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Il professionista che applica l’imposta sul valore aggiunto con il criterio di cassa può chiudere la propria posizione Iva solamente anticipando l’imposta all’erario; la risoluzione n. 232/E del 20 agosto scorso dell’Agenzia delle Entrate nell’affrontare il problema della chiusura della partita Iva di un professionista con dei crediti ancora da riscuotere porta a delle conclusione che sono utili da evidenziare.
In particolare l’istanza di interpello nasce da un professionista, ragioniere commercialista, che nel corso del 2005, aveva emesso nei confronti di un ente pubblico una fattura con Iva ad esigibilità differita, che a tutt’oggi è oggetto di un procedimento giudiziario, il cui esito non è prevedibile in tempi brevi. Il problema però che il professionista si pone è che per raggiunti limiti di età vuole cancellarsi dall’albo professionale previa chiusura della partita iva e la controversia in atto potrebbe durare diversi anni, con la conseguenza che sarebbe costretto a mantenere una posizione fiscale per una attività di fatto inesistente. Il commercialista chiede, quindi, quale sarebbe il comportamento fiscale corretto da adottare ritenendo, tra l’altro, di poter risolvere il problema emettendo una nota di credito limitatamente all’Iva.
L’Iva ad esigibilità differita
Il differimento dell’esigibilità dell’Iva ha la sua collocazione nell’art. 6, comma 5, del D.P.R. n. 633/1972, limitatamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi che vengono effettuate a favore di particolari soggetti quali lo Stato, gli enti pubblici territoriali, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, eccetera. La norma in esame ha subito nel tempo frequenti modifiche, proprio al fine di adeguarne il contenuto alle differenti esigenze imposte dall'istituzione di nuovi soggetti di diritto pubblico (es. gli istituti universitari, le unità sanitarie locali, etc.).
Nella relazione ministeriale allo schema di decreto istitutivo dell'imposta sul valore aggiunto, con riferimento alla norma in esame, si legge che "per le cessioni di beni nelle quali l'Amministrazione Pubblica ovvero gli enti ospedalieri di assistenza o beneficenza intervengono in veste di acquirenti, (….) la deroga ha lo scopo di evitare che il cedente sia costretto ad anticipare, quale soggetto di diritto, un'imposta che normalmente recupererà a notevole distanza di tempo e cioè solo al momento in cui gli verranno corrisposte le somme a lui spettanti".
In tale ipotesi, la liquidazione dell’Iva per l’operatore è sempre subordinata al momento del pagamento del corrispettivo, a prescindere da qualsiasi scadenza temporale, a condizione che la fattura riporti l’indicazione “Iva a esigibilità differita”, fermo restando che il cedente o prestatore può sempre rinunciare a tale facoltà indicando “Iva a esigibilità immediata”.
La risposta delle Entrate
Secondo i tecnici delle Entrate nella normalità dei casi, l’attività di un professionista cessa quando lo stesso, astenendosi dal porre in essere ulteriori prestazioni, provveda ad un complesso di operazioni tese alla definizione di tutti i rapporti giuridici pendenti, compreso l’incasso dei crediti maturati e rimasti insoluti.
L’Agenzia delle Entrate ribadisce, come già evidenziato nella circolare n. 11/E del 16 febbraio 2007, che l’attività del professionista non si può considerare cessata fino all’esaurimento di tutte le operazioni ulteriori rispetto alle prestazioni professionali e cioè quelle dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti e in particolare alle operazioni di recupero dei crediti.
La cessazione dell’attività per il professionista non coincide, pertanto, con il momento in cui egli si astiene dal porre in essere le prestazioni professionali, bensì con quello, successivo, in cui chiude i rapporti professionali, fatturando tutte le prestazioni svolte e dismettendo i beni strumentali.
Fino al momento in cui il professionista, che non intenda anticipare la fatturazione rispetto al momento di incasso del corrispettivo, non realizza la riscossione dei crediti, la cui esazione sia ritenuta ragionevolmente possibile (perché, ad esempio, non è decorso il termine di prescrizione di cui all’art. 2956, comma 1, n. 2 del codice civile) l’attività professionale non può ritenersi cessata.
Nel caso in esame i tecnici delle Entrate ritengono che il commercialista che ha emesso fattura ad esigibilità differita non possa, in linea generale, procedere alla chiusura della partita IVA, fintanto che non avviene la riscossione del credito, atteso che, per i rapporti con creditori pendenti (nel caso in esame un ente pubblico), oggetto di un procedimento giudiziario in corso, la riscossione risulta ragionevolmente possibile.
Tali crediti dovranno essere regolarmente assoggettati ad IVA, atteso che al momento della loro riscossione risulteranno essere soddisfatti i requisiti richiesti ai fini dell’imponibilità, di cui all’art. 1 del DPR n. 633 del 1972.
Tutto ciò a meno che il professionista non provveda ad anticipare il versamento dell’imposta sul valore aggiunto addebitata, oppure, come nel caso evidenziato dal professionista, non voglia attendere l’esito del procedimento pendente relativo al credito contestato.
Federico Gavioli
12 Novembre 2009