Le modalità di certificazione delle ritenute

una problematica sempre aperta: è possibile portare a scomputo delle imposte le ritenute subite anche in assenza di apposita certificazione da parte del sostituto?

La risposta parlamentare n. 5-03871 del 24 novembre 2010 ha diramato ogni dubbio circa l’interrogazione riguardante le ritenute d’acconto subite.

Il testo della risposta

L’interrogante ha segnalato che gli Uffici dell’Agenzia delle entrate, all’esito del controllo formale delle dichiarazioni, avrebbero inviato a diversi contribuenti – soggetti alle ritenute a titolo d’acconto per le prestazioni professionali effettuate – richieste di versamento di maggiori imposte in relazione al predetto obbligo di ritenuta.

Sul punto, dal punto di vista normativo, l’art. 36-ter, c. 2, lett. a), del D.P.R. n. 600/73, dispone che in sede di controllo formale delle dichiarazioni, gli Uffici periferici dell’Amministrazione finanziaria possono “escludere in tutto o in parte lo scomputo delle ritenute d’acconto non risultanti dalle dichiarazioni dei sostituti d’imposta … o dalle certificazioni richieste ai contribuenti”.

Ai fini del controllo citato è richiesto ai contribuenti di produrre la certificazione delle ritenute solo in caso di mancata corrispondenza tra i dati dichiarati con i dati riscontrati dalle dichiarazioni dei sostituti d’imposta, pertanto il controllo documentale è limitato alle posizioni per le quali sono rilevate delle incongruenze tra quanto scomputato dai sostituiti e quanto dichiarato dai sostituti.

Avviato il controllo, gli Uffici periferici valutano la certificazione prodotta dai contribuenti e procedono al recupero delle sole ritenute non correttamente documentate, inviando una comunicazione degli esiti con la motivazione della pretesa e il riepilogo delle somme da versare.

La comunicazione degli esiti è atto diverso dall’avviso di accertamento” che attiene, invece, all’attività di controllo sostanziale.

In merito alla corretta documentazione da produrre, viene richiamata la risoluzione n. 68/E, del 19 marzo 2009, che ha chiarito che qualora il contribuente non abbia ricevuto dal sostituto d’imposta, nei termini di legge, la certificazione delle ritenute effettivamente subite, le stesse possono essere documentate tramite l’esibizione congiunta della fattura e della relativa documentazione – proveniente da banche o altri intermediari finanziari – idonea a comprovare l’importo del compenso, al netto della ritenuta, effettivamente percepito.

Alla predetta documentazione deve essere allegata una dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui il contribuente dichiari, sotto la propria responsabilità, che la documentazione attestante il pagamento si riferisce ad una determinata fattura regolarmente contabilizzata.

La questione

Come è noto, con la R.M. n. 68/E del 19 marzo 2009, l’Agenzia delle Entrate ha svoltato in ordine alla possibilità di scomputare le ritenute subite dai contribuenti, allorquando gli stessi non siano in condizione di esibire la prescritta certificazione rilasciata dal sostituto d’imposta.

Nei casi in cui il contribuente non abbia ricevuto, nei termini di legge, dal sostituto d’imposta la certificazione delle ritenute effettivamente subite, le Entrate hanno ritenuto “che il contribuente sia comunque legittimato allo scomputo delle ritenute subite, a condizione che sia in grado di documentare l’effettivo assoggettamento a ritenuta tramite esibizione congiunta della fattura e della relativa documentazione, proveniente da banche o altri intermediari finanziari, idonea a comprovare l’importo del compenso netto effettivamente percepito, al netto della ritenuta, così come risulta dalla predetta fattura”.

Nell’ipotesi in cui fattura e documentazione siano prodotte in sede di controllo formale ai sensi dell’art. 36-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, il contribuente dovrà allegare una dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui dichiari, sotto la propria responsabilità, che la documentazione attestante il pagamento si riferisce ad una determinata fattura regolarmente contabilizzata.

Nelle ipotesi di controllo ai sensi dell’art. 36-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, infatti, “limitatamente ai redditi di lavoro autonomo e d’impresa, la predetta dichiarazione sostitutiva, accompagnata sia dalla fattura, in cui è generalmente indicato l’ammontare della ritenuta (la cui emissione comporta, di norma, l’esigibilità dell’imposta sul valore aggiunto e, di conseguenza, costituisce l’emittente debitore verso l’erario), sia dalla documentazione rilasciata da banche o altri operatori finanziari, assume un valore probatorio equipollente a quello della certificazione rilasciata dal sostituto d’imposta, rilevando la stessa come dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà di cui all’art. 47 del D.P.R. n. 445/2000, che tiene luogo della certificazione rilasciata dal sostituto d’imposta”.

Con la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà il contribuente è infatti tenuto a dichiarare, sotto la propria responsabilità, che la documentazione prodotta è riferita esclusivamente alla fattura e che a fronte della stessa non vi sono stati altri pagamenti da parte del sostituto.

A tale interpretazione si è giunti dopo diverse pronunce della Corte di Cassazione. Si segnalano, fra le più recenti:

  • la sentenza n. 3304 del 19 febbraio 2004, secondo cui la certificazione dei sostituti d’imposta delle ritenute operate, non allegate alla dichiarazione, può essere dimostrata in giudizio dal contribuente, in quanto “la dichiarazione dei redditi del contribuente affetta da errore (ovvero mancante della documentazione prescritta) è in linea di principio emendabile ed integrabile in ogni tempo quando dalla dichiarazione possono derivare al dichiarante oneri impositivi diversi e più gravosi di quelli che dovrebbero essere, in base alla legge, a suo carico”;

  • la sentenza n. 12072 del 18 marzo 2008 (dep. il 16 aprile 2008) che ha affermato che “non v’è dubbio che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 3 nel testo all’epoca vigente prevedeva che la certificazione relativa alla ritenuta alla fonte doveva essere rilasciata dal sostituto d’imposta ed allegata alla dichiarazione dei redditi (le persone fisiche che hanno percepito somme o valori soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’acconto, devono allegare alla dichiarazione, un certificato del sostituto d’imposta attestante l’ammontare delle somme e dei valori corrisposti con l’indicazione della relativa causale e l’ammontare delle ritenute operate). La documentazione prescritta non può essere sostituita da equipollenti, come ad esempio dal c.d. conto individuale tenuti dai sostituti d’imposta, ai sensi dei ricordato D.P.R. n. 917 del 1986, art. 21, nel testo vigente prima delle modifiche legislative del 1994”. Inoltre, la Corte sostiene che “non sembra inoltre conferente il richiamo alla normativa attuale che non richiede più l’allegazione delle certificazioni in parola come adempimento del contribuente dichiarante; invero è comunque prescritto che questi conservi la documentazione certificativi delle ritenute d’acconto per tutto il periodo di decadenza dei potere d’accertamento da parte dell’Ufficio; infatti nei casi di controllo la prova della ritenuta alla fonte può essere data solo con tale precipua documentazione. In altre parola, in subiecta materia, la nuova disciplina non fa che confermare la tesi dell’Amministrazione finanziaria”.

Si segnala, da ultimo, la sentenza n. 105 del 22 settembre 2010 (ud. del 14 luglio 2010) della CTP di Treviso, Sez. VII – che ha ritenuto che, laddove il contribuente dimostri, anche attraverso documentazione diversa dalla attestazione da rilasciarsi a cura del sostituto, di aver percepito i proventi al netto della ritenuta d’acconto, spetta all’Amministrazione finanziaria assicurarsi attraverso l’esercizio delle facoltà di controllo e dei poteri autoritativi circa l’effettivo versamento delle ritenute operate.

6 dicembre 2010

Roberta De Marchi