L'omessa notificazione della cartella

nel caso di mancata notifica della cartella, contro chi deve far ricorso il contribuente se riceve atti successivi alla cartella stessa?

La mancata notificazione della cartella di pagamento comporta un vizio della sequenza procedimentale dettata dalla legge, la cui rilevanza non è esclusa dalla possibilità, riconosciuta al contribuente dall’art. 19, c. 3, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di esercitare il proprio diritto di difesa a seguito della notificazione dell’avviso di mora, e che consente dunque al contribuente di impugnare quest’ultimo atto, deducendone la nullità per omessa notifica dell’atto presupposto o contestando, in via alternativa, la stessa pretesa tributaria azionata nei suoi confronti. In entrambi i casi, la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario al quale, se è fatto destinatario dell’impugnazione, incombe l’onere di chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario (Cassazione, Sez. trib., ordinanza n. 19476 del 13 settembre 2010). Orbene ,alla luce dell’insegnamento delle sezioni unite del giudice di legittimità (sent. n. 5791 del 12 febbraio 2008 dep. il 4 marzo 2008 della Corte Cass., SS.UU.) la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza ordinata secondo una progressione di determinati atti, con le relative notificazioni, destinati, con diversa e specifica funzione, a farla emergere ed a portarla nella sfera di conoscenza dei destinatari, allo scopo, soprattutto, di rendere possibile per questi ultimi un efficace esercizio del diritto di difesa. Nella predetta sequenza, l’omissione della notificazione di un atto presupposto costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta o di impugnare, per tale semplice vizio, l’atto consequenziale notificatogli – rimanendo esposto all’eventuale successiva azione dell’amministrazione, esercitabile soltanto se siano ancora aperti i termini per l’emanazione e la notificazione dell’atto presupposto – o di impugnare cumulativamente anche quest’ultimo (non notificato) per contestare radicalmente la pretesa tributaria.

Con la conseguenza che spetta al giudice di merito – la cui valutazione, se congruamente motivata, non sarà censurabile in sede di legittimità interpretare la domanda proposta dal contribuente al fine di verificare se egli abbia inteso far valere la nullità dell’atto consequenziale in base all’una o all’altra opzione; compete al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che nel primo caso deve verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia deve riguardare l’esistenza o no di tale pretesa (Cassazione sentenza n. 18356 del 3 luglio 2008) È affetto da nullità l’atto impositivo per il quale risulti omessa la notificazione al contribuente dell’atto che ne costituisce antecedente logico e presupposto giuridico e tale invalidità derivata può essere fatta valere in sede di impugnazione per mezzo di apposito motivo di ricorso (Sent. n. 20935 del 12 luglio 2007 dep. il 5 ottobre 2007 della Corte Cass., Sez. tributaria).

In definitiva, costituisce principio consolidato l’affermazione secondo cui l’omissione della notificazione di un atto presupposto costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato e tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta di impugnare, per tale vizio, l’atto consequenziale notificatogli (Sent. n. 1024 del 26 ottobre 2007 dep. il 18 gennaio 2008 della Corte Cass., Sez. tributaria).

La sentenza della Cassazione a Sezioni unite (16412/07), pronunciatasi sulla legittimazione passiva in caso di impugnazione di un avviso di mora non preceduto dalla notifica della cartella di pagamento, ha individuato «indifferentemente» nell’ente creditore o nell’agente della riscossione il soggetto legittimato a resistere nei giudizi relativi ad atti dell’agente della riscossione. Secondo l’ultimo indirizzo giurisprudenziale del giudice di legittimità l’aver il contribuente individuato nell’uno o nell’altro il legittimato passivo nei cui confronti dirigere la propria impugnazione non determina l’inammissibilità della domanda (rectius: ricorso), ma può comportare la chiamata in causa dell’ente creditore nell’ipotesi di azione svolta avverso il concessionario, onere che, tuttavia, grava su quest’ultimo, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio (Cass. sezioni unite sentenza n. 16412 del 2007). Il giudice non può ordinare ex officio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non sussiste tra ente creditore e concessionario una fattispecie di litisconsorzio necessario, anche in ragione dell’estraneità del contribuente al rapporto (di responsabilità) tra l’esattore e l’ente impositore. L’azione, secondo le sezioni unite del giudice di legittimità, può essere svolta dal contribuente indifferentemente nei confronti dell’ente creditore o del concessionario e senza che tra costoro si realizzi un’ipotesi di litisconsorzio necessario, essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la facoltà di chiamare in causa l’ente creditore ex articolo 23 del D.Lgs. 546/92. La deduzione in giudizio di un vizio di notificazione non rende necessaria la chiamata del concessionario stesso ad integrare il contraddittorio a pena di improcedibilità del ricorso o dell’appello. L’ente creditore rimane, infatti, pur sempre la Pubblica amministrazione nelle sue varie articolazioni (Stato, regione, provincia, comune, eccetera) e, in quanto domina della pretesa impositiva, qualora si serva di un mandatario (il cosiddetto “braccio esecutivo” dell’ente creditore), quale la concessionaria per la riscossione, ai fini della sola materiale esazione del tributo dovuto, sarà onere della stessa Amministrazione titolare del credito tributario eventualmente agire per il risarcimento del danno nei confronti del mandatario-concessionario, in base ad un rapporto interno rispetto al quale il terzo contribuente rimane del tutto estraneo(in tal senso sentenza n. 23 del 22 gennaio 2007 dep. il 21 marzo 2007 della CTR di Roma, sez. XXVI). La tardività della notificazione della cartella non costituisce vizio proprio di questa, tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio: la legittimazione passiva spetta pertanto all’ente titolare del credito e non già al concessionario al quale se è fatto destinatario dell’impugnazione incombe l’onere di chiamare in giudizio l’ente predetto, se non vuole rispondere all’esito della lite non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario (Cassazione ordinanza n. 4900 del 27 febbraio 2009).

13 OTTOBRE 2010

ANGELO BUSCEMA

CASSAZIONE, Sez. trib., Ord. n. 19476 del 13 settembre 2010

Ritenuto in fatto – Che, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

1. pubblico ministero propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 201/08/07, depositata il 21 novembre 2007, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo del contribuente avverso avvisi di mora per Irpef ed Ilor relative al 1988, in quanto proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate anziché del Concessionario della riscossione Gest Line S.p.a.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

2. Il ricorso, con il quale si contesta l’anzidetto ratio decidendi, appare manifestamente fondato, in virtù del principio secondo il quale la mancata notificazione della cartella di pagamento comporta un vizio della sequenza procedimentale dettata dalla legge, la cui rilevanza non è esclusa dalla possibilità, riconosciuta al contribuente dall’art. 19, comma 3, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di esercitare il proprio diritto di difesa a seguito della notificazione dell’avviso di mora, e che consente dunque al contribuente di impugnare questo ultimo atto, deducendone la nullità per omessa notifica dell’atto presupposto (come avvenuto nella specie, in base a quanto risulta dalla stessa sentenza impugnata) o contestando, in via alternativa, la stessa pretesa tributaria azionata nei suoi confronti: in entrambi i casi, la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario (al quale, se è fatto destinatario dell’impugnazione, incombe l’onere di chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario) (Cass., SS.UU., n. 16412/2007 e successive conformi).

3. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie.

Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, riaffermato il principio di diritto sopra richiamato, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania, la quale procederà a nuovo esame della controversia, uniformandosi al detto principio, oltre a provvedere in ordine alle spese anche del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M. – la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione tributaria regionale della Campania