Sbarrata la strada ai rimborsi

una volta definite le imposte con una procedura deflattiva del contenzioso, non è più possibile chiederle a rimborso

Con sentenza n. 20732 del 6 ottobre 2010 (ud. del 25 maggio 2010) la Corte di Cassazione ha sbarrato la strada alla richiesta di rimborsi dopo aver definito la posizione, ai sensi del D.Lgs.n.218/97.

Il processo

Il punto centrale della controversia consiste nello stabilire se, una volta che l’accertamento (nella fattispecie, dell’imposta di registro e dell’INVIM) sia stato definito con adesione, mediante il procedimento previsto dal D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, e la definizione si sia perfezionata con il versamento delle somme dovute, ai sensi dell’art. 9 del citato d.lgs., il contribuente conservi la facoltà di proporre istanza di rimborso di quanto a suo avviso versato in eccesso a seguito di errore che avrebbe viziato, ex art. 1427 c.c., la volontà manifestata con l’istanza di adesione e con la successiva sottoscrizione dell’atto (di natura negoziale).

La sentenza

La risposta della Corte di Cassazione al quesito posto è stata negativa.

È sufficiente rilevare che, ai sensi dell’art. 2, comma 3 (per le imposte sui redditi e sull’Iva), e art. 3, comma 4 (per le altre imposte indirette, come quelle di citi alla fattispecie in esame), del D.Lgs. n. 218 del 1997, ‘l’accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione, non è integrabile o modificabile da parte dell’Ufficio’ (fatto salvo, limitatamente alle imposte di cui all’art. 2, l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice da parte dell’Ufficio nelle ipotesi indicate nel comma 4 di detta norma). Il fatto che avverso l’accertamento definito con adesione sia preclusa l’impugnazione (ovviamente – s’intende – per qualsiasi causa) non può che comportare la ovvia conseguenza della improponibilità di istanze di rimborso di quanto versato a perfezionamento dell’accordo, le quali non costituirebbero altro che una surrettizia forma di impugnazione di quest’ultimo, che deve ritenersi intangibile, in conformità alla ratio dell’istituto, connotata, a fronte dell’effetto premiale per il contribuente, dall’interesse pubblico alla immediata acquisizione delle somme risultanti dall’accordo, le quali, una volta versate, non possono più essere messe in discussione attraverso richieste di rimborso (con l’ulteriore effetto della deflazione del contenzioso) (cfr. Cass. n. 18962/2005)”.

Nota

Il comma 3 dell’art. 2 del D.Lgs.n.218/97 (ai fini Imposte dirette ed Iva) stabilisce -in via preliminare- che l’accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione e non è integrabile o modificabile da parte dell’ufficio, ad eccezione delle ipotesi tassativamente previste dal successivo comma 4.

Il perfezionamento dell’atto di adesione comporta, in via generale, la definizione dei rapporti di imposta che hanno formato oggetto del procedimento: pertanto, nella maggior parte dei casi, l’accertamento con adesione avrà carattere definitivo (cfr. circ. n. 235/1997).

Tuttavia, il 4° comma dell’art. 2 contiene delle disposizioni volte a contemperare, da un lato, la legittima esigenza dei contribuenti di avere certezze in ordine alla possibilità di chiudere definitivamente la propria posizione fiscale per un determinato periodo d’imposta e, dall’altro, l’interesse pubblico a recuperare a tassazione rilevanti evasioni d’imposta, non emerse al momento della redazione dell’atto di adesione.

A tal fine, la delega contenuta nell’art. 3, c. 120, lett. h) della legge n. 662/1996 aveva previsto tassative ipotesi di integrazione all’atto di adesione: in senso conforme, il legislatore delegato ha riservato all’Amministrazione finanziaria la possibilità di effettuare ulteriori accertamenti, anche dopo l’intervenuta definizione dell’annualità, nel caso in cui ricorrano le seguenti condizioni:

a) sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi che consentano di accertare un maggior reddito imponibile superiore al 50 % di quello definito e comunque non inferiore a lire 150 milioni (euro 77.468,53);

b) la definizione ha riguardato un accertamento parziale(1);

c) qualora la definizione dei partecipanti in società di persone ed associazioni professionali abbia riguardo esclusivamente ai redditi di partecipazione: in questo caso la successiva azione dell’ufficio può essere espletata per le categorie reddituali diverse da quelle di partecipazione;

d) qualora, successivamente alla definizione, venga accertato un maggior reddito nei confronti delle società di persone o equiparate alle quali partecipa il soggetto che ha definito l’accertamento con adesione. L’accertamento successivo, in questo caso, potrà riguardare soltanto il maggior reddito di partecipazione attribuibile al socio o all’associato in conseguenza dell’accertamento effettuato nei confronti della società o associazione.

Al di fuori di queste ipotesi tassative non vi sono spazi ulteriori.

Allo stesso modo, l’art. 3 del D.Lgs. n. 218/97, ai fini delle imposte indirette diverse dall’Iva, dispone che l’accertamento definito con l’adesione del contribuente non è impugnabile in sede contenziosa, ne integrabile o modificabile dall’ufficio: l’autonoma e diversa disciplina dettata per le imposte indirette ed il mancato richiamo ad elementi nuovi ovvero ad altre circostanze particolari, induce a ritenere che anche in presenza di ulteriori elementi è preclusa qualsiasi ulteriore azione accertatrice, a prescindere dall’importo della maggiore imposta potenzialmente accertabile.

La stessa pronuncia n. 18962 del 28 settembre 2005 (ud. del 16 marzo 2005) della Corte di Cassazione, richiamata nella sentenza in rassegna, aveva già affermato che l‘accertamento delle imposte sui redditi (e dell’imposta sul valore aggiunto), definito con adesione del contribuente, non poteva essere messo in discussione dal contribuente con una domanda di rimborso di quanto pagato. “al riguardo è da ritenersi che, una volta comunque rideterminato, in via di adesione, il reddito imponibile ed assolto dalla società a quanto dovuto (ai fini dell’Irpeg e dell’Ilor) sul reddito così rideterminato non possono essere prese più in considerazione delle istanze di rimborso afferenti l’annualità definita, pena l’alterazione, in contrasto con quanto disposto dall’art. 2, comma 3, del D.Lgs. n. 218/1997, della misura della base imponibile concordata fra le parti. Invero, l’art. 2, comma 3, della indicata fonte normativa stabilisce, per quanto qui rileva, che ‘l’accertamento con adesione non è soggetto ad impugnazione’ e che lo stesso “non è integrabile o modificabile da parte dell’ufficio…’ (salvo i casi, che qui non ricorrono, di cui al comma 4 del citato art. 2), e pertanto ‘da tale disciplina normativa si ricava chiaramente che, da parte del contribuente, il reddito definito con adesione non può successivamente essere mai rimesso in discussione’”.

Per completezza d’analisi si ricorda che con sentenza n. 86 del 4 novembre 2009 (ud. del 21 ottobre 2009) la CTP di Torino, Sez. XX, ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato anche avverso l’accertamento definito attraverso la procedura di adesione di cui all’art. 5-bis, D.Lgs. n. 218/1997. L’art. 5-bis del D.Lgs. 218/1997 stabilisce che: “il contribuente può prestare adesione anche ai verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto redatti ai sensi dell’articolo 24 della Legge 7 gennaio 1929 n. 4, che consentano l’emissione di accertamenti parziali previsti dall’articolo 41 bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 600, e dall’articolo 54, quarto comma del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633. L’adesione di cui al comma 1 può avere ad oggetto esclusivamente il contenuto integrale del verbale di constatazione … (omissis)“. L’art. 2 c. 3 del D.Lgs. 218/97 testualmente prevede “l’accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione, non è integrabile o modificabile da parte dell’ufficio“. Sulla base di queste considerazioni la Commissione tributaria ha dichiarato inammissibile il ricorso.

In conclusione, così come l’atto di adesione preclude ulteriore azione accertatrice, al di fuori dei casi espressamente visti, così l’accettazione integrale del pvc non permette ripensamenti successivi né dà diritto a richiedere successivamente perdite pregresse non computate, né dà diritto ad avere rimborsi – per annualità precedenti o successive – per l’eventuale accettazione di rilievi.

NOTA

1) Per un esame di tale interessante e rilevante problematica, si rinvia ad ANTICO, Accertamento con adesione: l’ulteriore azione accertatrice nei casi di accertamenti parziali, in il fisco, n.7/2002, fasc. n. 1, pag. 966

16 novembre 2010

Gianfranco Antico