Sicurezza sul lavoro: il documento di valutazione da stress lavoro correlato

dopo il rinvio al 31 dicembre 2010 i datori di lavoro sono chiamati a velocizzare il processo di valutazione al fine di predisporre per tempo il documento “stress lavoro correlato”

Il documento sulla valutazione del rischio da stress correlato è da redigere entro il 31 dicembre 2010. L’obbligo interessa datori di lavoro pubblici e privati.

 

Con la conversione del Dl 31 maggio 2010, n. 78 (ora Legge 122/2010), recante “misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, è stato differito il termine d’entrata in vigore delle disposizioni contenute nell’art. 28, c. 1, del Dlgs 9 aprile 2008, n. 81, che obbligano il datore di lavoro a valutare i rischi da stress lavoro correlato. Questo adempimento rappresenta uno degli aspetti più controversi dell’ultima riforma della disciplina prevenzionistica, per i molteplici profili oscuri sia d’ordine metodologico sia applicativo sia non sono ancora stati risolti.

 

Il rischio stress da lavoro nasce grazie ai nuovi assetti di mercato, alla proliferazione di forme atipiche di lavoro, al sempre più frequente fenomeno del mobbing.  Si sottopongono a valutazione le diverse condizioni di lavoro capaci di produrre danni all’integrità psicofisica del lavoratore, vengono coinvolti anche i lavori di informatica, comunicazione, istruzione, ingegneria, intrattenimento, ecc. in cui ai lavoratori viene richiesto un crescente sforzo mentale, un continuo aggiornamento e capacità di adattamento. In questo quadro si prospettano nuove responsabilità per i datori di lavoro, e la materia è destinata ad ulteriore crescita in futuro.

 

Alcuni studi hanno individuato cinque tipologie di variabili che possono innescare la “miccia” stress:

1.     ricorso a nuove forme di contratti di lavoro instabili combinato con l’incertezza e l’insicurezza del lavoro stesso;

2.     impiego di forza lavoro sempre più anziana, quindi poco flessibile e poco adattabile ai cambiamenti organizzativi, per la mancanza di un adeguato turnover;

3.     alti carichi di lavoro, con l’effetto di significative pressioni sui lavoratori da parte del management;

4.     tensione emotiva elevata, per violenze e molestie sul lavoro;

5.     interferenze e squilibrio tra il lavoro e la vita privata.

 

Queste “criticità” sono state prese in considerazione dal legislatore nel Dlgs n. 81/2008 elevando la tutela del “benessere lavorativo” rispetto alla considerazione iniziale dello storico Dlgs n. 626/1994. Viene codificata la nozione di responsabilità sociale delle imprese, intesa come “integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle aziende e organizzazioni nelle loro attività commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”, e viene richiamato espressamente l’obbligo da parte del datore di lavoro di valutare i rischi collegati allo stress lavoro correlato. Purtroppo, come spesso succede nella nostra legislazione, viene proposta una norma imperativa a precetto generico senza tener conto, vista la complessità della materia, l’interpretazione dei contenuti, i criteri metodologici specifici da applicare. Proprio la genericità dell’obbligo statuito e l’acceso contrasto esistente sul fronte scientifico avevano determinato un primo rinvio al 16 maggio 2009 e successivamente stabilito al 1° agosto 2010,  infine al 31 dicembre 2010.

 

I punti critici della materia si possono così riassumere:

 

§        la genericità delle previsioni contenute nel Dl n. 81/2008 e nell’Accordo europeo del 2004;

§        la natura stessa di questa tipologia di rischi, che si presenta molto particolare e, a differenza di altri rischi come per esempio quelli fisici, i cui effetti sono simili per tutti i lavoratori esposti, quelli da stress lavoro correlato la percezione e la cosiddetta esperienza possono essere molto diverse da soggetto a soggetto anche se si trovano ad operare nelle stesse condizioni;

§        le notevoli difficoltà a stabilire un nesso di causalità certo tra esposizione al rischio, tipo di danno e gravità del danno;

§        l’esistenza di molteplici e spesso contrastanti orientamenti metodologici e applicativi espressi dalla comunità scientifica.

 

Si rende necessario per le imprese un’attivazione immediata. Uno strumento utile al processo può essere la Guida operativa “Valutazione e gestione del rischio da stress lavoro correlato” del Coordinamento tecnico interregionale della Prevenzione nei luoghi di lavoro, pubblicata nel marzo 2010. Nel documento si propone un percorso di valutazione e di gestione del rischio che prevede le seguenti attività:

§        azioni comunicative ed informative: è il punto di partenza dell’intero percorso ed è finalizzato a sensibilizzare tutti i lavoratori sui problemi dello stress e a rendere noto l’impegno da parte del management in tale ambito;

§        analisi documentale: consiste nella raccolta dei dati fondamentali per caratterizzare preliminarmente il contesto aziendale di riferimento, acquisendo l’organigramma, i flussi comunicativi, le risorse umane, i dati sulle assenze per malattie, infortuni, richieste di cambio mansioni, ecc.;

§        azioni formative: devono essere attuati percorsi formativi differenziati per le diverse figure della prevenzione (lavoratori, dirigenti, preposti, Rls), al fine di trasferire conoscenze e competenze finalizzate alla prevenzione del rischio, anche allo scopo di favorire e qualificare la partecipazione effettiva dei lavoratori nella fase valutativa e rafforzare le diverse competenze per la gestione costante del rischio specifico;

§        valutazione del rischio: tale fase, preceduta delle azioni precedentemente descritte, si basa su una valutazione oggettiva tramite metodi di osservazione diretta; una valutazione soggettiva tramite l’analisi della percezione dei lavoratori; un report conclusivo con l’analisi dei dati e la definizione dei livelli di rischio a cui saranno associate le misure d’intervento;

§        gestione del rischio: consiste nella programmazione e attuazione degli interventi di prevenzione e protezione, adottando soluzioni di prevenzione collettiva.

 

Circa il contenuto del documento di valutazione dei rischi la predetta Guida suggerisce di riportare le seguenti informazioni:

1) le azioni di sensibilizzazione ed informazione effettuate, i soggetti coinvolti e gli strumenti adottati;

2) l’analisi documentale in ordine alla descrizione dell’organizzazione del lavoro, della gestione del sistema di sicurezza e tutela della salute e dei flussi informativi inerenti gli indicatori aziendali di stress lavoro correlato;

3) le azioni formative intraprese per le varie figure interne (strumenti adottati e durata delle iniziative);

4) il processo valutativo effettuato con gli strumenti di indagine oggettiva/soggettiva utilizzati ed il report di analisi dei dati con il livello di rischio per aree/gruppi omogenei;

5) il programma delle misure di prevenzione/protezione collettiva ed individuale da attivare con la tempistica di intervento ed il ruolo dei soggetti aziendali che vi devono provvedere;

6) l’eventuale sorveglianza sanitaria mirata ai gruppi a rischio, implementata nel piano sanitario esistente, compresi i programmi di promozione della salute su base volontaria;

7) il piano di monitoraggio/followup con relativa tempistica.

 

Per i datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori l’art. 29, c. 5, del Dlgs n. 81/2008, consente ancora di ricorrere allo strumento dell’autocertificazione dell’avvenuta valutazione dei rischi in alternativa alla redazione del documento di valutazione dei rischi: tale facoltà è esercitabile fino alla scadenza del diciottesimo mese successivo all’entrata in vigore dell’apposito decreto interministeriale che dovrà individuare le procedure standardizzate per la valutazione dei rischi e comunque non oltre il 30 giugno 2012. Per quanto attiene, invece, il documento di valutazione da stress lavoro correlato, è prevista solo la fase di valutazione oggettiva e non anche quella soggettiva basata su questionari, focus group, interviste. Questa indicazione non è condivisa in toto, per esempio la Regione Lombardia ha osservato che “… per qualsiasi azienda indipendentemente dalla numerosità (sopra e/o sotto i 10 addetti) debba sempre essere effettuata un’indagine che preveda l’esame di elementi sia oggettivi sia soggettivi, con le dovute e necessarie semplificazioni per le piccole aziende, attraverso strumenti condivisi e scelti dal sistema di prevenzione aziendale (datore di lavoro, Rspp, Medico Competente, Rls)”.

 

Le sanzioni

L’omessa valutazione dei rischi da stress lavoro correlato è soggetta a sanzione. Il tipo di contravvenzione è di natura penale; il datore di lavoro è punibile con l’arresto da 3 a 6 mesi o con un’ammenda da 2.500 a 6.400 euro . Tale sanzione si applica anche qualora non sia redatto il documento di valutazione dei rischi, ovvero la valutazione è stata effettuata senza la prescritta collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e del medico competente. La redazione incompleta del documento di valutazione dei rischi, carente delle misure di prevenzione e protezione o del programma di miglioramento o delle procedure da attuare e dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere comporta l’applicazione dell’ammenda da 2.000 a 4.000 euro. Per il mancato riporto della relazione con i criteri di valutazione adottati o le mansioni che espongono i lavoratori a rischi specifici è prevista l’ammenda da 1.000 a 2.000 euro. In tutte le fattispecie di reato il datore di lavoro potrà beneficiare dell’istituto della prescrizione obbligatoria disciplinato dal Dlgs n. 758/1994, il cui ambito applicativo è stato esteso dal Dlgs n. 106/2009 anche alle contravvenzioni punite con la sola ammenda (art. 301 Dlgs n. 81/2008), sanando l’illecito commesso entro il termine imposto dall’organo di vigilanza e versando entro il termine perentorio di 30 giorni una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa.

 

16 Ottobre 2010

Angelo Facchini