-
16 settembre 2016
Il ricorso per riassunzione del giudizio davanti al giudice del rinvio
Continua a leggere -
8 giugno 2018
Ripresa a tassazione fondata sul transfer pricing domestico (operazioni tra società del medesimo gruppo)
Continua a leggere -
29 ottobre 2007
Pignoramento speciale dei crediti presso terzi
Continua a leggere
L'articolo 52 stabilisce, infatti che "Gli uffici periferici del Dipartimento delle entrate devono essere previamente autorizzati alla proposizione dell'appello principale dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione regionale delle entrate...".
Siffatto obbligo è stato precisato con la circolare n. 65/E del 3 dicembre 2007 dell’Agenzia delle Entrate
nonostante alcune recenti sentenze della Corte di Cassazione (sentenza 604/2005; sentenza n. 20516/2006 e sentenza n. 14912/2007) abbiano affermato che a seguito della istituzione delle Agenzie fiscali,"La disposizione dell'art. 52, comma 2, del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546... deve essere ritenuta non più suscettibile di applicazione nell'intervenuta operatività della normativa, di cui al D. Lgs. 30 agosto 1999, n. 300, che ha istituito le Agenzie fiscali, attribuendo ad esse la gestione della generalità delle funzioni in precedenza esercitate dai dipartimenti e dagli Uffici del Ministero delle Finanze, e trasferendo alle medesime i relativi rapporti giuridici, poteri e competenze, da esercitarsi secondo la disciplina dell'organizzazione interna di ciascuna Agenzia (art. 57): è palese che, nell'intervenuta soppressione di tutti gli uffici ed organi ministeriali ai quali essa fa riferimento, si deve escludere che da detta norma possano farsi discendere condizionamenti al diritto delle agenzie, e, in particolare, dell'Agenzia del Demanio, di impugnare in appello le sentenze delle Commissioni tributarie provinciali ad esse sfavorevoli
Giova sottolineare che tale ultimo (1) orientamento del giudice di legittimità ha ritenuto ormai
recessivo il precedente orientamento giurisprudenziale in materia, che con riferimento all'assetto organizzativo preesistente alla attivazione (1 gennaio 2001) delle Agenzie fiscali, aveva sostenuto l'inammissibilità del ricorso in appello dell'ufficio periferico dell'Amministrazione finanziaria proposto senza l'autorizzazione da parte della direzione regionale. La giurisprudenza era pacifica nel configurare l'autorizzazione come presupposto processuale, la cui mancanza determinava l'inammissibilità del gravame, nonostante la norma non contenesse una espressa previsione in tal senso (sentenze 13576 e 13196 del 2007, 20516/2006, 20782/2005, 4040/2004, 11321/2001).
Riflessioni
E’ evidente che il nuovo orientamento della Cassazione con riferimento all'autorizzazione all'appello ha reso necessario una presa di posizione dell'Agenzia delle entrate per indirizzare l'attività degli uffici. In effetti, con tale documento di prassi, l’Agenzia sottolinea che nonostante il mutato orientamento della Cassazione, la procedura di autorizzazione all'appello dovrà essere ancora applicata, trattandosi di uno strumento attraverso il quale le direzioni regionali esercitano le funzioni di indirizzo, coordinamento e controllo nei confronti degli uffici. Conserva, quindi, in ogni caso, la valenza di regola organizzativa interna nella gestione del contenzioso. E’ configurabile, ormai, in assenza di autorizzazione, una mera irregolarità avente rilevanza esclusivamente interna nei rapporti tra gli uffici, sanzionabile solo in sede disciplinare a carico del funzionario, che propose il gravame, e non in sede processuale innanzi alla CT Regionale adita. L'ufficio anche senza la prescritta autorizzazione ha la capacità processuale, poiché l'organo gerarchicamente superiore preposto al contenzioso tributario non ha il potere di legittimarlo a stare in giudizio. L'autorizzazione de qua non assurge a presupposto processuale, la cui mancanza determina la non valida instaurazione del rapporto processuale d'appello; l'appello, privo dell'autorizzazione in esame proviene da un soggetto legittimato e, pertanto, non si verifica il difetto della legittimazione ad appellare da parte dell'ufficio. Essa non è un requisito di valida costituzione in giudizio dell'ufficio e non assume il connotato di condizione d'efficacia. La sentenza della CT regionale che reputi ammissibile l'atto d'appello privo dell'autorizzazione de qua non è inficiata da invalidità.
La ratio che ispira l'autorizzazione de qua (atto interno) è quella di permettere all'organo gerarchicamente superiore di valutare l'opportunità e la convenienza a coltivare la controversia in sede di gravame; in particolare, si vuole evitare, tramite siffatto controllo di carattere preventivo, il proliferare d'appelli principali inammissibili (si pensi agli appelli a stampone) o infondati, comportanti gravi conseguenze per l'erario in virtù del principio della soccombenza alle spese del giudizio. Essa ha carattere discrezionale, poiché si valuta anche l'opportunità del rilascio.
Note
1) Per la sentenza n. 604/05 del giudice di legittimità “l’articolo 57 del dlgs n. 300/99 nell’intervenuta soppressione di tutti gli uffici ed organi ministeriali, esclude condizionamenti (come il visto di cui all’articolo 52 del dlgs 546/92) al diritto delle agenzie di impugnare in appello le sentenze delle commissioni tributarie provinciali ad esse sfavorevoli. E’ evidente che la scelta ermeneutica, adottata dalla sentenza n. 604 del 14/01/2005, fondata sul fatto che il predetto onere non è più previsto dalla normativa generale sul contenzioso tributario e precisamente dall’abrogato articolo 52, secondo comma, del dlgs 546/92 comporta, sotto il profilo sillogistico: a) La qualificazione della richiesta di autorizzazione come un atto meramente interno, irrilevante ai fini processuali, di organizzazione degli uffici; b) che tale tipologia di questione, non rientrando tra quelle relative all'esistenza delle condizioni dell'azione (rectius: alla legittimazione a stare in giudizio), non appartiene alla cognizione del giudice tributario; c) che l'autorizzazione a proporre l'appello, concessa dall'ufficio gerarchicamente sovraordinato, non appartiene al novero delle questioni preliminari di rito, poiché non integra la stessa legittimazione processuale dell'ufficio locale. Non trattasi, di un atto complesso, in cui la determinazione dell'ufficio di proporre ricorso in appello deve essere preceduta e approvata dalla direzione regionale che, a tale fine, appone un visto sul ricorso in appello alla commissione tributaria regionale. In definitiva, l’intervento delle sezioni unite statuisce, che il giudice tributario non ha il potere di verificare d'ufficio, l'esistenza e la validità dell'autorizzazione - rilasciata agli uffici periferici dell'Amministrazione finanziaria - per proporre appello principale avverso le decisioni delle commissioni tributarie provinciali, non trattandosi di una condizione di ammissibilità. Non è più recessiva, la tesi secondo cui l'appello, privo dell'autorizzazione de qua, è immune da qualsiasi tipo di censura; è configurabile, quindi, solo una mera irregolarità, avente rilevanza esclusivamente interna nei rapporti tra gli uffici, sanzionabile solo in sede disciplinare a carico del funzionario che propose il gravame e non in sede processuale innanzi alla commissione tributaria regionale adita. La sentenza della Ctr che reputi ammissibile l'atto d'appello privo dell'autorizzazione de qua è valida. Secondo l’intervento della cassazione l'autorizzazione alla proposizione dell'appello si configura come interna corporis sottratta ad ogni eventuale ed inopportuno sindacato da parte del giudice tributario.
Angelo Buscema
15 Dicembre 2007
ALLEGATO: