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Rimessione in termini del ricorrente in Cassazione o in appello per deposito dell’avviso di ricevimento
La sentenza n. 627 del 4 dicembre 2007 (dep. il 14 gennaio 2008) della Corte Cass. SS.UU. civ. merita di essere segnalata all’attenzione dell’operatore tributario, poiché in tema di notifica a mezzo posta del ricorso per cassazione con la procedura di cui all’art. 140 del codice di procedura civile ha statuito i seguenti principi, valevoli anche con riferimento ad atti processuali diversi dal ricorso per cessazione (es. appello).
a) La produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 del codice di procedura civile, o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 del codice di procedura civile, è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’intervenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio
b) L’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’art. 379 del codice di procedura civile, ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal primo comma della citata disposizione, ovvero fino all’adunanza della corte in camera di consiglio di cui all’art. 380-bis del codice di procedura civile, anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell’art. 372, secondo comma, del codice di procedura civile;
c) In difetto di produzione dell’avviso di ricevimento, ed in mancanza di esercizio di attività difensiva da parte dell’intimato, il ricorso è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 del codice di procedura civile. Il difensore del ricorrente presente in udienza o all’adunanza della corte in camera di consiglio può tuttavia domandare di essere rimesso in termini, ai sensi dell’art. 180-bis del codice di procedura civile, per il deposito dell’avviso che affermi di non aver ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale un duplicato dell’avviso stesso, secondo quanto previsto dall’art. 6, primo comma, della l. 20 novembre 1982, n. 890 (perciò, ove l’intimato non svolga attività difensiva e il ricorrente non adduca alcuna giustificazione in ordine alla mancata produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale, il ricorso va dichiarato inammissibile).
In buona sostanza, l’avviso di ricevimento del ricorso notificato per posta è la prova della regolare instaurazione del contraddittorio. Questa regola vale anche quando l’ufficiale giudiziario, con raccomandata, dà notizia al destinatario di aver compiuto tutte le formalità prescritte dalla legge nei casi di irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia dell’atto. L’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione. Altrimenti, se la controparte non si difende, il ricorso è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’articolo 291 del cpc. Il difensore del ricorrente può però chiedere al giudice di concedergli un termine per il deposito, purché dimostri di essersi attivato nel richiedere all’amministrazione postale un duplicato. Al tal proposito, infatti, l’articolo 6 comma 1, della legge n. 890/1982 prevede che l’amministrazione postale è tenuta a rilasciare senza spesa un duplicato ed a farlo avere al mittente nel più breve tempo possibile.
Pertanto, nel caso in cui il ricorrente affermi che la mancata produzione dell’avviso di ricevimento è stata causata dalla mancata restituzione di tale documento allo stesso ricorrente, questi ha:
- L’onere di dimostrare di aver esperito i rimedi che la legge appresta per il caso che l’avviso di ricevimento non sia tempestivamente restituito o sia stato smarrito dall’amministrazione postale
- Deve documentare che è stato chiesto il duplicato all’amministrazione postale, che è tenuta a rilasciarlo in caso di smarrimento dell’originale
Il ricorrente in cassazione deve comunque tener conto che l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’art. 379 del codice di procedura civile, ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal primo comma della citata disposizione, ovvero fino all’adunanza della corte in camera di consiglio di cui all’art. 380-bis del codice di procedura civile, anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell’art. 372, secondo comma, del codice di procedura civile
Riflessioni
Le conclusioni raggiunte dal giudice di legittimità si pongono in armonia con le esigenze di certezza ed effettività delle garanzie difensive, con l’esigenza costituzionale dell’effettività del contraddittorio, con la necessità, sotto il profilo del diritto alla difesa, di non addossare alla parte un fatto incolpevole che si collochi del tutto al di fuori della sua sfera di controllo.
D'altra parte, "il giudice delle leggi, già con la sentenza n. 69 del 1994, relativa alla disciplina delle notifiche all'estero, aveva avuto modo di affermare che, in ossequio al combinato disposto degli artt. 3 e 24 della Costituzione, le garanzie di conoscibilità dell'atto da parte del destinatario della notificazione debbono coordinarsi con l'interesse del notificante a non subire le conseguenze sfavorevoli, sub specie dell'addebito dell'esito intempestivo del procedimento di notifica per la parte sottratta alla sua disponibilità".
La raggiunta conclusione in ordine alla individuazione nella rimessione in termini, ex art. 184 bis cod. proc. civ., dell’unica alternativa possibile all’immediata declaratoria di inammissibilità del ricorso in caso di mancata produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente l’atto da notificare a mezzo posta (ex art. 149 cod. proc. civ.) si fonda su considerazioni generalizzabili e, dunque, valide anche per il caso in cui l’avviso di ricevimento concerna la raccomandata con funzione informativa spedita, ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ. ed a completamento delle altre formalità indicate nello stesso articolo (deposito nella casa comunale ed affissione dell’avviso del deposito alla porta dell’abitazione, dell’ufficio e dell’azienda), al destinatario della notificazione cui non sia stato possibile eseguire la consegna per irreperibilità dello stesso o per incapacità o rifiuto delle persone indicate nell’art. 139 cod. proc. civ..
Le conclusioni raggiunte dal giudice di legittimità trovano applicazione anche con riferimento all’appello, nonostante la stessa Corte di Cassazione abbia in precedenza (1) precisato che nell’ipotesi di notifica del ricorso in appello, l’omessa produzione dell’avviso di ricevimento comporti l’inesistenza della notifica e di conseguenza l’inammissibilità del ricorso (Cassazione sentenza n. 17451 del 9 agosto 2007).
Giova osservare che i principi affermati dalle sezioni unite con la sentenza n. 627 citata non possono trovare applicazione per la notifica dell’avviso di accertamento poiché è ius recputum che la notifica dell'avviso di accertamento con le procedure di cui all'art. 140 del codice di procedura civile si perfeziona con la spedizione della "notizia" accertamento,per raccomandata con avviso di ricevimento, senza che trovi applicazione il principio secondo cui il notificante deve esibire la ricevuta di ritorno (Cassazione sentenza n. 23576 del 3 novembre 2006).
Note
1) Angelo Buscema, essenzialità della produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento del plico spedito a mezzo posta in www.https://www.commercialistatelematico.com 0ttobre 2007.
Angelo Buscema
9 Febbraio 2008
_________________
ALLEGATO
Sent. n. 627 del 4 dicembre 2007 (dep. il 14 gennaio 2008) della Corte Cass., SS.UU. civ.
Svolgimento del processo - 1. Con ricorso iscritto al numero di R.G. 18015 del 2001 il Ministero delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate hanno chiesto la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Perugia del 5 giugno 2000, con la quale è stato rigettato l’appello proposto dall’Ufficio delle Entrate di Città di Castello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Perugia, emessa nel giudizio promosso da M.S..
Il ricorso propone un unico motivo, illustrato anche da memoria, con il quale si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 28 della L. n. 133 del 1999, dell’art. 3, comma 2-bis, del D.L. n. 791 del 1985, dell’art. 13, comma 1, della L. n. 449 del 1997, dell’art. 10 della L. n. 46 del 1986, dell’art. 2 del D.P.R. n. 597 del 1973 e del D.L. n. 202 del 1989, convertito nella legge n. 263 del 1989. Vi si prospettano questioni relative alla effettiva portata delle agevolazioni fiscali a favore dei residenti nelle zone terremotate o colpite da bradisismo in ordine alla determinazione della base imponibile relativa alla imposta sui redditi prodotti in dette zone.
2. L’esame del ricorso è stato rimesso dal Primo Presidente a queste Sezioni Unite a seguito di ordinanza interlocutoria della Sezione tributaria n. 23222 del 3 novembre 2006, per il ritenuto coinvolgimento di una questione di massima di particolare importanza.
3. Con la predetta ordinanza
Osserva quindi che, in relazione alla notificazione a mezzo posta, è consolidato l’orientamento della Corte secondo il quale, per il perfezionamento del procedimento notificatorio nei confronti del destinatario, è necessario ch’egli abbia ricevuto l’atto o che esso sia pervenuto nella sua sfera di conoscibilità; e che l’unico documento idoneo a fornire tale dimostrazione, nonché della data in cui essa è avvenuta e dell’identità ed idoneità della persona cui il plico sia stato consegnato è la ricevuta di ritorno della raccomandata (artt. 149 cit. e 4, commi 3 e 8, della legge n. 890 del 1982); ovvero, per il caso di suo smarrimento o distruzione, il duplicato rilasciato dall’ufficio postale. Così che, quando la notificazione si riferisca ad un atto di impugnazione ed il notificante non ottemperi all’onere di depositare in giudizio la ricevuta di ritorno, l’impugnazione è inammissibile (salvo che sia riproposta nel termine per
l’impugnazione e prima che sia dichiarata l’inammissibilità), “perché il mancato completamento del procedimento notificatorio determina l’inesistenza della notifica (Cass. 2722/2005), e perciò la causa non può esser messa in decisione (art. 5, terzo comma, legge 890/1982) ed il giudice non può ordinare la rinnovazione della notifica (art. 291 c.p.c.)”.
Rileva ancora
Si afferma, peraltro, che con recente sentenza n. 10216 del 2006 le Sezioni unite hanno ritenuto che, nell’ipotesi in cui l’intempestivo o mancato completamento della procedura notificatoria sia conseguenza di attività, errori o inerzie non imputabili al notificante perché sottratte ai suoi poteri di impulso, egli ha il potere di rinnovare la notificazione nei confronti del destinatario. E si sostiene che tale arresto potrebbe influire sull’orientamento secondo il quale la mancata produzione dell’avviso di ricevimento, quale documento probatorio del perfezionamento per il destinatario della notificazione effettuata a mezzo del servizio postale, determina l’inammissibilità dell’atto da compiersi in un termine perentorio: ciò in quanto l’assolvimento di tale onere probatorio per un verso è successivo alla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario e, per altro verso, è “dipendente dalla restituzione della ricevuta di ritorno da parte dell’ufficio postale”. Sicché - conclude l’ordinanza - “potrebbe ipotizzarsi la possibilità per il giudice di disporre il rinnovo della notifica, ovvero di concedere al notificante che lo richieda un termine perentorio per la produzione della ricevuta di ritorno della raccomandata o di idonea certificazione sostitutiva”.
Motivi della decisione - 1. È stato reiteratamente affermato che la notificazione a mezzo posta deve considerarsi inesistente nel caso in cui non venga prodotto in giudizio l’avviso di ricevimento e che sia per questo preclusa l’applicabilità dell’art. 291, comma 1, cod. proc. civ., essendo la rinnovazione correlata al rilievo di “un vizio che importi nullità della notificazione” e non essendo consentito farvi ricorso quando addirittura difetti la prova della sua esistenza.
L’orientamento risulta confermato, con specifico riferimento alla notificazione del ricorso per cassazione, da una serie di decisioni (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 24877/06, 10506/06, 1180/06, 23291/05, 12289/05, 5529/05, 4610/05, 1413/05, 2722/05, 23663/04, 16976/04, 5481/04, 4900/04, 11257/03, 11072/03, 13922/02, 1605/89, 2746/88, 4441/78, 3371/71, 2253/71) anche successive alla sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002 che, com’è noto, in linea con le sue precedenti decisioni nn. 69 del 1994 e 358 del 1996 (cui hanno fatto seguito anche le sentenze nn. 477 del 2002, 28 e 97 del 2004, e 154 del 2005), ha sancito il principio della scissione fra il momento di perfezionamento della notificazione per il notificante e per il destinatario, fermo restando che il consolidamento dell’effetto anticipato per il primo dipende dal perfezionamento del procedimento notificatorio per il secondo.
La qualificazione della situazione conseguente alla mancata produzione dell’avviso di ricevimento come ipotesi di “inesistenza” della notificazione aveva, talora, addirittura indotto a ritenere che neppure la costituzione dell’intimato costituisse fatto idoneo a determinare l’ammissibilità del ricorso per intervenuto raggiungimento dello scopo della notificazione (così Cass., nn. 181/1970 e 338/1972), benché sia poi venuto affermandosi l’orientamento secondo il quale la costituzione del convenuto vale ad integrare essa stessa “la prova, sia pur presuntiva, dell’avvenuto ricevimento dell’atto, e così della regolarità del contraddittorio” (cfr. Cass., n. 3271/86, nonché, ex multis, nn. 5141/94 e 3764/95).
Con recente sentenza (Cass., 24 luglio 2007, n. 16354)
Sembra che la ricostruzione operata dalla sentenza appena citata sia la più aderente al dettato normativo di cui all’art. 4, comma 3, della legge 20 novembre 1982, n. 890, il quale stabilisce che “l’avviso di ricevimento costituisce prova dell’eseguita notificazione”, ed all’art. 5, comma 3, della stessa legge, laddove recita che “la causa non potrà essere messa in decisione se non sia allegato agli atti l’avviso di ricevimento, salvo che il convenuto si costituisca”. La previsione che possa esserlo se il convenuto si sia costituito depone per l’estraneità dell’allegazione dell’avviso di ricevimento alla struttura della notificazione, che si realizza con la consegna del piego contenente l’atto da notificare, di cui l’allegazione dell’avviso di ricevimento costituisce solo la prova, peraltro superflua se il convenuto si sia appunto costituito.
In difetto di costituzione del convenuto, l’omessa allegazione dell’avviso di ricevimento non consente, invero, alcuna inferenza né in ordine alla intervenuta consegna dell’atto al destinatario, né sulle ragioni per le quali la consegna potrebbe non essere avvenuta, né circa l’osservanza delle disposizioni in ordine ai requisiti della persona diversa dal destinatario cui l’atto può essere consegnato. L’unico dato di conoscenza emergente dalla relazione dell’ufficiale giudiziario è in tal caso costituito dall’essere stato il piego dato a mani del medesimo per la spedizione a mezzo posta e da questo all’ufficio postale per il recapito al destinatario ad un determinato indirizzo. Ma tanto evidentemente non vale a documentare che la consegna al destinatario sia stata poi effettivamente eseguita, e dunque che notificazione vi sia stata, né che sia mancata (o che sia stata eseguita in luogo o mediante consegna a persona in nessun modo riferibili al destinatario), né che essa, quand’anche avvenuta, non sia nulla per inosservanza, secondo quanto statuito dall’art. 160 cod. proc. civ., delle “disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia”, o per incertezza assoluta sulla sua identità. Quel che manca è, in tal caso, non già un elemento della fattispecie legale della notificazione (già verificatasi, o invalidamente intervenuta, o mancata), ma solo la documentazione destinata a provare un fatto, appunto la notificazione, che resta altrimenti ignoto e del quale non è possibile ravvisare in alcun modo l’esistenza (ma neppure l’inesistenza) in difetto di esercizio di attività difensiva da parte dell’intimato; la ricorrenza della quale, invece, per un verso attesta che la consegna è stata eseguita, avendo il destinatario avuto conoscenza dell’atto avverso il quale ha apprestato le sue difese e, per altro verso, può rivelarsi proprio per questo idonea a sanare, per intervenuto raggiungimento dello scopo dell’atto (ex art. 156, comma 3, cod. proc. civ.), le possibili nullità connesse ad una consegna irregolare.
2. Il caso deciso da queste Sezioni Unite con sentenza n. 10216 del 2006 - che la sezione tributaria richiama nel porre il problema del se, nel caso in cui l’intimato non abbia svolto attività difensiva e l’avviso di ricevimento non sia stato prodotto, sia o meno possibile disporre la rinnovazione della notifica del ricorso ex art. 291 c.p.c., ovvero concedere al ricorrente un termine per la produzione dell’avviso stesso - concerneva un’opposizione a decreto ingiuntivo, nella quale la consegna dell’atto per la notificazione era stata tempestiva ed invece il perfezionamento per il destinatario non si era compiuto a causa delle errate affermazioni date all’ufficiale giudiziario da un terzo, il quale aveva riferito, contrariamente al vero, che l’avvocato presso il quale l’intimante aveva eletto domicilio “era sloggiato”. L’opponente aveva, pertanto, di sua iniziativa notificato l’opposizione direttamente alla parte, ma questa volta con consegna dell’atto oltre il termine per la sua proposizione.
Negata dal giudice del merito la sussistenza dei presupposti di ammissibilità dell’opposizione tardiva, la sentenza è stata cassata per avere questa corte di legittimità escluso, in linea con le richiamate sentenze della Corte costituzionale, che dal mancato completamento dell’attività di notifica per “fatto non riconducibile a errore o negligenza del disponente” possa derivare, per lo stesso, un effetto di decadenza. Si è in particolare ritenuto che vada salvaguardato l’interesse del notificante a non vedersi addebitare il mancato esito della procedura notificatoria, per la parte sottratta al suo potere d’impulso, tutte le volte che esso “non per sua colpa” si sia determinato, all’uopo individuandosi due tipologie di moduli apprestati dall’ordinamento: quello attivabile su autorizzazione del giudice in accoglimento di previa istanza della parte, secondo lo schema della rimessione in termini di cui all’art. 184 bis c.p.c., che a sua volta rinvia all’art. 294 c.p.c.; e quello attivabile direttamente dalla parte, con atto soggetto al successivo controllo del giudice quanto all’effettiva esistenza delle ragioni che hanno impedito l’esercizio in modo tempestivo dell’attività altrimenti preclusa, secondo lo schema dell’opposizione tardiva di cui all’art. 650 c.p.c.. E si è chiarito che la scelta tra tali meccanismi non può essere operata a discrezione dell’interprete, ma deve avvenire in base ad un criterio di autocollegamento, nel senso che è dallo stesso sistema, o subsistema del quale fa parte il procedimento del cui “incolpevole” mancato completamento si tratta, che deve pervenire il modulo procedimentale per la rinnovazione della notifica precedentemente mancata “per causa non imputabile” al notificante.
3. Se può dunque dirsi acquisito il principio secondo il quale al notificante non può essere addebitato, ove non dipenda da un fatto a lui imputabile, il mancato perfezionamento della notificazione nei confronti del destinatario, alla stessa conclusione deve, a fortiori, addivenirsi in ordine alla mera mancanza di quella dimostrazio