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1. Corte di Cassazione, Sentenza n. 12371\ 2002
La Cassazione ha dovuto pronunciarsi a seguito del ricorso di una contribuente che chiedeva l’annullamento della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto.
Nel caso di specie la donna, alla quale era giunto un avviso di mora relativo all’imposta IRPEF, lamentava di non essere a conoscenza degli avvisi di accertamento né della mancata opposizione del marito, dal quale si era separata giudizialmente.
La Cassazione, dopo aver sottolineato che nel caso di dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi sussiste la responsabilità solidale di entrambi, ha rilevato che nella fattispecie in esame la ricorrente era a conoscenza dei contenuti dell’accertamento, dal momento che aveva prima presentato ricorso e poi aveva chiesto il condono per la sola parte riguardante i suoi redditi personali.
Il Collegio ha quindi affermato che nel caso di dichiarazione congiunta dei coniugi si violerebbe il diritto di difesa di uno dei due se gli si negasse la possibilità di contestare gli accertamenti a carico dell’altro. Pertanto la contribuente avrebbe potuto presentare ricorso relativamente ai redditi accertati a carico del marito. a questo proposito una precedente giurisprudenza aveva già stabilito che nel caso di dichiarazione congiunta presentata da due coniugi la moglie era legittimata a proporre autonoma impugnazione, nonostante l’avviso di accertamento venisse notificato al marito.
Nella vicenda che si esamina, non avendo la moglie agito in tal senso, la Sezione Tributaria ha ritenuto di dover rigettare il ricorso
La controversia nasce dall'impugnazione, proposta da D. G., di un avviso di mora relativo alle imposte IRPEF per gli anni 1987, 1988 e 1989: la Commissione Tributaria di primo grado di Verona accoglieva il ricorso della D., argomentando che quest'ultima, coobbligata con il coniuge P. A., ben poteva sostenere di non sapere nulla dell'accertamento e della mancata opposizione del marito stante l'avvenuta separazione giudiziale, ed il successivo espatrio del marito stesso.
La Commissione Tributaria Regionale del Veneto andava, invece, in contrario avviso, ed accoglieva l'appello dell'Ufficio con sentenza in data 19 marzo / 27 aprile 1998.
La sentenza argomentava, in particolare, che la D. era a conoscenza degli avvisi di accertamento, tanto è vero che aveva presentato ricorso e poi presentato istanza di condono: secondo la Commissione Regionale, la D., peraltro, non avrebbe potuto opporsi all'accertamento nei confronti del marito, per la parte dei redditi concernente quest'ultimo.
La presentazione da parte sua di una dichiarazione integrativa per la definizione agevolata della propria posizione non valeva ad escludere che il debito di imposta dell'altro coniuge rimanesse assistito dalla corresponsabilità solidale di entrambi i coniugi; il fatto poi che uno dei coniugi non facesse, per qualsiasi ragione, opposizione all'accertamento determinava automaticamente la responsabilità personale e solidale dell'altro coniuge.
Con atto notificato al Ministero delle Finanze presso l'Avvocatura Generale dello Stato il 22 dicembre 1998 proponeva ricorso per cassazione la contribuente D.G..
La ricorrente chiede l'annullamento della sentenza impugnata, ed espone un solo motivo di impugnazione lamentando la violazione dell'art. 17 della legge n. 114 del 1977 e degli artt. 42 e 43 della legge n. 600 del 1973, nonché l'erroneità ed illogicità della motivazione.
Con controricorso notificato alla controparte, nel domicilio eletto, il 5 gennaio 1999 si è costituita L'Amministrazione Finanziaria, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo la conferma della pronunzia impugnata.
La difesa della ricorrente ha presentato memoria difensiva con allegata sentenza penale della Corte d'Appello di Venezia, di assoluzione del P. A. dai reati fiscali a lui ascritti.
Nell'unico motivo di impugnazione la ricorrente D.G. sostiene in ricorso che il signor P., marito separato della ricorrente, non avrebbe ricevuto la notifica di alcun avviso di accertamento, e che, anzi, non risultava che fosse stato emesso un avviso di accertamento a carico dei coniugi P. e D.
Sarebbe stata emessa solamente una cartella esattoriale nei confronti del signor P. ed un avviso di accertamento nei confronti della signora D.. non avendo notificato alcun avviso di accertamento anche alla signora D. l'Ufficio sarebbe decaduto dalla possibilità di un accertamento nei confronti di quest'ultima, attuale ricorrente.
La sentenza impugnata sarebbe stata affetta da erroneità e da illogicità perché affermava che la D. non avrebbe potuto neppure opporsi all'accertamento che comunque la riguardava come obbligata solidale.
Ricordava, infine, di essersi opposta all'unico avviso di accertamento che la riguardava definendolo con il condono.
Il motivo di impugnazione è infondato: l'istituto della dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi è stato introdotto dall'art. 17 legge 13 aprile 1977, n. 114.
Il terzo ed il quarto comma della norma dispongono che le cartelle dei pagamenti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche siano notificate al marito, e che gli accertamenti in rettifica vengano effettuati a nome di entrambi i coniugi, ma notificate anch'esse nei confronti del marito.
Soprattutto, risulta decisivo ai fini di causa il quinto ed ultimo comma, che dispone, testualmente, che "i coniugi sono responsabili in solido per il pagamento dell'imposta, soprattasse, pene pecuniarie ed interessi iscritti a ruolo a nome del marito."
Questa norma non appare superabile là dove prevede, appunto, la responsabilità solidale del coniuge del contribuente.
La presentazione di una dichiarazione congiunta a doppia sottoscrizione, è una facoltà, e non un obbligo, anche da parte di coniugi legalmente ed effettivamente conviventi: chi presenta la dichiarazione congiunta assume su di se anche ì rischi inerenti alla disciplina propria dell'istituto.
Come risulta dalla formulazione dell'art. 177 c.c. i redditi di ciascun coniuge sono oggetto della comunione: ciò significa che, almeno di regola, entrambi i coniugi, godono dei redditi sia dell'uno che dell'altro, situazione esistente nel momento in cui un reddito viene prodotto, potrebbe non sussistere più nel momento in cui viene accertato un maggior reddito a carico di uno di loro, ma l'accertamento si riferisce, per sua stessa natura, alla situazione in atto nell'anno fiscale che ne è oggetto, né potrebbe essere altrimenti.
Del resto anche il contribuente singolo può avere subito modificazioni della propria situazione economica a causa delle quali al momento dell'accertamento non sia più in possesso dei redditi accertati a suo carico per l'anno cui l'accertamento stesso si riferisce.
Non è esatta, del resto, l'allegazione difensiva secondo cui la D. non sarebbe stata a conoscenza dei contenuto dell'accertamento: come si rileva dalla sentenza impugnata, lo conosceva tanto è vero che, per la sola parte concernente i suoi redditi personali, la contribuente stessa prima ha presentato ricorso in sede giurisdizionale, e poi ha chiesto di avvalersi del condono.
Il condono così richiesto da un solo coniuge non si estende, peraltro, ai redditi accertati a carico dell'altro coniuge codichiarante, anche se il coniuge che ha usufruito del beneficio rimane responsabile solidale per i redditi dell'altro coniuge, compresi quelli derivanti dall'accertamento
Come già rilevato, infatti, da questa Corte in un caso del tutto analogo (Cass. civ., sez. I, 29 aprile 1994, n. 4168, Min. fin. c. Mori), "quando i coniugi presentino dichiarazione unica dei redditi, a norma dell'art.17 della I. 13 aprile 1977 n. 114, e poi uno solo di essi renda dichiarazione integrativa, al fine della definizione agevolata della sua personale posizione ex art.15 del d.l. 10 luglio 1982 n. 429 (convertito in l. 7 agosto 1982 n. 516), il debito d'imposta dell'altro coniuge rimane assistito dalla corresponsabilità solidale di entrambi, ai sensi ed agli effetti dell'ultimo comma del citato art. 17."
E' giuridicamente inesatta, piuttosto, l'affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la coniuge contribuente D.G. non avrebbe potuto presentare ricorso per contestare i redditi accertati a carico del marito P. A..
E' vero, invece il contrario. si violerebbe il diritto di difesa del coniuge dichiarante, che abbia sottoscritto una dichiarazione congiunta con l'altro coniuge, se gli si negasse la possibilità di contestare gli accertamenti a carico di quest'ultimo, ed in relazione ai quali anche il codichiarante stesso rimane corresponsabile delle maggiori imposte e degli accessori.
In proposito il Collegio, perciò, non può che ribadire, ed estendere anche al caso di specie, il principio già affermato da questa Corte, e secondo cui nel caso in cui due coniugi abbiano presentato una dichiarazione congiunta "sia la circostanza che l'avviso di accertamento debba essere notificato al marito sia la responsabilità solidale della moglie non escludono la legittimazione della stessa a proporre autonoma impugnazione e, pertanto, non attribuiscono la legittimazione all'impugnazione, anche per essa, al marito." (Cass. civ., sez. I, 1 settembre 1993, n. 9227).
In realtà, del resto, l'affermazione relativa alla asserita impossibilità per la D. di impugnare l'accertamento relativo ai redditi del marito P. costituisce un obiter dictum inserito accidentalmente nel corpo della sentenza impugnata, che, in realtà, non si basa si di essa: ciò significa che in applicazione del principio fissato dall'art. 384, secondo comma, c.p.c. la motivazione errata contenuta su questo punto nella pronunzia della Commissione Regionale va sostituita con quella esatta indicata da questa Corte.
2. Cassazione, con la sentenza n. 19896 del 15 settembre 2006
La responsabilità solidale dei coniugi che presentano dichiarazione congiunta è legittima: lo ha ribadito la Cassazione, con la sentenza n. 19896 del 15 settembre 2006.
Secondo quanto prescritto dall’articolo 17, comma 4, legge n. 114/1977, i coniugi, nel caso in cui abbiano presentato dichiarazione congiunta, “sono responsabili in solido per il pagamento dell’imposta, soprattassa, pene pecuniarie ed interessi, iscritti a ruolo a nome del marito”.
Si premettere che, nel 1989, la Corte costituzionale ha rilevato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 17 della legge citata, poiché è rimessa ai contribuenti la libera scelta del sistema di dichiarazione da adottare, con i conseguenti vantaggi e oneri a essa connessi, per cui la valutazione sulla solidarietà dei dichiaranti spetta esclusivamente al legislatore.
In più occasioni, le Commissioni tributarie ed in particolare la Ctr Lazio con la sentenza n. 49 del 4/10/2005, hanno dato soluzione positiva alla questione della legittimità dell’iscrizione a ruolo a carico del coniuge, quando la cartella di pagamento è preceduta dall’avviso di accertamento destinato al dichiarante: è stato specificato, nella citata pronuncia, che “è legittima la cartella di pagamento de qua limitatamente al tributo e con esclusione delle sanzioni amministrative pecuniarie, in considerazione di quanto disciplinato dall’articolo 2 del Dlgs n. 472/1997, che ha previsto che la sanzione amministrativa pecuniaria, consistente nel pagamento di una somma di danaro, è riferibile alla persona fisica che ha commesso o concorso a commettere la violazione”.
Se poi, sempre in presenza di dichiarazione congiunta dei coniugi, l’avviso di accertamento è stato notificato solo al marito, esso non acquista carattere di definitività nei confronti della moglie che non ha provveduto alla relativa impugnazione, tenuto conto di quanto previsto dalla norma di cui all’articolo 17, legge n. 114/1977 (decisione n. 1886 del 5/3/2002).
Sulla sussistenza della responsabilità solidale tra coniugi è intervenuta diverse volte anche la Suprema corte, che ha conservato in modo invariato nel tempo il proprio orientamento favorevole al riconoscimento di detta responsabilità: sulla base della sentenza n. 184/1989 dalla Corte costituzionale, la Cassazione ha risolto uno dei primi casi di legittima applicazione della norma di cui all’articolo 17, legge n. 114/1977, sottoposto al suo vaglio, affermando che l’avviso di accertamento notificato al marito ai sensi del citato articolo 17, spiega effetti nei confronti della moglie, anche nel caso che la stessa sia compartecipe di impresa familiare (sentenza n. 2168 del 14/2/2001).
La configurazione di tale impresa, infatti, seppur corrispondente a una società semplice o di fatto, comporta pur sempre la rilevanza esterna del solo marito, quale capo dell’impresa, mentre la moglie partecipante è posta comunque in condizione di tutelare i propri diritti, attraverso l’impugnativa degli atti conseguenti all’avviso di accertamento indirizzato al marito, quando i termini ordinari per l’esperimento di tale impugnativa possono considerarsi prescritti.
Con la sentenza n. 12371 del 22/8/2002, poi, la stessa Corte ha stabilito che “quando i coniugi presentino dichiarazione congiunta, e uno solo di essi, per la definizione agevolata della propria posizione, presenti istanza di condono, i cui effetti non si estendono ai redditi accertati a carico del coniuge “codichiarante”, il debito d’imposta di quest’ultimo rimane assistito dalla corresponsabilità solidale di entrambi i coniugi, ai sensi e agli effetti dell’ultimo comma del menzionato articolo 17”.
Con la pronuncia n. 12398/2002 è stato, inoltre, precisato che la consegna di un atto “a persona di famiglia”, nell’ambito della procedura di notifica nella residenza, domicilio o dimora del destinatario dell’atto, ai sensi dell’articolo 139 Cpc, non è equipollente alla notifica “a mani proprie a quella stessa persona fisica, eventualmente cointeressata, a norma dell’art.138 c.p.c, in quanto, come mera consegnataria dell’atto, la persona diversa dal destinatario non è abilitata a prenderne cognizione, laddove, con la notificazione mediante consegna nelle mani del destinatario, può presumersi che quest’ultimo, legittimato a prendere visione dell’atto, ne abbia preso (legittimamente) cognizione”.
Il principio è stato affermato dalla Cassazione ai fini dell’individuazione del primo atto di imposizione notificato, in relazione alla sussistenza di una lite tributaria pendente “definibile” ex articolo 2-quinquies del Dl 30 settembre 1994 n. 564, in una fattispecie nella quale era stato impugnato dalla contribuente il solo avviso di mora, notificato alla moglie in qualità di coniuge solidalmente obbligata a norma dell’articolo 17, legge n. 114/1977, e non l’avviso di rettifica, che risultava ricevuto dalla stessa contribuente, ma che è atto da notificare al marito, ai sensi della stessa norma.
La Suprema Corte ha stabilito che l’avviso di accertamento correttivo della dichiarazione congiunta deve essere notificato solo al marito e che è legittimo notificare alla moglie direttamente la cartella di pagamento, senza che sia necessario allegare il presupposto avviso di accertamento: la Cassazione, con la sentenza n. 19896 del 15 settembre 2006, ha deciso in un caso in cui era pacifico che si trattasse di dichiarazione congiunta e che la notifica dell’accertamento fosse stata effettuata nei riguardi del solo marito.
A sostegno della propria tesi e della piena tutela del diritto di difesa della moglie nel caso di specie, il giudice di legittimità ha richiamato l’articolo 17 della legge n. 114/1977, e quindi, anche se alla moglie non è stato notificato l’avviso di accertamento fondato sul controllo della dichiarazione congiunta, ella può difendersi dalla pretesa, contestando direttamente la cartella di pagamento o l’avviso di mora a lei diretto e scaturente dallo stesso avviso di accertamento.
3. Cassazione 13525 del 26 maggio 2008
Con sentenza n. 13525 del 26 maggio 2008, la Corte di cassazione ha affrontato il tema della presentazione della dichiarazione dei redditi in forma congiunta, affermando, sostanzialmente, che in tal caso gli accertamenti in rettifica sono ammessi a nome di entrambi i coniugi ancorché notificati nei confronti del marito, per cui la moglie è solidalmente responsabile per il pagamento dell'imposta e connessi iscritti a ruolo a nome del marito, come è legittimata a proporre autonoma impugnazione per contestare gi accertamenti notificati al marito anche a suo nome.
Dagli atti di causa emerge che due coniugi hanno presentato la dichiarazione dei redditi modello 740 all'epoca in uso, emergendo in sede di successivo controllo formale il mancato versamento della prima rata di acconto, cui è conseguita l'inscrizione a ruolo da parte, oltre che dell'imposta dovuta, della soprattassa e relativi interessi.
Essendo, nel frattempo, deceduto il marito, il coniuge superstite si opponeva alla notifica della cartella di pagamento, contestando che, in base all'articolo 8 del D.lgs 472/1997, essa stessa "non doveva rispondere della sanzione irrogata al coniuge deceduto".
Le Commissioni tributarie di merito hanno accolto la tesi del contribuente, contestata dall'Amministrazione finanziaria con ricorso per cassazione: il coniuge superstite non è succeduto nell'obbligazione tributaria al coniuge defunto, ma è direttamente e originariamente tenuto a detta obbligazione in base al disposto dell'articolo 17, quinto comma, legge 114/1977, che prevede espressamente la responsabilità in solido dei coniugi per il pagamento dei cespiti "iscritti a ruolo a nome del marito".
Decidendo nel merito, la Cassazione ha respinto il ricorso introduttivo del giudizio, richiamando a sostegno della fondatezza della tesi sostenuta i consolidati chiarimenti forniti precedentemente al riguardo (sentenze 19896/2006, 7906/2007, 12371/2002, 2168/2001), ove ha argomentato che “nel caso di dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi, a norma dell'articolo 17 della legge 114/1977, secondo cui gli accertamenti in rettifica sono effettuati a nome di entrambi i coniugi e notificati nei confronti del marito, la moglie è "solidalmente responsabile" per il pagamento di imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome del marito, come analogamente, sul versante opposto, è legittimata a proporre autonoma impugnazione per contestare gli accertamenti notificati al marito anche a suo nome”.
L'argomentazione, che costituisce il quid pluris dell'attuale decisione rispetto alle conclusioni raggiunte nei precedenti giudicati, concerne la questione della trasmissibilità agli eredi della sanzione, "superata" dalla motivazione della Corte che dà rilievo alla responsabilità personale di entrambi i coniugi nella presentazione della dichiarazione dei redditi in forma congiunta.
Quindi, argomentando dal condivisibile ragionamento della Suprema corte, non si rileva esclusione per la sanzione amministrativa inflitta in quanto, nella fattispecie, la stessa non si trasmette a titolo di successione, ma rimane tale a valenza personale in virtù del vincolo di solidarietà che lega i coniugi con la presentazione della dichiarazione congiunta. Nella specie, quindi, il coniuge risponde per fatto proprio e non per fatto altrui.
Con la sentenza 13525/2008, la Corte di cassazione, aderendo al proprio consolidato indirizzo ermeneutico sull'argomento, pone inoltre dei punti fermi a conferma dei seguenti principi (sentenze 12372/2002 e 2168/2001):
· nel caso di dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi, la moglie, coniuge codichiarante, è legittimata a proporre autonoma impugnazione per contestare gli accertamenti a carico del marito, cui non è attribuita la legittimazione ad agire anche per il coniuge, venendo altrimenti "vulnerato" il diritto di difesa della moglie, che rimane corresponsabile delle maggiori imposte e degli accessori relativi a quell'accertamento, non ostando a ciò la circostanza che l'avviso di accertamento debba essere notificato al marito;
· nel sistema della richiamata disposizione non rileva, ai fini dell'insorgere della responsabilità solidale della moglie codichiarante, la notifica a quest'ultima dell'avviso di accertamento, perché resta comunque inalterato il suo diritto a impugnare autonomamente l'accertamento notificato al marito.
E' da aggiungere che tale procedura non è stata ritenuta illegittima dalla Corte costituzionale in quanto non viola né l'articolo 17 della legge 114/1977, "poiché è rimessa ai contribuenti la libera scelta del sistema di dichiarazione da adottare (congiunta o meno), con i conseguenti vantaggi ed oneri ad essa connessi, per cui la valutazione sulla solidarietà dei dichiaranti, solidarietà che non appare irragionevole nel quadro normativo di riferimento, spetta esclusivamente al legislatore" (sentenza 184/1989), né contrasta con gli articoli 1, 6 e 7, della legge 212/2000, in relazione agli articoli 3, 23, 24, 53 e 97 della Costituzione (ordinanze nn. 215 e 216 del 2004).
Univoco al riguardo l'orientamento di prassi dell'Amministrazione finanziaria (risoluzioni 5415/1978, 1020/1979, 1269/1979, 664/1980), ove è stato rilevato che il quinto comma dell'articolo 17 della legge 114/1977 prevede espressamente che "i coniugi sono responsabili in solido del pagamento dell'imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome del marito". per effetto di tale disposizione, è stato introdotto, nel campo della riscossione, un particolare caso di "responsabilità solidale" che nasce per il fatto che i coniugi hanno presentato congiuntamente la loro dichiarazione dei redditi.
L'imposta scaturente dalla dichiarazione congiunta, pertanto, va iscritta a ruolo a nome del marito e conseguentemente anche la cartella esattoriale, che dal ruolo trae la sua legittimazione, riporterà esclusivamente le generalità e il domicilio dell'unico contribuente iscritto a ruolo, cioè del dichiarante.
In caso poi di mancato pagamento dell'imposta, anche l'avviso di mora, al fine di realizzare l'indispensabile corrispondenza fra gli elementi del ruolo e quelli dei documenti che da questo trovano legittimazione, dovrà riportare esclusivamente l'indicazione del contribuente iscritto a ruolo.
L'interpretazione resta avvalorata dal quarto comma dell'articolo 17, il quale dispone che gli "accertamenti in rettifica" vengono notificati "nei confronti del marito", producendo altresì, tale particolare "responsabilità solidale", effetti anche in sede di espletamento della procedura esecutiva.
L'articolo 7 del Dpr 435/2001 ha abrogato l'articolo 6 del Dpr 322/1998, che concerneva la "dichiarazione congiunta in materia di imposte sui redditi", mentre l'articolo 9, comma 6, dello stesso Dpr 322 ha abrogato definitivamente, con effetto dal 22 settembre 1998, l'articolo 17, comma 1, della legge 114/1977, che prevedeva la facoltà dei coniugi non legalmente ed effettivamente separati di presentare su unico modello la dichiarazione unica dei redditi di ciascuno di essi: la norma in questione consisteva nella "semplificazione" delle modalità di accertamento e notifica, poiché dette operazioni erano validamente compiute dall'ufficio mediante iscrizione a ruolo dei tributi a nome del marito, e mediante la notifica di accertamenti nuovamente al solo marito (circolare 5/1978).
L'abrogazione della norma richiamata risponde a un'esigenza di coordinamento, in quanto la disciplina recata, tra l'altro, dall'articolo 6 del D.p.r. 322/1998 è stata trasfusa nel decreto ministeriale 164/1999.
L'abrogazione della disposizione non ha escluso la possibilità per i coniugi di presentare la dichiarazione modello 730 in forma congiunta, per le denunce presentate dal 1° gennaio 1999, in quanto tale facoltà è espressamente prevista dall'articolo 13, comma 4, del Dm 164/1999, che dispone testualmente: "I coniugi non legalmente ed effettivamente separati, non in possesso di redditi di lavoro autonomo o d'impresa di cui agli articoli 49, comma 1, e 51 del citato testo unico delle imposte sui redditi, possono adempiere agli obblighi di dichiarazione dei redditi con le modalità di cui ai commi da 1 a 3, anche presentando dichiarazione in forma congiunta, purché uno dei coniugi sia in possesso di redditi indicati nei commi 1 e 3" (circolare 6/2002).
La circolare 36/2008, da ultimo, prevede che i coniugi non legalmente o effettivamente separati possono presentare la dichiarazione dei redditi in forma congiunta, se almeno uno dei coniugi si trova nelle condizioni che consentono di utilizzare il modello 730.
La dichiarazione congiunta non può essere presentata se uno dei coniugi nell'anno di riferimento è titolare di redditi che non possono essere dichiarati con il modello 730 o, comunque, se è tenuto a presentare il modello Unico/Persone fisiche: se entrambi i coniugi possono avvalersi dell'assistenza fiscale, scelgono a quale dei rispettivi sostituti presentare la dichiarazione e, in tal caso, il coniuge che ha come sostituto il soggetto al quale è presentata la dichiarazione deve essere indicato come dichiarante barrando l'apposita casella nel frontespizio del modello.
Nell'ipotesi in cui la dichiarazione congiunta è presentata a un Caf o a un professionista abilitato, deve essere indicato come dichiarante il soggetto che ha scelto il proprio sostituto per le operazioni di conguaglio.
4. Corte di Cassazione 16453\2008
La responsabilità solidale dei coniugi "per il pagamento dell'imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome del marito", prevista dall'art. 17, ultimo comma, della legge 13 aprile 1977, n. 114, opera anche nel caso in cui i redditi accertati nei confronti del marito siano costituiti da proventi derivanti da reato, dal momento che, con la volontaria, libera scelta di presentare la dichiarazione congiunta, i coniugi dichiaranti hanno accettato "anche i rischi inerenti alla disciplina propria dell'istituto.
In particolare, in presenza di una dichiarazione dei redditi congiunta, sottoscritta da entrambi i coniugi, è del tutto irrilevante la mancata sottoscrizione di alcuni quadri della stessa.
In particolare il caso riguarda la Guardia di Finanza di Avezzano che veniva incaricata di svolgere indagini sulla cessione di una farmacia: dalle indagini emergevano elementi atti a far ritenere che il Dottore fosse un mero prestanome del reale attore, che, pur senza possederne i requisiti, sarebbe risultato essere l'effettivo titolare dell'azienda farmaceutica, atteso che, fra l'altro, fin dall'acquisto, tutti i rapporti con gli istituti di credito venivano intrattenuti dal reale attore, in base ad una procura speciale. inoltre, versamenti e prelevamenti da tali conti non trovavano corrispondenza con la contabilità ufficiale della farmacia.
Sulla base delle risultanze di tale indagine e ai sensi del disposto dell'art. 18 legge n. 413 del 1991, (modificativo dell'art. 32, primo comma, n. 2 del D.P.R. 600/1973), l'ex Ufficio Distrettuale II.DD. di Avezzano rettificava, ai fini IRPEF ed ILOR, la dichiarazione congiunta presentata dal reale attore e dal coniuge, per l'anno 1990, accertando un maggior reddito d'impresa.
Avverso tale atto, notificato il 17 novembre 1997, i coniugi proponevano ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria, eccependone l'illegittimità e presentando successive memorie per ribadire le eccezioni ed introdurre motivi nuovi.
Con la sentenza n. 73/04/2000, la Commissione adita confermava l'accertamento, disponendo, tuttavia, la rideterminazione delle sanzioni in applicazione del favor rei, sancito dai decreti legislativi nn. 471 e 472 del 1997.
Con atto notificato il 10 ottobre 2001, la sig.ra impugnava tale sentenza dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale di L'Aquila, in qualità di coniuge dichiarante, chiedendo che, pregiudizialmente, fosse accertata l'estinzione di ogni proprio debito a titolo di maggiori imposte in dipendenza dell'accertamento impugnato per effetto dell'intervenuta morte del proprio marito e della propria rinuncia all'eredità.
Con ordinanza pronunciata l'11 marzo 2002, la C.T.R. di L'Aquila, rilevato che, nel periodo tra la pubblicazione della sentenza di primo grado e la proposizione dell'appello, era deceduto uno dei ricorrenti in primo grado, riteneva di dover interrompere il processo.
La sig.ra provvedeva alla riassunzione ed infine la Commissione appellata, con la sentenza n. 12/5/03 pronunciata il 17 febbraio 2003 e depositata il 5 settembre 2003, accoglieva l'appello della contribuente.
Avverso tale sentenza, l'Amministrazione Finanziaria proponeva ricorso per cassazione sorretto da tre motivi, resisteva con controricorso e ricorso incidentale condizionato, corroborato da quattro motivi, la sig.ra Franca C. , che, inoltre, depositava memoria ex art. 378 c.p.c..
In primo luogo la Corte procede alla riunione dei ricorsi ai sensi dell'art. 335 c.p.c..
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