iva), ne prevedeva la riduzione al 50% ; quanto precede, a condizione che il contribuente avesse preventivamente provveduto al pagamento di tributi, sanzioni ed interessi, entro e non oltre il termine di 30 giorni dalla ricezione di apposita comunicazione.

La definizione di “avviso bonario” è invece emersa, per la prima volta, nei documenti di prassi dell’amministrazione finanziaria, con la Circolare Ministeriale n°132/E del 28.06.2000 : si trattava di un documento di prassi emesso dall’amministrazione per fornire agli uffici (ed ai contribuenti) istruzioni su come fronteggiare eventuali errori insiti negli avvisi bonari; il tutto al fine di non perdere il beneficio della riduzione delle sanzioni riservato ai contribuenti “di buona volontà”, disposti a fare ammenda.

Va tuttavia precisato, per amore di precisione, più che per un motivo di pratica utilità, che “l’avviso bonario” propriamente detto, sarebbe una comunicazione inviata ad opera del concessionario della riscossione su somme già iscritte a ruolo(2). Finalità tipica di detto atto emesso, ripeto, dal concessionario della riscossione, sarebbe quella di mettere il contribuente in condizione di pagare in anticipo rispetto alla notifica della cartella di pagamento, onde beneficiare di una riduzione del trattamento sanzionatorio.

Passando ad esaminare il contenuto della definizione di comunicazione di irregolarità”, preciso che ne viene fatta menzione dalle norme che rappresentano il riferimento per l’attività di “liquidazione delle imposte”, e precisamente, il terzo comma dell’articolo 36-bis del d.p.r. n. 600/73 e l’articolo 54-bis del d.p.r. n. 633/72. La citata “comunicazione” costituisce atto proprio dell’Agenzia delle Entrate, e riguarda somme evidenziate nel corso della attività di “liquidazione” poc’anzi richiamata, e non ancora oggetto di iscrizione a ruolo(3). Al pari dell’avviso bonario, la comunicazione di irregolarità ha principalmente lo scopo di ridurre le sanzioni irrogabili in capo ai contribuenti destinatari della medesima.

Per un’analisi approfondita del disposto di cui alle disposizioni inerenti l’attività di “liquidazione delle imposte”, rimando al seguito del presente contributo.

Con riferimento, infine, “all’esito del controllo formale”, rimando all’analisi dell’articolo 36-ter del d.p.r. n. 600/73, sul quale avremo modo di tornare nel prosieguo della trattazione.

Stante la “sostanziale” equivalenza del significato attribuito nella prassi operativa ai termini “avviso bonario” e “comunicazione di irregolarità”, indifferentemente richiamati con l’una o l’altra definizione persino dall’amministrazione finanziaria(4), ritengo sia il caso di adeguarsi alla prassi corrente, per ragioni di utilità ed intellegibilità .

Il particolare rilievo oggi attribuito da giurisprudenza e dottrina agli avvisi bonari, ha preso consistenza a seguito dell’emanazione dello Statuto del Contribuente : in particolare, ha influito in tal senso l’articolo 6 della legge citata, denominato “Conoscenza degli atti e semplificazione”, del quale cito il contenuto del 5° comma, di nostro specifico interesse. Il testo citato recita testualmente: “Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione delle richiesta… Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al presente comma”.

Come si avrà modo di comprendere da un’attenta lettura della disposizione, è evidente come la medesima possa essere foriera di “illusioni” di leopardiana memoria, per un ignaro contribuente che si veda recapitare una cartella di pagamento da liquidazione, o controllo formale, eseguito sulla dichiarazione da lui presentata : specialmente ove non abbia specifiche motivazioni “di merito” utili a difendersi! Tali “illusioni” tuttavia, erano evidentemente destinate a generare fatalmente un brusco risveglio, puntualmente verificatosi con gli effetti determinati dai recenti sviluppi forniti dalla giurisprudenza… Limitiamoci, per il momento, ad osservare che la norma statutaria condiziona l’invio della richiesta di chiarimenti (o “avviso bonario” che dir si voglia…), al caso in cui sussistano “incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione” : vedremo nell’analisi che seguirà come tale locuzione è stata oggetto di interpretazione e chiarimento.

Passerei adesso ad esaminare l’ambito applicativo della disposizione appena illustrata, con specifico riferimento alla normativa di riferimento per la liquidazione ed il controllo formale delle dichiarazioni.

      1. La liquidazione delle imposte derivanti delle dichiarazioni : analisi della normativa di riferimento

La liquidazione delle imposte, frutto di dichiarazione da parte dei contribuenti, è attività disciplinata da norme specificamente individuate, e differenziate in base alle imposte cui ci si riferisce :

    • articolo 36-bis del d.p.r. n. 600/73, per le imposte dirette ;

    • articolo 54-bis del d.p.r. n. 633/72, per l’iva.

Le due norme hanno connotati pressochè identici tra loro: ritengo pertanto di soffermare l’attenzione sulla prima delle due citate, con particolare riferimento, per il momento, ai primi due commi, che testualmente recitano come di seguito riportato : “Avvalendosi di procedure automatizzate, l’amministrazione finanziaria procede, entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo, alla liquidazione delle imposte, dei contributi e dei premi, dovuti, nonché dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta.”

L’articolo 36-bis procede quindi ulteriormente : “Sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria, l’Amministrazione finanziaria provvede a:

a) correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione degli imponibili, delle imposte, dei contributi e dei premi ;

b) correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze delle imposte, dei contributi e dei premi risultanti dalle precedenti dichiarazioni;

c)ridurre le detrazioni d’imposta indicate in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni ;

d)ridurre le deduzioni dal reddito esposte in misura superiore a quella prevista dalla legge ;

e)ridurre i crediti d’imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni;

f)controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti a titolo di acconto e di saldo, e delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta.”

Ecco quindi illustrate analiticamente le attività concernenti la Liquidazione delle imposte”, che tradotto in parole povere e di utilizzo comune, significherebbe poi “calcolo, determinazione, delle imposte dichiarate”…

Nella prosecuzione della lettura del disposto di cui all’articolo 36-bis, al terzo comma, si legge : “Quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione…, l’esito della liquidazione è comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta per evitare la reiterazione di errori… Qualora, a seguito della comunicazione, il contribuente o il sostituto di imposta rilievi eventuali dati o elementi non considerati valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi, lo stesso può fornire i chiarimenti necessari all’amministrazione finanziaria, entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.”

Ci appare quindi evidente come la normativa riferita all’attività di “Liquidazione delle imposte” limiti e condizioni l’invio della “comunicazione” al contribuente, al solo caso dell’emersione, a seguito dei controlli automatici eseguiti, di “un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione”!

Vedremo poi, al “tirare le somme” di questa nostra disamina, come il dettato normativo del decreto sull’accertamento (d.p.r. n°600/’73) possa conciliarsi con quello derivante dallo “Statuto dei diritti del contribuente”.

4 – Il “Controllo formale” delle dichiarazioni: analisi della normativa di riferimento

L’attività di accertamento consistente nel “controllo formale” costituisce attività distinta dalla precedente, disciplinata a norma dell’articolo 36-ter del d.p.r. n. 600/73, del quale vado a citare i passi più salienti allo scopo della presente trattazione.

La norma citata, al 1° comma, recita : “Gli uffici periferici dell’amministrazione finanziaria, procedono, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione, al controllo formale delle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta, sulla base dei criteri selettivi fissati dal Ministro delle finanze…”.

Prosegue quindi descrivendo in cosa consista tale tipologia di controlli :

a) escludere in tutto o parte lo scomputo delle ritenute di acconto non risultanti dalle dichiarazioni dei sostituti di imposta…o dalle certificazioni richieste ai contribuenti…;

b) escludere le detrazioni di imposta, in tutto o parte non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti…;

c)escludere in tutto o parte le deduzioni dal reddito non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti;

d)determinare i crediti d’imposta spettanti in base ai dati risultanti dalle dichiarazioni e ai documenti richiesti ai contribuenti.”

In sostanza gli uffici periferici, mediante l’attività di “controllo formale”, preso atto dell’apparente correttezza dei calcoli eseguiti nelle dichiarazioni presentate dai contribuenti, richiedono loro l’esibizione di documenti e certificazioni, a supporto “formale” e documentale di quanto dichiarato.

Nel terzo comma della norma in esame, la disposizione citata recita come segue : “… ai fini dei commi 1 e 2, il contribuente o il sostituto d’imposta è invitato…a fornire chiarimenti in ordine ai dati contenuti nella dichiarazione e ad eseguire o trasmettere ricevute di versamento e altri documenti non allegati alla dichiarazione…”.

Ma ancor più interessante, ai fini della presente trattazione, mi pare il contenuto del 4° comma, che riporto testualmente: “L’esito del controllo formale è comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta con l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica degli imponibili, delle imposte, delle ritenute alla fonte, … per consentire anche la segnalazione di eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo formale, entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.”

Ecco quindi “riemergere” le sembianze dell’avviso bonario, anche con riferimento all’attività di controllo formale… Se infatti la problematica oggetto del presente contributo riguarda in senso proprio l’attività di “liquidazione” delle imposte, ritengo che anche con riguardo al “controllo formale” si evidenzi un atto conclusivo, definito “esito del controllo formale” che, quanto meno da un punto di vista “sostanziale”, può ritenersi del tutto assimilabile all’avviso bonario, o comunicazione di irregolarità …

5 – Quando l’avviso bonario è realmente obbligatorio: la “voce” della Cassazione .

Alla luce delle norme sino ad ora illustrate, appare evidente la funzione dell’avviso bonario quale atto avente essenzialmente due finalità:

a) l’evitare il reiterarsi nel tempo di errori commessi da parte dei contribuenti nella redazione della dichiarazione dei redditi;

b) la riduzione del carico sanzionatorio gravante sui contribuenti stessi, al 30% della sanzione ordinariamente applicata.

Può quindi concludersi, richiamando l’Autrice di cui alla precedente nota n°5 al presente contributo, che “la funzione delle comunicazioni di irregolarità è di evitare la reiterazione degli errori, consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, nonché evitare che le somme vengano iscritte a ruolo, qualora il contribuente fornisca i chiarimenti necessari, ovvero quei dati ed elementi non valutati dall’ufficio.

In definitiva la comunicazione di irregolarità è un atto amministrativo il cui opportuno utilizzo può farsi risalire al principio di collaborazione cui deve improntarsi il rapporto Fisco-contribuente, alla luce dello Statuto dei diritti del contribuente (Legge 27.07.2000, n°212).”

Definite con chiarezza le funzioni dell’avviso bonario, occorre comprendere in quali casi tale atto sia obbligatorio, ed in quali altri non lo sia…

A tal fine richiamiamo :

a) il disposto del 3° comma degli articoli 36-bis del d.p.r. n. 600/73 e 54-bis del d.p.r. n. 633/72, che, in materia di “liquidazione” delle imposte, così si esprime : ““Quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione …, l’esito della liquidazione è comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta per evitare la reiterazione di errori…”;

b) il disposto di cui al 5° comma dell’articolo 6 dello “Statuto dei diritti del contribuente”, che enuncia quanto segue: “Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione delle richiesta… Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al presente comma”.

Le diverse “condizioni” che vengono richieste, al fine di rendere obbligatorio l’avviso bonario, sono quindi:

  • il sussistere di “incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”;

  • l’emergere, a seguito dell’attività di liquidazione derivante da controlli automatici, di “un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione”.

Orbene, un’efficace operazione di “cucitura” e “conciliazione” tra le condizioni appena esposte, è stato eseguito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17396 del 23.07.2010, e con l’ordinanza n. 22035 del 28.10.2010 . In tali occasioni, è stato affermato che la comunicazione di irregolarità (o avviso bonario), prevista dagli articoli 36-bis del d.p.r. n. 600/73 e 54-bis del d.p.r. n. 633/72, è necessaria soltanto laddove il controllo automatico della dichiarazione evidenzi “un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione”: in altre parole, soltanto laddove, si sia verificata qualche ipotesi di omissione o, comunque, di errore, da parte del contribuente.

Ma esaminiamo nel dettaglio il contenuto della sentenza n. 17396 del 23.07.2010, poc’anzi richiamata, per poter meglio comprendere quanto appena illustrato : una società ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza di appello che ne aveva rigettato il ricorso, e, per l’effetto, dichiarato legittima l’iscrizione a ruolo riferita ad Iva, Irpeg ed Irap, oltre ad addizionale Irpef, inerenti gli esercizi 2000 e 2001: preciso che l’iscrizione a ruolo delle predette imposte era direttamente riferita ad un’istanza di condono eseguita e presentata ai sensi dell’articolo 9-bis della legge n°289/2002, e che alla predetta istanza non era seguito il pagamento di quanto dovuto da parte della società istante(5). Tra le motivazioni portate nel ricorso dalla società ricorrente, saliente è ai nostri fini quella secondo la quale la stessa riteneva obbligatorio l’invio della preventiva comunicazione, da parte dell’ufficio accertatore, relativamente all’esito del controllo eseguito sulla dichiarazione (nello specifico sull’istanza) presentata, al fine di “anticipare il contradditorio alla fase procedimentale di determinazione della pretesa tributaria”.

La Suprema Corte rileva, nella sentenza in esame, come non sia stato oggetto di contestazione, da parte della società ricorrente, il fatto di non aver versato quanto dovuto a seguito della presentazione di istanza di condono. Rileva altresì che quanto iscritto a ruolo dall’ufficio accertatore, che ha formato oggetto della cartella di pagamento impugnata, altro non è se non quanto dichiarato dalla medesima società, ma non correttamente assolto tramite il pagamento delle somme a debito, evidenziate nell’istanza.

In altre parole, nel caso specifico :

a) non è emerso dai controlli automatici “un risultato diverso da quello indicato nella dichiarazione”;

b)non sono emerse “incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”.

Pertanto, nella fattispecie, nulla l’ufficio avrebbe dovuto comunicare preventivamente, dal momento che l’iscrizione a ruolo e la conseguente cartella non sono derivate da rettifiche apportate alla dichiarazione presentata, ma dall’omesso o insufficiente pagamento degli importi dovuti da parte della società.

In conclusione, quindi, la Cassazione ha negato l’obbligatorietà dell’ avviso bonario, nelle ipotesi di dichiarazione dalla quale emergano importi a debito, non pagati dal contribuente con regolari e tempestivi versamenti, e per questo iscritti a ruolo dall’amministrazione finanziaria.

6 – Quando il Fisco fa “il cattivo” : il ruolo del contradditorio

Possono verificarsi circostanze nelle quali il comportamento adottato dagli uffici non sia proprio “cristallino” ; nel seguito andrò ad esaminare, in estrema sintesi, alcune fattispecie nelle quali può capitare di imbattersi.

    1. Mancato invio di avviso bonario dovuto

Qualora, pur in presenza delle circostanze più volte chiarite in precedenza (risultato diverso da controllo automatico, ovvero incertezza su aspetti dichiarativi rilevanti), l’ufficio omettesse l’invio dell’avviso bonario, occorre rendersi conto che tale carenza comporterebbe unicamente l’eventuale riconoscimento della riduzione sanzionatoria connessa al predetto avviso.

Quanto precede, senza poter determinare l’inammissibilità della cartella di pagamento per tributo ed interessi: infatti, anche se dovuta, “… gli effetti dell’illegittimità derivante dalla mancata comunicazione di irregolarità, riguardano soltanto la determinazione della sanzione, e non anche le imposte liquidate ma non versate” (CT R Sicilia, Sez.XVIII, Sentenza n. 96 del 20.03.2002)

    1. Dopo l’avviso bonario, le osservazioni esposte in contradditorio non vengono considerate dall’ufficio.

Potrebbe ulteriormente accadere che, a seguito di un avviso bonario regolarmente pervenuto, il contribuente, recatosi presso gli uffici competenti e fatte presenti le proprie ragioni, venisse successivamente raggiunto da cartella di pagamento contenente iscrizione a ruolo, senza che quanto a suo tempo esposto e documentato sia stato tenuto in considerazione.

Occorrerà, in tale ipotesi, che le osservazioni siano riproposte in sede di opposizione a detta iscrizione a ruolo, formando così oggetto del giudizio che si verrà ad instaurare presso la competente commissione tributaria.

Sarà in quest’ultima sede che l’ufficio, con inversione dell’onere probatorio, dovrà fornire elementi giustificativi tesi a chiarire i motivi per cui non ha tenuto in considerazione quanto presentato ed esposto dal contribuente a seguito dell’avviso bonario. Laddove l’ufficio non fosse in grado di fornire i dovuti chiarimenti in merito, l’iscrizione a ruolo e la cartella relativa, potrebbero essere dichiarate nulle per difetti motivazionali.

Desidero in merito fare solo un riferimento alla presa di posizione piuttosto “sconcertante” presa dalla Suprema Corte, in materia di liquidazione e controlli automatici sulle dichiarazioni : con la sentenza n°26316, depositata il 29.12.2010, i giudici affermano lapidariamente che nel procedimento di accertamento il contradditorio non si erge a requisito essenziale(6). Orbene, tale pronuncia può dirsi ragionevole nel caso di omessi o tardivi versamenti di somme dichiarate dal contribuente. In tali casi infatti, non essendo obbligatorio neppure l’invio dell’avviso bonario, figuriamoci quindi il contradditorio ad esso conseguente! Non altrettanto può dirsi tuttavia per le casistiche ove tale avviso è obbligatorio, e si rende opportuno, oltre che necessario, l’instaurarsi della fase del dialogo e del contradditorio tra contribuente ed ufficio.

7 – L’avviso bonario non costituisce atto impugnabile

L’avviso bonario emesso ai sensi dei degli articoli 36-bis del d.p.r. n. 600/73 e 54-bis del d.p.r. n. 633/72 non costituisce atto impugnabile, non contenendo una pretesa tributaria definita. Gli avvisi citati consistono in meri inviti al contribuente affinchè questi porti chiarimenti a fronte di anomalie riscontrate a seguito di controllo automatizzato sulla sua dichiarazione. In tal senso si rileva ulteriormente come l’avviso bonario non sia ricompreso nell’elenco degli atti impugnabili di fronte alle commissioni tributarie, ai sensi dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 546/92. A fronte di eventuali impugnazioni di tal fatta, si tenga presente che gli uffici solleveranno eccezioni pregiudiziali di inammissibilità, con enormi (per non dire certe) possibilità di successo.

In tal senso si è, da ultimo, uniformata l’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 110/E del 22.10.2010.

Note

1) G.Antico -”Risolte le problematiche sull’avviso bonario”, in Consulenza n°40/2010 del 15.11.2010

2) Carmela Perna – “Cartella di pagamento e comunicazione di irregolarità” – in fiscalitax n. 12/2010.

3) Ricordo che con la locuzione “iscrizione a ruolo”, ci si riferisce alla formazione, da parte dell’Amministrazione Finanziaria, del “ruolo”, che altro non è, se non un elenco dei nominativi dei soggetti debitori, accompagnato dalle somme dagli stessi dovute ; tale elenco viene consegnato ai Concessionari della riscossione territorialmente competenti in base al domicilio dei debitori, i quali predisporranno le cartelle di pagamento (che “materializzano” ed “incorporano” il ruolo) per la notificazione.

4) Si veda, in tal senso, da ultimo, la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 110/E del 22 ottobre 2010.

5) Marco Denaro – “Definita l’incidenza sull’art. 36-bis, D.P.R. n.600/1973 della richiesta di chiarimenti ex art.6, comma 5, L. n. 212/2000” in “Finanza & Fisco” n. 36/2010.

6) Alfio Cissello – “Accertamento fiscale senza contradditorio”, in “Il quotidiano del commercialista” del 4.01.2011

24.01.2011

Giuseppe Pagani