Accertamento nullo anche se i dati dichiarati e quelli accertati divergono

il giudice tributario può liberamente valutare sia l’applicabilità degli standards al caso concreto, il cui onere della prova incombe all’ente impositore, che la controprova data dal contribuente che dispone della facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici

Nel caso si verifichi uno scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards”considerati dall’ufficio negli studi di settore, questo non assurge a presunzione grave, precisa e concordante che legittima l’accertamento emesso.

Quanto precede è contenuto nell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 29949 depositata il 9 dicembre 2010 da cui emerge che il giudice tributario può liberamente valutare sia l’applicabilità degli standards al caso concreto, il cui onere della prova incombe all’ente impositore, che la controprova data dal contribuente che dispone della facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non ha risposto all’invito al contraddittorio.

Nel caso che occupa la società aveva impugnato gli avvisi di accertamento emessi a titolo di IVA ed IRAP per gli anni di imposta 1999 e 2000 e il ricorso è stato accolto dai giudici di primo grado; il successivo gravame proposto dall’ufficio finanziario non è stato accolto dalla Commissione tributaria regionale e conseguentemente lo stesso ha proposto ricorso per cassazione. L’avviso era stato emesso dall’ente impositore in applicazione delle disposizioni in materia di accertamento delle imposte sui redditi contenute nell’art. 39, c. 1, del Dpr n. 600 del 1973 e proprio eccependo una presunta violazione delle predette norme l’ufficio stesso ha presentato ricorso ai giudici di legittimità.

Con la sentenza de qua i giudici di legittimità, avallando un precedente orientamento delle sezioni unite, hanno ritenuto che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore rappresenta un sistema di presunzioni semplici che in quanto tali non inficiano l’accertamento emesso che per questo rimane legittimo. Pertanto la gravità di dette presunzioni non è stabilita ex legge in relazione agli standard considerati ma è correlata al contraddittorio da instaurare obbligatoriamente con il contribuente. L’esito del contraddittorio non condiziona comunque l’impugnabilità dell’accertamento atteso che il giudice tributario può liberamente valutare sia gli standard emersi che la controprova offerta dal contribuente (Cass, SS.UU, 18 dicembre 2009, n. 26635).

In particolare, quest’ultimo ha la più ampia facoltà nel giudizio di impugnazione potendo ricorrere anche a presunzioni semplici nonché non rispondere all’invito al contraddittorio in ambito amministrativo e restando inerte. In tale ultimo caso, tuttavia, l’ufficio può motivare l’atto emesso sulla sola applicazione degli standard e della impossibilità di instaurare il contraddittorio nonostante l’esteso invito. Di conseguenza il giudice può considerare la rilevanza degli standard e tenerne conto per la situazione concreta del contribuente.

Pertanto la Suprema Corte ha ritenuto – atteso che nel giudizio di merito era stato correttamente applicato il principio secondo cui il mero scostamento dei ricavi, compensi o corrispettivi dichiarati dal contribuente rispetto a quelli attribuiti allo stesso dagli studi di settori non possono considerarsi presunzioni gravi, precise e concordanti -, la illegittimità degli accertamenti basati su tali studi trattandosi di giudizio astratto non riferibile alla situazione reale ed effettiva del contribuente accertato.

Sulla questione in esame la giurisprudenza di merito, confermando l’assunto dei giudici di legittimità, ha ritenuto che lo scostamento, ancorché grave, rispetto ai valori dallo studio si settore applicabile non autorizza l’utilizzazione automatica di tali valori, sussistendo l’onere dell’Ufficio impositore di motivare le ragioni per cui i rilievi addotti dal contribuente non siano idonei ad invalidare la presunzione semplice fondato sul predetto studio di settore (CTR Toscana 16 giugno 2010, n. 39).

L’ente impositore deve poter dimostrare l’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto dell’accertamento, tenendo conto delle argomentazioni del contribuente, anche se ritenute presunzioni semplici(1).

Diversamente se il contribuente in sede di contraddittorio, non esibisce elementi probatori che abbiano caratterizzato la gestione dell’attività in modo da giustificare lo scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli risultanti dagli studi di settore, avvalora l’applicabilità dei parametri previsti da tali settori (CTP Modena, 7 luglio 2010, n. 205).

Nota

1) CTR Calabria 18 marzo 2010, n. 680 e CTP Modena 19 settembre 2010, n. 201. La motivazione dell’accertamento fondato sugli studi di settore non può esaurirsi nella constatazione della sussistenza di uno scostamento tra i ricavi dichiarati e accertati, in quanto è onere dell’ufficio ricercare quegli elementi diretti a motivare l’anomalia e l’incongruenza di tale scostamento.

31 gennaio 2011

Enzo Di Giacomo