La vexata quaestio della debenza o meno dell’imposta nel caso di violazione del principio di affidamento

di Angelo Buscema

Pubblicato il 18 dicembre 2008

si possono presentare casi in cui al contribuente non si possono richiedere, non solo sanzioni ed interessi moratori, ma addirittura lo stesso importo del tributo; non possono essere irrogate nemmeno le imposte qualora il contribuente si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’A. F....

          Occorre portare all’attenzione dell’operatore tributario la vexata quaestio della debenza o meno dell'imposta nel caso di violazione del principio di affidamento, enunciato a livello normativo dall'articolo 10 della legge n. 212/2000, con specifico riguardo al rapporto tra ente impositore e contribuente. Buona fede e affidamento sono concetti distinti e strettamente collegati; la regola di buona fede oggettiva si sostanzia anche nell'obbligo di rispettare l'affidamento altrui. L'affidamento ingenerato dai comportamenti del fisco sviluppa parzialmente il contenuto dell'obbligo di buona fede (oggettiva). Per affidamento s’intende  lo stato psicologico di chi ha fiducia in qualcosa o in qualcuno.

 

          Secondo un preciso orientamento (1) non è possibile l’estensione della tutela dell’affidamento  anche alla debenza del tributo poiché:

a) l'articolo 10 dello Statuto del contribuente nulla dice riguardo alla pretesa fiscale, cosa che invece fa l'articolo 11 dello stesso Statuto in tema di interpello. Il comma 2, infatti, così recita: "La risposta dell'amministrazione finanziaria, scritta e motivata, vincola con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza di interpello, e limitatamente al richiedente. Qualora essa non pervenga al contribuente entro il termine di cui al comma 1, si intende che l'amministrazione concordi con l'interpretazione o il comportamento prospettato dal richiedente. Qualsiasi atto, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanato in difformità dalla risposta, anche se desunta ai sensi del periodo precedente, è nullo". In tal caso, il legislatore ha adottato una formula chiara ed esplicita di esclusione del contribuente dalla soggezione fiscale nei casi di atti difformi dalla risposta resa nell'interpello da parte dell'Amministrazione.

Dunque, solo nel caso dell'articolo 11 viene sancita la nullità dell'atto impositivo, non anche all'articolo 10;

b) l'estensiva applicazione della tutela dell'affidamento è in conflitto con il principio della indisponibilità dell'obbligazione tributaria;tale interpretazione estensiva è  “forzata”, poiché contraria al dettato normativo dell’art. 10 e al principio di inderogabilità e indisponibilità dell’obbligazione tributaria;

c) l'idea stessa della estensione esemplificativa senza alcuna previsione espressa, pur a tutela di un legittimo affidamento da parte del contribuente, non sembra poter autorizzare conclusioni così perentorie che determinano la consumazione di un potere impositivo e, conseguentemente, la inesigibilità della prestazione tributaria.

 

          Secondo un diverso  orientamento (2) i casi di tutela espressamente enunciati  dal comma secondo  del  cit. art. 10 (attinenti all'area dell’irrogazione di sanzioni e  della richiesta di interessi), riguardanti situazioni meramente esemplificative e  legate  a ipotesi ritenute maggiormente frequenti, non limitano la portata generale della  regola, idonea a disciplinare una serie   indeterminata di casi concreti.                     

          Questo comporta che si possono presentare altri casi in cui al contribuente non si possono richiedere, non solo sanzioni ed interessi moratori, ma addirittura lo stesso importo del tributo; non possono essere irrogate anche le imposte qualora il contribuente si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’A. F. ancorchè successivamente modificate dall’amministrazione medesima

          L’applicazione del principio di affidamento del contribuente costituisce il "naturale" svolgimento dei principi di collaborazione e di buona fede presenti nella Costituzione e, pertanto, non può essere limitato alle sole fattispecie individuate nel comma 2 dell'art. 10 dello Statuto. Queste ultime, infatti, rappresentano solo alcuni casi che, secondo il legislatore, ricorrono con maggior frequenza nella realtà.

 

Angelo Buscema

18 Dicembre 2008

 

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Note  

1) Francesco Paolo D'Orsogna, L. 27 luglio 2000, n. 212: i principi di  irretroattività  e di legittimo affidamento in "il fisco" n. 45 del 4 dicembre 2006, pag. 6950 Fabrizio Amatucci, La tutela dell'affidamento e il diritto di difesa a sostegno della irretroattività delle nuove norme sulle indagini finanziarie in "il fisco" n. 44 del 27 novembre 2006, pag. 1-6793) Eduardo Grassi I  reiterati  interventi  del  giudice di   legittimità  sulla tematica concernente lo Statuto dei diritti del contribuente, con  particolare riguardo al principio dell'affidamento in "il fisco" n. 32 del 5 settembre 2005, pag. 4943.

 

2) Enrico De Mita, contribuenti da tutelare se c’e’ la buona fede in il sole 24 ore del 16/11/2000 pag. 21; M. Rainoldi, la lunga marcia della buona fede e del legittimo affidamento dal sistema privatistico a quello tributario in diritto e pratica tributaria 2003 pag. 799; G. Marongiu, lo Statuto del contribuente: le sue ragioni e le sue applicazioni in diritto e pratica tributaria 2003 pag. 1007;M. Antonietta Grippa Solvetti, lo Statuto dei diritti del contribuente tra valore formale e portata interpretativa in rass. Trib. n. 5/2004 pag. 1719; Angelo Messina, l’irretroattività delle norme tributarie secondo lo Statuto dei diritti del contribuente in il fisco n. 48/2004 pag. 7999;Alberto Rossi, valore interpretativo generale dello Statuto dei diritti del contribuente in il fisco n. 23/2004 pag. 3471; G. Falcone, Statuto dei diritti del contribuente e Cassazione in il fisco n. 15/2003 pag. 2221; E. De Mita, Garanzie più forti sul ring delle tasse, il Sole 24-Ore del 14 gennaio 2003, pag. 21)  Il principio dell'affidamento legittimo del contribuente  nei comportamenti del fisco costituisce un principio fondamentale dell'ordinamento (desumibile dagli artt. 3, 23, 53 e 97 della Costituzione) che ha trovato sanzione in esplicite norme di legge (ad esempio,  nella  L. n. 212/2000, "Statuto del contribuente"), ma  che  vige a prescindere  ed oltre  la  portata  delle  norme  stesse.  Perciò  è  applicabile  anche  a comportamenti anteriori alla L. n. 212/2000, in riferimento ai rapporti con i comuni, ed  in  relazione  alla  debenza  dell'imposta (e non solo in relazione alla debenza di sanzioni e interessi). Gli accordi fra contribuente e ente  impositore in ordine all'applicazione delle imposte assumono valore vincolante non in base ai principi della libertà negoziale (pur applicabile in materia tributaria come dimostrano i vari istituti di definizione  consensuale  del rapporto tributario quale l'accertamento per adesione), bensì in virtù  del principio dell'affidamento che legittimamente il contribuente  può  riporre negli atti e nei comportamenti della Pubblica Amministrazione. Tali importanti principi  sono stati precisati dalla suprema Corte di Cassazione sez. v con la sentenza n. Sent. n. 25908 del 22 settembre 2008 (dep. il 29 ottobre 2008)

"In tema di IVA, ai sensi  del  D.P.R.  26 ottobre 1972, n. 633, artt. 37 e 40, letti alla  luce  del  principio  della tutela del legittimo affidamento del cittadino, ... non può ritenersi omessa dal contribuente, perché pervenuta all’ufficio  competente  con  ritardo  di oltre trenta giorni, la dichiarazione tempestivamente presentata ad  ufficio

territorialmente incompetente - e da questo ricevuta senza obiezioni, benché si trattasse di incompetenza riscontrabile già sulla base dei dati contenuti nella stessa dichiarazione, e, solo successivamente - oltre il  termine  per l’utile presentazione della dichiarazione - trasmessa all’ufficio competente in ossequio al dovere di rimessione, ossequio (in un caso siffatto)  tardivo e successivo al radicamento nel  contribuente  del  ragionevole  affidamento circa la tempestività del proprio operato e l’assoluzione da ogni  decadenza(Sent. n. 25908 del 22 settembre 2008 dep. il 29 ottobre 2008 della Corte Cass., Sez. tributaria ;Cass. n. 1949 del 30/01/2007).

Ove un ufficio incompetente riceva la  dichiarazione  Iva  presentata tempestivamente da un contribuente,  senza  sollevare obbiezioni  di  sorta benché l'incompetenza  sia  riscontrabile  già  sulla  base  dei  soli  dati contenuti  nella dichiarazione  stessa,  si  radica  nel  contribuente   il ragionevole affidamento circa la tempestività del  proprio  operato. Ed in base al principio dell'affidamento la dichiarazione deve essere  considerata tempestiva ancorché  il  documento   pervenga  tardivamente  all'ufficio competente. Di conseguenza deve reputarsi illegittimo l'accertamento emesso sul presupposto di una presentazione della dichiarazione tanto tardiva da essere considerata come omessa. (Sent. n. 1949 del 21 dicembre 2006 dep. il 30 gennaio 2007 della Corte Cass., Sez. tributaria) Il  contribuente  è  ammesso  ad  invocare  a  propria tutela l'applicazione del  legittimo  affidamento nel ricorso di determinate condizioni caratterizzate dall'apparente legittimità dell'azione dell'Amministrazione finanziaria, dalla buona fede costituita dall'assenza di qualsiasi violazione del  dovere  di correttezza e dalla concomitante sussistenza di ulteriori circostanze idonee a comprovare tali condizioni (Sent. n. 1231 del 24 novembre 2006 dep. il 19 gennaio 2007 della Corte Cass., Sez. tributaria).

 

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ALLEGATO

 

Sent. n. 25908 del 22 settembre 2008 (dep. il 29 ottobre 2008) della Corte Cass., Sez. tributaria

 

    Svolgimento del processo – S.L. proponeva opposizione avverso gli avvisi di accertamento emessi per gli anni d’imposta 1990, 1992 e 1993, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 4, con i quali l’Ufficio Iva di Roma le aveva contestate l’omessa e ritardata dichiarazione, nonché l’omessa fatturazione per i beni di autoconsumo di cui al D.P.R.  n. 633  del 1972, art. 2. L’adita C.T.P. di Roma rigettava il ricorso della contribuente, che impugnava la sentenza riproponendo le  precedenti  censure;  la  C.T.R. del Lazio accoglieva l’appello sia in ordine all’eccepita illegittimità  della richiesta documentale operata dall’Ufficio, sta in ordine al dedotto diritto al rimborso.

    Avverso la rubricata sentenza il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate proponevano ricorso per cassazione sulla  base di n.  2  mezzi; resistevano la contribuente con controricorso,  eccependo l’inammissibilità del ricorso per cassazione per violazione del  termine  di  cui all’art. 327 c.p.c..

 

    Motivi della decisione  -  1  -  In  via  preliminare  appare  priva  di fondamento l’eccezione d’inammissibilità  del  ricorso  per  cassazione  per tardività ex art. 327 c.p.c., in quanto, secondo la controricorrente, la sospensione dell’impugnazione prevista dalla L. n. 289 del  2002, art. 16, non sarebbe "pertinente alla fattispecie". A tal  fine  la  controricorrente deduce che dal comma  8,  di  tale  norma,  la  sospensione del  termine  è provocata solo dall’iniziativa del contribuente. L’eccezione è priva di giuridico fondamento in quanto la sospensione per le impugnazioni  relative alle liti fiscali è prevista in via generale dal precedente art.  6,  comma 6, che non fa alcuna distinzione al riguardo tra  parte  privata  e  ufficio finanziario.

    2 - Passando all’esame del   ricorso,  con  il  primo motivo l’amministrazione deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 83, 85, 325 e 327 c.p.c., sul presupposto della carenza di procura alle liti del ricorso in appello a suo tempo proposto dalla contribuente. La doglianza è priva di fondamento, in quanto risulta dagli atti - consumabili trattandosi di error in procedendo - che la  procura  alle  liti  presente nei  ricorso introduttive era stata rilasciata anche per l’eventuale giudizio di appello.

    3 – È altresì infondata anche la seconda, complessa doglianza relativa alla violazione o falsa applicazione della L. n. 413 del 1991,  art.  57,  e D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 37, 39, 40, 53 e 54, e art. 112 c.p.c., nonché all’eccepita contraddittoria e insufficiente motivazione della  sentenza circa un punto decisivo della controversia. Invero trattasi di  censure  che sono certamente carenti sotto il profilo dell’autosufficienza  del  ricorso; in ossequio de quale è necessario  che  in  esso si rinvengano tutti gli elementi indispensabili perché il Giudice di  legittimità  possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello  svolgimento  del processo e delle  posizioni  in  esso  assunte dalle  parti,  senza  dovere ricorrere ad altre fonti o atti  del  processo,  ivi  compresa  la  sentenza impugnata, allo  scopo  di  cogliere il  significato e la  portata  della impugnazione proposta (Cass. n. 7392 del 19/04/2004).

    Peraltro dette censure muovono tutte, in  buona  sostanza,  da  un’unica premessa - rivelatasi priva di  fondamento-  costituita dal fatto che la presentazione  della  dichiarazione  dei  redditi  ad un ufficio fiscale incompetente equivarrebbe - secondo l’Ufficio - ad omessa dichiarazione  dei redditi, ciò che comporterebbe l’invalidità degli atti successivi, quali le detrazioni d’imposte effettuate dal contribuente per gli anni successivi, detrazioni che - sempre secondo il ricorrente - non gli competerebbero,  con conseguente disconoscimento del credito finale da lui vantato e del rimborso richiesto.

    Invero tale assunto è erroneo sotto  il  profilo  giuridico, perché  in chiaro contrasto con il noto principio di tutela dei  legittimo affidamento del cittadino espresso in via di generale dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 1, (Statuto  dei  diritti  del  contribuente).  In  proposito questa S.C. ha precisato che .... "in tema di IVA, ai sensi  del  D.P.R.  26 ottobre 1972, n. 633, artt. 37 e 40, letti alla  luce  del  principio  della tutela del legittimo affidamento del cittadino, ... non può ritenersi omessa dal contribuente, perché pervenuta all’ufficio  competente  con  ritardo  di oltre trenta giorni, la dichiarazione tempestivamente presentata ad  ufficio territorialmente incompetente - e da questo ricevuta senza obiezioni, benché si trattasse di incompetenza riscontrabile già sulla base dei dati contenuti nella stessa dichiarazione, e, solo successivamente - oltre il  termine  per l’utile presentazione della dichiarazione - trasmessa all’ufficio competente in ossequio al dovere di rimessione, ossequio (in un caso siffatto)  tardivo e successivo al radicamento nel  contribuente  del  ragionevole  affidamento circa la tempestività del proprio operato e l’assoluzione da ogni  decadenza (Cass. n. 1949 del 30/01/2007). Ha altresì affermato questa Corte  che  tale principio della tutela del legittimo affidamento  del  cittadino,  "trovando origine  nei  principi  affermati  dagli  artt.  3,  23,  53  e  97   Cost., espressamente richiamati dall’art. 1, del medesimo Statuto dei  diritti  del contribuente, è  immanente  in  tutti  i  rapporti  di  diritto  pubblico  e costituisce uno dei fondamenti dello Stato di  diritto  nelle  sue  diverse articolazioni,  limitandone  l’attività  legislativa e  amministrativa.  La previsione  dell’art.  10,  dello  statuto  -  a  differenza di  altre che presentano un contenuto innovativo rispetto alla legislazione preesistente - è dunque espressiva di principi generali, anche di rango  costituzionale, immanenti nel diritto e nell’ordinamento tributario anche prima della legge, sicchè essa  vincola  l’interprete,  in  forza   del   canone   ermeneutica dell’interpretazione adeguatrice a Costituzione, risultando così applicabile sia ai rapporti tributati sorti in  epoca  anteriore  alla sua  entrata  in vigore, sia ai  rapporti fra contribuente ed ente impostore diverso dall’amministrazione   finanziaria  dello   Stato,  sia  ad  elementi dell’imposizione diversi da sanzioni e interessi, giacché i casi  di  tutela espressamente  enunciati dal  del detto  art.  10,  comma  2, riguardano situazioni meramente esemplificative, legate a   ipotesi  maggiormente frequenti, ma non limitano la portata generale della  regola, idonea  a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti" (Cass. n.  21513  del 06/10/2006).

    Conclusivamente  il  ricorso  dev’essere  rigettato;  attesi  i  profili processuali e sostanziali della fattispecie, si  ritiene  di  compensare  le spese processuali.

 

    P.Q.M. - Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio.