Falsi crediti sotto l’occhio del Fisco. Dal 2010, le compensazioni Iva con il modello F24 sono sotto il controllo del Fisco. Sono stati anche “allungati” i termini per l’utilizzo dei crediti Iva annuali, che scaturiscono dalle dichiarazioni annuali Iva, o infrannuali che risultano dal modello Iva TR. La “stretta”, che riguarda i crediti Iva di importo superiore a 10mila euro, è entrata in vigore dal 1° gennaio 2010.
Inoltre, i contribuenti che, dal 1° gennaio 2010, intendono usare in compensazione crediti Iva per importi superiori a 15mila euro annui hanno l’obbligo di chiedere l’apposizione del visto di conformità sulle dichiarazioni dalle quali emerge il credito. Occorre anche precisare che le nuove regole sulle compensazioni dei crediti annuali o infrannuali riguardano solo i casi in cui il contribuente compensa nel modello F24 il credito Iva con i versamenti di altri tributi, contributi e premi. Le nuove norme sono invece irrilevanti nel caso in cui il contribuente esegue la vecchia compensazione “Iva da Iva”.
Le denominazioni usate per distinguere la compensazione tra i debiti e i crediti sono diverse.
La compensazione vecchia e nuova
La più ricorrente denominazione distingue la compensazione tra vecchia e nuova. La compensazione vecchia, denominata anche “interna”, “semplice” o “verticale”, è quella tradizionale ed era la sola che si poteva fare fino a qualche anno fa; è quando si usa il credito per compensare i debiti della stessa natura (Iva da Iva, Irpef da Irpef, Irap da Irap, eccetera). Chi esegue la vecchia compensazione non è obbligato a presentare il modello F24. La nuova compensazione, introdotta dal maggio del 1998 dal decreto legislativo 241/97, è chiamata anche compensazione “esterna”, “mista” o “orizzontale”; essa consente lo scambio tra debiti e crediti di tributi, contributi e premi, di diversa natura; così, ad esempio, il credito Iva può essere usato per compensare i versamenti di tributi, contributi o premi, da effettuare con il modello F24, cioè con gli importi a debito di qualsiasi sezione dello stesso modello F24, Iva compresa. Chi si vale della compensazione introdotta dal decreto legislativo 241/97 deve presentare il modello F24, anche nel caso in cui il saldo è uguale a zero, perché i crediti sono di importo pari o superiore ai debiti. I crediti possono essere usati indifferentemente per le vecchie e per le nuove compensazioni.
Dal 2010 in vigore le nuove regole
Come confermato dalla stessa agenzia delle Entrate, con un comunicato stampa del 2 luglio 2009, le regole sulle compensazioni previste dalla manovra d’estate 2009 sono scattate dal 1° gennaio 2010, fermo restando che la “stretta” sui crediti riguarderà solo i crediti Iva annuali o infrannuali. Nessuna stretta perciò sugli altri crediti, Irpef, Irap, Ires, contributi previdenziali, o altro, che potranno essere usati liberamente, nel rispetto delle regole finora vigenti. Il comma 1 dell’articolo 10, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, cosiddetta manovra d’estate 2009, introduce nuove disposizioni allo scopo di contrastare gli abusi e corrispondentemente per incrementare la liquidità delle imprese, tramite un riordino delle norme concernenti il sistema delle compensazioni fiscali volto a renderlo più rigoroso. E’ previsto l’inserimento di un periodo all’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Il periodo inserito dispone letteralmente che la compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all’anno dell’Iva, per importi superiori a 10.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito emerge.
Questo significa, ad esempio, che, dal 2010, il credito Iva annuale relativo al 2009, per importi superiori a 10.000 euro annui, potrà essere usato solo a partire dal 16 marzo 2010 (se, naturalmente, la dichiarazione annuale sarà presentata entro il mese di febbraio 2010), nel rispetto delle altre condizioni previste dalla norma di cui si parla di seguito. Perciò, nel caso di compensazione di credito annuale Iva di importo superiore a 10mila euro, è escluso l’utilizzo del credito prima di tale data; è cioè escluso, in questo caso, che si possa compensare il credito annuale Iva relativo al 2009, dal 1° gennaio al 15 marzo 2010.
Per i crediti annuali Iva di importo fino a 10mila euro, rimangono ferme le regole vigenti che permettono di usare i crediti in compensazione a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di maturazione, anche se la relativa dichiarazione annuale sarà presentata successivamente, di norma, entro il 30 settembre 2010, per le dichiarazioni annuali Iva, redditi e Irap relative all’anno 2009.
Dal 2010, anche per le richieste di rimborso infrannuale si dovranno applicare le nuove regole che prevedono, nel caso di importi superiori a 10.000 euro annui, di effettuare le compensazioni a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione dell’istanza da cui il credito emerge. Questo significa che si “allunga” di 45 giorni il tempo a partire dal quale si potrà usare l’eccedenza Iva chiesta con il modello Iva TR. Ad esempio, nel caso di richiesta di rimborso infrannuale del primo trimestre 2010, il contribuente potrà compensare l’eccedenza a partire dal 16 maggio 2010, anche se il relativo modello Iva TR sarà presentato entro il 30 aprile 2010.
Le novità sulla comunicazione dati Iva e dichiarazione annuale Iva
Le novità sulla stretta dei crediti Iva a partire dal 2010 hanno comportato alcune modifiche al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, recante “modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive e all’imposta sul valore aggiunto”.
Le modifiche hanno interessato gli articoli 3, 8 e 8-bis. La prima modifica apportata al Dpr 322/1998 prevede che all’articolo 3, comma 1, è aggiunto il seguente periodo: <<In deroga a quanto previsto dal secondo periodo i contribuenti che intendono utilizzare in compensazione ovvero chiedere a rimborso il credito risultante dalla dichiarazione annuale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto possono non comprendere tale dichiarazione in quella unificata>>.
Questo significa che, dal 2010, per la dichiarazione annuale Iva relativa al 2009, i contribuenti che intendono usare in compensazione, o chiedere a rimborso il credito risultante dalla dichiarazione annuale Iva, possono non comprendere tale dichiarazione in quella unificata, modello Unico.
I due benefici dell’anticipo della dichiarazione
Sono due i benefici per il contribuente che presenterà la dichiarazione annuale Iva separata dal modello Unico entro il mese di febbraio 2010:
1) potrà usare l’eventuale credito annuale Iva in compensazione con i versamenti da fare con il modello F24 a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale Iva;
2) sarà anche escluso dall’obbligo di presentare la comunicazione dati annuali Iva.
Nulla vieta al contribuente di presentare la dichiarazione annuale Iva con il modello Unico. In questo caso, se la dichiarazione unificata, redditi e Iva, sarà presentata entro il mese di febbraio, rimangono validi i due benefici sopra elencati, di usare in compensazione l’eventuale credito annuale Iva di importo superiore a 10mila euro a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale Iva e di essere escluso dall’obbligo di presentare la comunicazione dati annuali Iva. Se, invece, presenterà la dichiarazione annuale Iva a partire dal mese di marzo, sia se in modo separato dall’Unico, sia se in modo unificato, fermo restando che potrà usare il credito Iva in compensazione a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale Iva, dovrà anche rispettare l’obbligo di presentare la comunicazione dati annuali Iva entro il mese di febbraio.
Richiesta di rimborsi o compensazioni di crediti Iva infrannuali
Il comma 5 dell’articolo 10 della manovra d’estate dispone l’inserimento di un nuovo periodo all’articolo 8, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1999, n. 542. In seguito all’inserimento effettuato, l’articolo 8, che si occupa di rimborsi e compensazioni di eccedenze di crediti Iva, dispone che <<Tali compensazioni possono essere effettuate solo successivamente alla presentazione dell’istanza di cui al comma 2>>.
Il richiamato comma 2 dispone che il rimborso per periodi infrannuali, cioè per il primo, secondo o terzo trimestre, può essere richiesto, presentando l’apposita istanza, con il modello Iva TR, all’ufficio competente in via telematica, entro l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento.
I contribuenti in possesso dei requisiti per chiedere il rimborso infrannuale possono, in alternativa, effettuare la compensazione dell’eccedenza Iva con i versamenti da fare con il modello F24, presentando l’apposita istanza, con il modello Iva TR, all’ufficio competente in via telematica, entro l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento.
In conclusione, in caso di eccedenze scaturenti dal modello Iva TR, le compensazioni potranno essere effettuate solo successivamente alla presentazione dell’istanza.
Nel caso di importi superiori a 10.000 euro annui, la compensazione potrà essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione dell’istanza dalla quale emerge il credito, e cioè:
· a partire dal 16 maggio, per il credito relativo al primo trimestre, la cui istanza dovrà essere presentata entro il 30 aprile;
· a partire dal 16 agosto, per il credito relativo al secondo trimestre, la cui istanza dovrà essere presentata entro il 31 luglio;
· a partire dal 16 novembre, per il credito relativo al terzo trimestre, la cui istanza dovrà essere presentata entro il 31 ottobre.
I contribuenti che possono chiedere il rimborso infrannuale Iva
Come si è detto, per la richiesta del rimborso o dell’utilizzo in compensazione del credito Iva infrannuale, si deve presentare l’apposito modello Iva TR, entro l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento. La presentazione del modello Iva TR deve avvenire esclusivamente con modalità telematiche, direttamente o tramite gli intermediari.
Il rimborso del credito Iva infrannuale, se di importo superiore a 2.582,28 euro, può essere chiesto dai contribuenti in possesso dei requisiti di cui all’articolo 30, terzo comma, lettere a), b) ed e) del decreto Iva, Dpr 633/72, nonché, relativamente alla lettera c), in presenza delle condizioni stabilite dall’articolo 52 della legge 342/2000.
La citata lettera a) prevede il rimborso nel caso di operazioni attive soggette ad aliquote Iva più basse rispetto a quelle pagate negli acquisti; la lettera b) prevede il rimborso in presenza di operazioni non imponibili per un ammontare superiore al 25 per cento del totale delle operazioni effettuate nel periodo di riferimento; la lettera e) prevede il rimborso per i soggetti non residenti che si trovano nelle condizioni previste dal secondo comma dell’articolo 17, che sono cioè operatori non residenti che si sono identificati direttamente in Italia, o che hanno formalmente nominato un rappresentate fiscale nello Stato; la lettera c) prevede il rimborso a favore dei contribuenti che hanno acquistato beni ammortizzabili per un ammontare superiore ai due terzi dell’ammontare complessivo degli acquisti imponibili ai fini Iva.
Il “visto” sui crediti superiori a 15mila euro
Il comma 7 dell’articolo 10 della manovra d’estate stabilisce che <<i contribuenti che intendono utilizzare in compensazione crediti relativi all’Iva per importi superiori a 15.000 euro annui, hanno l’obbligo di richiedere l’apposizione del visto di conformità di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, relativamente alle dichiarazioni dalle quali emerge il credito.
In alternativa la dichiarazione è sottoscritta, oltre che dai soggetti di cui all’articolo 1, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, dai soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, del medesimo regolamento, relativamente ai contribuenti per i quali è esercitato il controllo contabile di cui all’articolo 2409-bis del codice civile, attestante l’esecuzione dei controlli di cui all’articolo 2, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164. L’infedele attestazione dell’esecuzione dei controlli di cui al precedente periodo comporta l’applicazione della sanzione di cui all’articolo 39, comma 1, lettera a) primo periodo del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. In caso di ripetute violazioni, ovvero di violazioni particolarmente gravi, è effettuata apposita segnalazione agli organi competenti per l’adozione di ulteriori provvedimenti>>.
In base alla predetta norma, i contribuenti che intendono usare in compensazione, con i versamenti da fare con l’F24, crediti relativi all’Iva per importi superiori a 15.000 euro annui, dovranno chiedere al responsabile del centro di assistenza fiscale l’apposizione del visto di conformità dei dati delle dichiarazioni predisposte dalle quali emerge il credito, che sono conformi alla relativa documentazione e alle risultanze delle scritture contabili, nonché di queste ultime alla relativa documentazione contabile.
Il “visto di conformità” può essere rilasciato anche dai soggetti indicati alle lettere a) e b) del comma 3 dell’articolo 3 del Dpr 322/1998. Si tratta, esattamente: degli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro; dei soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la subcategoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria.
Come prescritto dalla norma, in alternativa, la dichiarazione è sottoscritta, oltre che dai soggetti di cui all’articolo 1, comma 4, del Dpr 22 luglio 1998, n. 322, dai soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, del medesimo regolamento, relativamente ai contribuenti per i quali è esercitato il controllo contabile di cui all’articolo 2409-bis del codice civile, che attesta l’esecuzione dei controlli di cui all’articolo 2, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 4, sono i soggetti diversi dalle persone fisiche, cioè i soggetti collettivi, società di persone e assimilati, e società di capitali, la cui dichiarazione è sottoscritta, a pena di nullità, dal rappresentante legale, e in mancanza da chi ne ha l’amministrazione anche di fatto, o da un rappresentante negoziale.
I soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, sono le società e gli enti soggetti all’imposta sul reddito delle società (IRES), presso i quali esiste un organo di controllo, la cui dichiarazione è sottoscritta anche dalle persone fisiche che lo costituiscono o dal presidente se si tratta di organo collegiale. Per i predetti soggetti collettivi, l’alternatività con il visto di conformità, è possibile in caso di contribuenti per i quali è esercitato il controllo contabile di cui all’articolo 2409-bis del codice civile, che è stata cioè verificata la regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili ai fini delle imposte sui redditi e dell’Iva e che è stata verificata la corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alle risultanze delle scritture contabili e di queste ultime alla relativa documentazione.
L’infedele attestazione dell’esecuzione dei predetti controlli comporta l’applicazione della sanzione di cui all’articolo 39, comma 1, lettera a) primo periodo del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, cioè la sanzione da 258 euro a 2.582 euro. In caso di ripetute violazioni, o di violazioni particolarmente gravi, è effettuata apposita segnalazione agli organi competenti per l’adozione di ulteriori provvedimenti. Vale la pena di rilevare che le predette formalità sul “visto di conformità” sono chieste nel caso di contribuenti che intendono usare in compensazione crediti relativi all’Iva per importi superiori a 15.000 euro annui, mentre non sono chieste per i contribuenti che intendono chiedere l’eccedenza Iva a rimborso.
Sanzioni senza sconti per le false compensazioni
Il comma 8 dell’articolo 10 della manovra d’estate dispone che all’articolo 27, comma 18 del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, dopo il secondo periodo è aggiunto il seguente: <<Per le sanzioni previste nel presente comma, in nessun caso si applica la definizione agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472>>.
Il richiamato comma 18 stabilisce che l’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è punito con la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti stessi. L’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo 472/1997, dispone che entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, è possibile definire la controversia con il pagamento di un importo pari ad un quarto della sanzione indicata e comunque non inferiore ad un quarto dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.
Il comma 2 dell’articolo 17, del decreto legislativo 472/1997, stabilisce che è ammessa definizione agevolata con il pagamento di un importo pari a un quarto della sanzione irrogata e comunque non inferiore ad un quarto dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso. In definitiva, il contribuente che userà in compensazione crediti inesistenti, di qualsiasi natura, Iva, Irpef, Ires o altro, è punibile con la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti stessi, sanzione che è in ogni caso esclusa dalla definizione agevolata, con la riduzione a un quarto, come prevista dai predetti articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
Le regole vigenti sui crediti fiscali di fine anno
Le imposte a credito a fine anno, che saranno poi indicate nelle relative dichiarazioni annuali, Iva, redditi, Irap, o modello 770, possono essere usate in compensazione a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo sia dai contribuenti che presentano la dichiarazione annuale Iva in via autonoma, sia dai contribuenti che presentano la dichiarazione Iva con il modello Unico. Rimane ferma, anche per i crediti annuali Iva non superiori a 10mila euro, la regola generale che i crediti delle imposte maturati nel corso dell’anno sono compensabili con i versamenti da fare con il modello F24 a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo.
Ad esempio, il contribuente che ha un credito annuale Iva relativo all’anno 2009 fino a 10mila euro (non supera cioè il limite di 10mila euro e nemmeno quello di 15mila euro) può compensare il credito Iva già a partire dai versamenti che deve fare entro il 16 gennaio 2010. La compensazione è possibile a condizione che il contribuente indichi crediti Iva nel modello F24, con il codice tributo 6099 e l’anno di riferimento 2009, di ammontare non superiore al credito che indicherà nella dichiarazione annuale Iva 2010, per l’anno 2009, da presentare entro il 30 settembre 2010.
Nuove sanzioni applicabili dal 29 novembre 2008
Si deve infine rilevare che la sanzione prevista dall’articolo 27, comma 18, del decreto legge n. 185 del 2008, in vigore dal 29 novembre 2008, sanzione dal 100 al 200% della misura dei crediti inesistenti, si applica alle violazioni commesse a decorrere dalla predetta data (circolare 8/E del 13 marzo 2009, paragrafo 7, indebite compensazioni), con l’ulteriore precisazione che le nuove sanzioni sono applicabili sui crediti inesistenti, di qualsiasi tributo, Iva, Ires, Irap o Irpef.
Pertanto, in caso di ravvedimento eseguito dal 29 novembre 2008 per le violazioni commesse a partire da tale data, bisogna distinguere se la violazione integra quella di utilizzo in compensazione di un credito inesistente, o di un credito non spettante per l’utilizzo in compensazione, come, ad esempio, nel caso di un importo che eccede il limite annuo di 516.456,90 euro. Nel caso di utilizzo di credito inesistente, le riduzioni da ravvedimento breve o lungo, cioè a un dodicesimo del minimo, per il ravvedimento breve, entro 30 giorni, o a un decimo del minimo, per il ravvedimento lungo, entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è commessa la violazione, vanno rapportate alla violazione minima del 100% (8,33% per il ravvedimento breve; 10% per il ravvedimento lungo).
Qualora, invece, la violazione commessa sia quella dell’uso di un credito non spettante, le sanzioni ridotte devono essere rapportate a quella del 30% (2,5% per il ravvedimento breve; 3% per il ravvedimento lungo).
Vecchie sanzioni sui falsi crediti di contributi e premi
Si deve infine rilevare che nulla è cambiato in materia di compensazioni dei contributi e premi, con i versamenti da effettuare con il modello F24. I contributi Inps o di altra natura e i premi Inail, così come sono esclusi dal ravvedimento, sono anche estranei al sistema delle sanzioni tributarie. Pertanto, in caso di compensazione di crediti inesistenti di contributi e premi, con i versamenti da fare con il modello F24, si continuano ad applicare le sanzioni civili ordinariamente previste.
Atti di recupero entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo
L’atto di recupero dei crediti inesistenti dovrà essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo del credito inesistente. E’ inoltre stabilito che è punito con la sanzione del 200% della misura dei crediti compensati chi utilizza crediti inesistenti per pagare somme dovute per un ammontare superiore a 50mila euro per ciascun anno solare (nuovo periodo inserito dall’articolo 7 “controlli fiscali” del decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito nella legge 9 aprile 2009, n. 33, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 85 dell’11 aprile 2009, supplemento ordinario n. 49/L, dopo il primo periodo del comma 18 dell’articolo 27, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2).
Come si esegue il ravvedimento
Per le compensazioni di versamenti con crediti inesistenti, in caso di ravvedimento, si applicano le regole contenute nella circolare 101/E del 19 maggio 2000 e quelle contenute nella circolare 48/E del 7 giugno 2002. Nella prima, si legge che <<Nel caso di compensazione di crediti inesistenti il contribuente potrà avvalersi dell’istituto del ravvedimento … effettuando il versamento delle somme a debito, corrispondenti al credito erroneamente utilizzato in compensazione, maggiorate degli interessi e con il contestuale versamento della relativa sanzione prevista per l’omesso versamento in misura ridotta in rapporto alla data del ravvedimento>>.
In pratica, secondo la circolare 101/E, per fruire del ravvedimento, è necessario versare l’ammontare del credito usato in eccesso o inesistente. Perciò, in caso di utilizzo di crediti inesistenti, si deve versare l’importo del credito inesistente, con lo stesso codice precedentemente usato, e la sanzione relativa al tributo per il quale era stato esposto il credito. Anche gli interessi da ravvedimento per gli omessi o tardivi versamenti dei tributi si devono versare a parte con uno specifico codice, come per i tributi e le sanzioni. Solo in caso di ravvedimento per ritenute, i versamenti si eseguono ancora con il codice del tributo, cumulando l’importo delle ritenute con gli interessi. Per il versamento dei soli interessi, con la risoluzione 109/E del 22 maggio 2007, sono stati istituiti i seguenti codici tributo:
· 1989, denominato “interessi sul ravvedimento – Irpef”;
· 1990, denominato “interessi sul ravvedimento – Ires”;
· 1991, denominato “interessi sul ravvedimento – Iva”;
· 1992, denominato “interessi sul ravvedimento – imposte sostitutive”;
· 1993, denominato “interessi sul ravvedimento – Irap”;
· 1994, denominato “interessi sul ravvedimento – addizionale regionale”;
· 1995, denominato “interessi sul ravvedimento – addizionale comunale”.
Sanzioni con sconti in caso di controllo delle dichiarazioni o controlli formali
Sulle dichiarazioni annuali Iva, redditi e Irap sono previsti alcuni sconti a titolo di definizione agevolata. Le regole sono quelle fissate dagli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462. Esse infatti prevedono una specifica modalità di definizione agevolata delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei tributi risultanti dalle dichiarazioni, anche a seguito dei controlli automatici e formali delle stesse. In particolare, la sanzione dovuta è ridotta:
· ad un terzo (e quindi al 10%) nel caso in cui le somme dovute siano pagate entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione dell'esito della liquidazione automatica effettuata a norma degli articoli 36-bis del Dpr 600/73 e 54-bis del decreto Iva, Dpr 633/72;
· a due terzi (e quindi al 20%) nei casi in cui le somme dovute siano pagate entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione dell’esito del controllo formale della dichiarazione, effettuato a norma dell’articolo 36-ter del Dpr 600/73.
E’ inoltre stabilito che le somme sono aumentate degli interessi e non solo della sanzione ridotta a un terzo o a due terzi per pagamento eseguito entro 30 giorni. Gli interessi sono dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della comunicazione.
Ecco, di seguito, gli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462. L’articolo 2, che ha per titolo “riscossione delle somme dovute a seguito dei controlli automatici”, stabilisce: “Le somme che, a seguito dei controlli automatici, ovvero dei controlli eseguiti dagli uffici, effettuati ai sensi degli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1972, n. 633, risultano dovute a titolo d’imposta, ritenute, contributi e premi o di minori crediti già utilizzati, nonché di interessi e di sanzioni per ritardato o omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli a titolo definitivo”.
Il comma 2 dispone che l’iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente o il sostituto d’imposta provvede a pagare le somme dovute con le modalità indicate nell’articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, concernente le modalità di versamento mediante delega, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, prevista dai commi 3 dei predetti articoli 36-bis e 54-bis, ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente o dal sostituto d’imposta. In tal caso, l’ammontare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto ad un terzo e gli interessi sono dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della comunicazione.
L’articolo 3, che ha per titolo “riscossione delle somme dovute a seguito dei controlli formali”, dispone: “Le somme che, a seguito dei controlli formali effettuati ai sensi dell’articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, risultano dovute a titolo d’imposta, ritenute, contributi e premi o di minori crediti già utilizzati, nonché di interessi e di sanzioni, possono essere pagate entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dal comma 4 del predetto articolo 36-ter, con le modalità indicate nell’articolo 19 del decreto legislativo