I reati tributari: aspetti collegati alle fatture false (II parte)

di Rassegna di Giurisprudenza

Pubblicato il 19 novembre 2009

Rassegna giurisprudenziale dedicata al tema dell'onere della prova in caso di contestazione di fatture false da parte del Fisco.

Premessa

Come anticipato nello scorso numero della rassegna giurisprudenziale, uno dei problemi più dibattuti in giurisprudenza, in tema di fattura false, è quello dell’onere della prova.

In effetti, il contrasto tra due contrapposti orientamenti è più apparente che reale. Quando infatti si afferma che l’onere sia in capo al Fisco, ci si trova in situazioni in cui non era stato offerto alcun elemento a corredo dell’affermazione dell’inesistenza dell’operazione. Al contrario, l’affermazione (apparentemente) contraria, ossia che gravi sul contribuente il relativo onere, è propria di fattispecie nelle quali il Fisco aveva portato elementi che facevano dubitare della veridicità della stessa.

E’ evidente che per disconoscere la detrazione dell’Iva, non basta che il Fisco affermi di non credere alla documentazione (sarebbe infatti assurdo e sproporzionato che una mera contestazione, generica e astratta, dell’Ufficio costringesse il contribuente a provare l’effettività delle operazioni); d’altronde, anche se il Fisco porta elementi a corredo della sua tesi, il contribuente può senz’altro fornire ulteriori prove contrarie. E’ invece fin troppo evidente che, a fronte di elementi offerti dall’Ufficio, il contribuente possa contraddire, mettendo in campo prove volte a demolire le contrarie affermazioni.

 

Rassegna di giurisprudenza

 

Irrilevante la propria buona fede

Qualora l’Amministrazione contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, e fornisca attendibili riscontri indiziali sulla inesistenza delle operazioni fatturate, è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indebiti, non assumendo rilievo la propria buona fede. Ed invero, se l’amministrazione fornisca validi elementi - alla stregua del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2 - per affermare che alcune fatture sono state emesse per operazioni (anche solo parzialmente) fittizie, passerà sul contribuente l’onere di  dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate.

(Cassazione, sentenza n. 27072/08)

 

 

Strumenti a base dell’onere della prova

Questa Corte con indirizzo ormai consolidato ha avuto modo di affermare il principio secondo cui, in tema di IVA, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, la prova della legittimità e della correttezza delle detrazioni deve essere fornita dal contribuente mediante l’esibizione dei documenti contabili legittimanti. Ed invero, se è vero che l’Amministrazione non può limitarsi ad una generale ed apodittica non accettazione della documentazione del contribuente, essendo suo onere quello di indicare specificamente gli elementi, anche indiziali, sui quali si fonda la contestazione, è altrettanto vero che resta onere del contribuente dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni.

(Cassazione, sez. tributaria, sentenza n. 25910/08)

 

 

Puntualità degli elementi giustificativi

In caso di riscontrata simulazione delle cessioni soggette ad Iva e di correlata falsità della fatturazione e delle scritture contabili, finalizzata in ipotesi ad evadere od eludere l’Iva, occorre dimostrare - anche per via di semplici  presunzioni, ricavate da indizi ritenuti dal giudice di merito, con motivazione adeguata, gravi, precisi e concordanti - l’esistenza e le caratteristiche del disegno fraudolento, attraverso il quale si realizza l’evasione o l’elusione, nonché la non corrispondenza al vero della contabilità aziendale formalmente regolare. La  constatazione di correttezza delle indagini svolte dalla guardia di finanza - pur elemento di sicuro rilievo nell’accertamento di violazioni alla  normativa  fiscale, specialmente in presenza di artificiose intermediazioni e di possibile simulazione dei contratti di compravendita - non basta a fondare l’ipotesi di frode fiscale, dovendo altresì la sentenza, per risultare indenne dalla censura di  violazione degli articoli 2727 e ss., cc., esplicitare chiaramente le presunzioni, ossia la logiche conclusioni che dai fatti accertati potrebbero trarsi al  fine di rendere manifesta  l’esistenza e l’effettiva portata dell’evasione.

(Cassazione, sentenza n. 1057/08)

 

 

 

Aspetti penali

La disciplina di riforma della repressione penale tributaria è improntata all’irrilevanza degli atti prodromici dell’attività dell’evasione fiscale e circoscrive l’ambito di punibilità ai fatti direttamente offensivi dell’interesse alla percezione dei tributi. Alla luce di tale principio stabilito nella legge-delega 25 giugno 1999, n. 205, non può ravvisarsi continuità normativa, ai sensi dell’art. 2, comma 3  del  D.Lgs.  10  marzo 2000, n. 74, per il delitto previsto e punito dall’abrogato art. 4, comma 1, lett. f) del  D.L.  10  luglio  1982, n. 429 sul dirimente rilievo che fattispecie incriminatrice interessava - ratione temporis – esclusivamente la condotta relativa alla dichiarazione dei redditi e non anche la dichiarazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

Il principio ispiratore della disciplina relativa all’art. 2 del  D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 è quello secondo il quale il fatto-reato sanziona ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale tenuto conto della  pericolosità - in ordine alla tutela dell’interesse fiscale - insita nell’utilizzazione di documenti e fatture falsi. Spetta al giudice del merito esaminare compiutamente,  versandosi in difetto nel vizio di carente motivazione, la condotta del contribuente allo scopo di verificare il corretto inquadramento dei documenti e fatture considerati con riferimento alla quantificazione e congruità delle operazioni asseritamente contestate.

(Cassazione, sez. penale, sentenza n. 1996/08)

 

 

Ancora sulla rilevanza della buona fede

La correttezza formale delle scritture contabili non osta all’attività di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria nell’ipotesi di operazioni inesistenti. D’altra parte la mera buona fede del contribuente, intesa quale ignoranza dell’altrui frode non può essere opposta da parte del soggetto che abbia tratto profitto dalle operazioni fraudolente.

(Cassazione, sentenza n. 2847/08)

 

 

Limiti alla detrazione dell’Iva

Il contribuente non è ammesso a fruire della detrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta sugli acquisti in presenza di operazioni delle quali sia contestata l’esistenza e la corretta identificazione del soggetto cedente, circostanze idonee all’effettuazione dell’accertamento induttivo ma che devono essere valutate unitamente a tutti gli elementi indiziari concreti ivi inclusi quelli in favore del contribuente (nella specie, giudicato penale).

(Cassazione, sentenza n. 10505/08)

 

 

Iva dovuta anche se non è stata incassata

La circostanza giusta la quale il contribuente abbia emesso fatture per operazioni inesistenti non esime il medesimo dal versamento dell’imposta e dai relativi adempimenti quali l’obbligo di liquidazione periodica e di presentazione della dichiarazione annuale.

(Cassazione, sentenza n. 39177/08)

 

 

Obbligatoria la prova documentale

In tema di Iva, ove l’Amministrazione finanziaria contesti  al contribuente l’indebita detrazione di fatture perché relative a  prestazioni inesistenti, spetta al contribuente l’onere di provare la legittimità e la correttezza dell’operazione mediante l’esibizione dei relativi documenti contabili. Pertanto, quando costui non è in grado di dimostrare la fonte che giustifica la detrazione, questa deve ritenersi indebita, sicché legittimamente l’ufficio provvede a recuperare a tassazione l’imposta irritualmente detratta. Detta prova non può, peraltro, essere costituita dalla sola esibizione dei mezzi di pagamento, che normalmente vengono utilizzati fittiziamente e che, pertanto, rappresentano un mero elemento indiziario, la cui presenza o assenza deve essere valutata nel contesto  di tutte le altre risultanze processuali.

(Cassazione, sentenza n. 7144/07)

 

 

La falsità delle fatture è reato anche se serve a commettere frodi doganali

La disciplina dei diritti di confine con finalità meramente fiscali, soprattutto protezionistiche, sia in ambito interno al singolo Stato che a livello comunitario, è precipuamente diretta alla tutela della produzione nazionale e del mercato interno alla Comunità, non solo mediante la imposizione di un dazio all’importazione fissato in misura percentuale, ma altresì mediante il contingentamento delle importazioni a dazio agevolato tra una pluralità di produttori, disincentivando le importazioni che superano una determinata aliquota mediante dazi progressivi o maggiorati per le quote eccedenti. Ricade perciò nell’ambito del reato di cui all’art.  292 del D.P.R. 43/1973 (frode doganale) l’emissione di fatture per operazioni inesistenti relative a merci importate (aglio) attraverso cui il singolo importatore si sottrae al pagamento del diritto di confine effettivamente dovuto, mentre a nulla rileva il fatto che nel caso cui la stessa merce fosse stata importata da una pluralità di aziende l’entrata fiscale dello Stato sarebbe stata di pari importo.

(Cassazione, sentenza n. 17961/08)

 

 

Onere della prova in presenza di indizi di illiceità

La correttezza formale delle scritture contabili non osta all’attività  di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria nell’ipotesi di operazioni inesistenti. D’altra parte la mera buona fede del contribuente, intesa quale ignoranza dell’altrui frode non può essere opposta da parte del soggetto che abbia tratto profitto dalle operazioni fraudolente.

(Cassazione, sentenza n. 2847/08)

 

 

Detrazione Iva e fittizietà delle operazioni

La disciplina dell’accertamento in materia di imposta sul valore aggiunta nel quale sia dedotta la natura fittizia di talune fatture comporta che gravi sull’Amministrazione finanziaria l’onere di allegare elementi idonei, sufficienti e precisi, circa la contestazione mossa al contribuente e questi, all’esito di tale produzione, fornisca la dimostrazione circa la reale sussistenza delle operazioni  oggetto di contestazione.

(Cassazione, sentenza n. 8247/08)

 

 

Il costo è deducibile anche se la fattura è falsa

Le spese sono detraibili dal reddito anche quando il corrispettivo sia stato erogato a soggetto diverso rispetto a quello che ha emesso la fattura. Deve perciò essere cassata con rinvio la sentenza di merito che non abbia preso in considerazione la tesi del  contribuente  che sosteneva di aver comunque  affrontato i costi indicati (ancorché  essi fossero stati fatturati da soggetto diverso rispetto a quello che aveva fornito i beni e riscosso il compenso).

(Cassazione, sentenza n. 19353/06)

 

 

Onere della prova al contribuente

Costituisce principio consolidato che consente l’accoglimento in camera di consiglio ex art. 375 del  codicc di procedura civile del ricorso dell’Amministrazione, l’affermazione secondo cui qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni effettuate con una società solo apparentemente esistente, ma in realtà priva di qualsiasi organizzazione aziendale, la prova della legittimità e della correttezza delle detrazioni deve essere fornita dal contribuente: in mancanza di tale prova legittimamente l’ufficio procede a recuperare l’imposta Iva detratta.

(Cassazione, sentenza n. 22555/07)

 

 

Onere della prova al Fisco

Il contribuente è chiamato ad assolvere l’onere probatorio circa l’effettività ed esistenza delle operazioni imponibili poste in essere e contestate in sede di accertamento soltanto laddove l’Amministrazione finanziaria abbia addotto elementi e dati suscettibili di minare l’autenticità e veridicità delle operazioni medesime e delle relative fatture.

(Cassazione, sentenza n. 17799/07)

 

 

In mancanza di prova del Fisco, il contribuente ha il diritto di detrarre l’Iva.

Incombe sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare, anche attraverso presunzioni, l’inattendibilità della documentazione aziendale che intende contestare (nel caso di specie: l’inesistenza delle operazioni documentate con fatture), la quale, in mancanza di prova contraria, costituisce uno strumento idoneo a dimostrare l’esistenza delle operazioni ivi riportate.

Il provvedimento definitivo del giudice penale favorevole al contribuente, pur non costituendo giudicato esterno a favore del medesimo, rappresenta una fonte di prova che il giudice tributario deve prendere in esame, esponendo le ragioni che eventualmente lo inducano a conclusioni diverse.

(Cassazione, sentenza n. 21953/07)