Fallimento: insinuazione al passivo con termini perentori

di Commercialista Telematico

Pubblicato il 17 ottobre 2008

A seguito della riforma del diritto fallimentare, attuata con il decreto legislativo 9.01.2006, n. 5 ed integrata dal decreto legislativo 12.09.2007, n. 167 sono state introdotte significative modifiche alla disciplina delle procedure concorsuali, prevedendo, in particolare, la fissazione di termini perentori per l’insinuazione dei crediti allo stato passivo (1).

fallimento e insinuazione al passivoL’art. 93 del Regio Decreto 16.03.1942, n. 267 (legge fallimentare) prevede, infatti, che la domanda di ammissione al passivo di un credito deve essere proposta con ricorso da depositare presso la cancelleria del Tribunale almeno trenta giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo.

Le domande presentate oltre tale termine sono considerate tardive, con la conseguenza che il credito insinuato tardivamente partecipa alle sole ripartizioni successive all’ammissione in proporzione all’ammontare del credito, salvi i casi di crediti assistiti da cause di prelazione ovvero qualora si provi che il ritardo è dipeso da causa non imputabile al creditore (art. 112 l. f.).

Anche con riferimento all’insinuazione tardiva sono stati, peraltro, fissati termini puntuali.

L’art. 101 l. f. dispone che la relativa domanda può essere presentata non oltre il termine di 12 mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, prorogabile dal Tribunale fino a 18 mesi esclusivamente in caso di particolare complessità della procedura.

Il mancato rispetto dei termini innanzi indicati comporta che le relative domande di insinuazione vengono respinte dal giudice delegato in quanto ritenute inammissibili.

Sussiste, quindi la necessità, ricevuta notizia dell’avvenuta dichiarazione di fallimento, di provvedere tempestivamente al consolidamento della posizione fiscale del contribuente fallito mediante la definizione degli eventuali procedimenti di accertamento in corso e la lavorazione delle relative dichiarazioni dei redditi, con conseguenti iscrizioni a ruolo, onde consentire all’agente l’insinuazione al passivo nei termini di legge e di evitare il rischio di sicura inesigibilità del credito, essendo il ruolo l’unico titolo che consente all’agente l’insinuazione nelle procedure concorsuali (2).

La sussistenza di una procedura concorsuale in atto, infatti, costituisce una situazione di “fondato pericolo per la riscossione” (3) tale da consentire il ricorso alle disposizioni previste dall’art. 36-bis, comma 2-bis del d.P.R. 29.09.1973, n. 600 e dall’art. 54-bis, comma 2-bis, del d.P.R. 26.10.1972, n. 633. Analogamente, per gli avvisi di accertamento, occorre  procedere tempestivamente all’iscrizione a ruolo straordinario dell’intero importo accertato, comprensivo di interessi e sanzioni, ai sensi del combinato disposto degli artt. 11, comma 3, e 15-bis del d.P.R. 29.09.1973, n. 602.

 

Mariagabriella Corbi 

 

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NOTE

 

1) Massimo Vacchiano, Considerazioni sull'accertamento  dello  stato  passivo  nel  nuovo  diritto fallimentare  in "Impresa c.i." n. 1 del 31 gennaio 2007, pag. 68.

Documento n. 3 dell’11 febbraio 2008 Fondazione Luca Pacioli Legge fallimentare: le novità del decreto correttivo.

Il credito tributario ed il credito per le sanzioni inflitte per gli omessi versamenti del tributo hanno natura diversa. Di conseguenza il giudicato formatosi in ordine all'ammissione al passivo fallimentare del credito  principale (ed all'ammontare del dovuto) non impedisce l'insinuazione passiva del credito per le sanzioni (Sent. n. 7661 del 7 febbraio 2006 dep. il 31 marzo 2006 della Corte Cass., Sez. tributaria).

 

2) La disciplina della riscossione coattiva dei  tributi  accorda al concessionario la facoltà di instare presso il giudice delegato della procedura fallimentare per ottenere direttamente l’insinuazione del  credito nella formazione dello stato passivo senza  subordinare tale domanda alla preventiva notificazione del ruolo al contribuente a mezzo della cartella di pagamento.Non sono opponibili alla massa dei creditori e quindi inammissibili alla formazione dello stato passivo i crediti vantati  dal  concessionario della riscossione a titolo di spese e diritti di insinuazione. Le somme iscritte a ruolo a titolo di imposta regionale sulle  attività produttive, per sorte ed interessi, riferibile a periodi d’imposta anteriori all’entrata in vigore dell’art. 39, comma 2 del D.L. n. 159/2007,  sono ammessi all’insinuazione nello stato passivo della procedura fallimentare ed assistiti da privilegio generale sui mobili, ex  art.  2752,  comma  4,  del codice civile (Sent. n. 1631/08 del 10 gennaio 2008 dep. il 7 febbraio 2008 del Tribunale di Milano, Sez. II).

Nel fallimento, anche il debito  cosiddetto  "di  massa" (nel caso di specie tributario), che sia controverso,  deve essere verificato attraverso il procedimento previsto dagli artt. 93 e seguenti e 101  della legge fallimentare, come l'unico idoneo ad  assicurare  il  principio  della concorsualità anche nella fase di cognizione, implicando esso la  necessaria partecipazione ed il contraddittorio di tutti i creditori. Ne  consegue  che non può essere considerato decaduto il creditore  che  abbia  utilizzato  la procedura di cui all'art. 111 della legge fallimentare (Sent. n. 4050 del 18 gennaio 2007 dep. il 21 febbraio 2007 della Corte Cass., Sez. tributaria).

 

3) La dichiarazione di fallimento del contribuente integra di per sé il requisito del periculum in mora per l'iscrizione delle imposte nel ruolo straordinario, configurandosi in proposito un fondato pericolo per  la riscossione ai sensi dell'art. 11 del D.P.R. n. 602/1973. La dichiarazione di fallimento non può da sola rappresentare una piena garanzia della pretesa tributaria, posto che la relativa procedura dà luogo al concorso del credito vantato dall'Amministrazione finanziaria con gli altri crediti nei confronti del fallito, e che il ruolo straordinario costituisce un utile strumento per incidere immediatamente sulla formazione dello stato passivo e dei  relativi privilegi (Sent. n. 12887 del 5 aprile 2007 dep. il 1° giugno 2007 della Corte Cass., Sez. tributaria).