Verifica fiscale e illegittima acquisizione dei documenti: rassegna di giurisprudenza

Affrontiamo il problema delle conseguenze della illegittima acquisizione dei documenti posti a base di una rettifica.

Verifiche fiscali e accesso ai locali dell’impresa

Tra i vari poteri dell’Amministrazione Finanziaria, quello di accedere presso i locali dell’impresa è sicuramente quello più invasivo; per tale motivo, i problemi relativi alle sue procedure, con i suoi limiti e vincoli, costituiscono senz’altro quelli tra i più dibattuti.  Non è un caso che lo stesso legislatore abbia ritenuto di esprimersi al riguardo, nella legge nota come “Statuto del Contribuente”.

In questa puntata della rassegna giurisprudenziale vogliamo affrontare il problema delle conseguenze della illegittima acquisizione dei documenti posti a base di una rettifica; in base ad un corposo filone giurisprudenziale, infatti, ne potrebbe scaturire la nullità dell’atto di accertamento “derivato”.

 

Quando sono validi gli atti emanati senza autorizzazione

In tema di accertamento dell’Iva, nell’ipotesi prevista dall’art. 63, comma 1, secondo periodo, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n.  633, l’autorizzazione necessaria alla Guardia di Finanza – che abbia acquisito documenti, dati e notizie nell’esercizio dei poteri di polizia giudiziaria – per poterli utilizzare e trasmettere all’ufficio fiscale competente, non attiene allo svolgimento delle indagini, bensì alla disciplina del segreto istruttorio penale. Sicchè la mancanza dell’autorizzazione – che deve precedere, in tal caso, la suddetta trasmissione di atti, non anche l’avvio delle indagini – non incide direttamente sulla legittimità dei provvedimenti fiscali emanati a seguito dei documenti e delle notizie in tal modo acquisiti.

(Cassazione, Sentenza n. 7900/07)

 

Sulla previsione normativa della utilizzabilità degli elementi acquisiti illegittimamente

L’uso di documenti acquisiti nel corso di attività di polizia tributaria non è subordinato all’autorizzazione dell’Autorità giudiziaria, in quanto questo atto è posto esclusivamente a tutela del segreto istruttorio. E, comunque, la violazione delle regole dell’accertamento non comporta come conseguenza necessaria l’inutilizzabilità degli elementi acquisiti, in mancanza di una specifica previsione normativa.

(Cassazione, Sentenza n. 2676/07)

 

L’acquisizione dei documenti custoditi presso il commercialista

Attraverso le ispezioni autorizzate ai sensi dell’art. 52 del D.P.R. n. 633/1972,  l’Amministrazione può acquisire dati  utilizzabili  per accertamenti relativi a soggetti diversi rispetto al titolare del domicilio nei cui confronti è stata chiesta ed ottenuta  l’autorizzazione. 

Pertanto, laddove sia autorizzato l’accesso ad uno studio professionale, l’Amministrazione, legittimamente, acquisisce dati  a  carico  dei  clienti dello studio medesimo.

In ordine a quest’ultimo aspetto, si osserva che se fosse precluso agli organi verificatori –  nel corso di accessi debitamente autorizzati – prendere visione e, se del caso, acquisire atti e  dati fiscalmente rilevanti nei confronti di terze persone (non menzionate nel  provvedimento di autorizzazione), sarebbe agevole per il contribuente infedele sottrarre alle verifiche la  propria documentazione fiscale, bastando a ciò il semplice accorgimento di conservarla presso un’altra persona. Sarebbe così aperto un grosso varco all’evasione, mentre il sistema tributario è mosso proprio dall’esigenza contraria, diretta a potenziare gli strumenti di  accertamento, in guisa da creare i presupposti per garantire l’osservanza dei doveri tributari imposti a tutti dall’art. 53 della Costituzione.

(Cassazione, Sentenza n. 19837/05)

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Illegittima l’acquisizione di documenti reperiti nell’auto privata di un socio

Accessi, ispezioni e verifiche sono sempre consentite, su autorizzazione del capo dell’Ufficio, nei locali destinati in via esclusiva ad esercizio dell’impresa; verifiche e ricerche sono legittimamente eseguite su autoveicoli e natanti adibiti al trasporto per conto di terzi, relativamente a merci o altri beni viaggianti. In condizioni diverse, nessuna delle attività indicate è consentita senza autorizzazione del Procuratore della Repubblica, ovvero dell’Autorità giudiziaria più vicina.

(Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza, Sentenza n. 599/VII/03)

 

 

Utilizzabile la documentazione acquisita sull’auto dell’amministratore

È  legittima, anche in assenza dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica, la  verifica effettuata da una pattuglia della Guardia di finanza senza autorizzazione del Procuratore della Repubblica nell’automobile condotta dall’amministratore della società in quanto effettuata su un veicolo il cui utilizzo è riferibile all’attività della società stessa; conseguentemente sono legittime l’acquisizione di documentazione così avvenuta e la rettifica della dichiarazione annuale Iva. Nel caso in esame, la parte ricorrente non ha  mai eccepito o dedotto che l’autovettura appartenesse a soggetto estraneo all’impresa, ovvero che fosse adibita a trasporto per conto terzi.

(Cassazione, sentenza n. 10489/03)

 

La legittimità della acquisizione di documenti custoditi presso terzi

In caso di accesso, ispezione o verifica al domicilio del contribuente, il solo ostacolo che si pone è quello della tutela del diritto all’inviolabilità del domicilio, peraltro stabilito costituzionalmente. Da qui, la sola necessità che l’accesso avvenga su autorizzazione della Procura della Repubblica, nella quale, tra l’altro, dovranno essere valutate, comparativamente e con congrua motivazione, le esigenze dell’Amministrazione finanziaria e quelle insite nella tutela del domicilio del contribuente. Superato questo ostacolo, nulla si frappone al libero esercizio dell’indagine accertativa da parte della Guardia di finanza, la quale, pertanto, ove reperisca documentazione rilevante, anche se estranea al soggetto che ha subito la perquisizione, ha piena facoltà di acquisirla e, quindi, di utilizzarla ai fini dell’accertamento a carico di quest’ultimo soggetto. Questa interpretazione trova conferma nell’irrazionalità della tesi contraria. Se si ammettesse che, in quanto custodita presso terzi, detta documentazione non possa essere conosciuta ed acquisita da parte della Guardia di finanza nella sua corretta attività d’indagine, verrebbe a conferirsi al contribuente evasore una protezione ingiusta, contrastante con le prerogative dell’accertamento tributario e, quindi, con le finalità che esso persegue.

(Cassazione, Sentenza n. 3653/01)

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Legittima la rettifica basata su elementi rinvenuti nell’agenda dell’accertato

In sede di accertamento, anche le annotazioni e i dati rinvenuti dalla Guardia di Finanza nelle agende personali del soggetto sottoposto a verifica, in assenza di prova contraria, sono idonei a dimostrare i ricavi non registrati nelle scritture contabili; gli elementi desunti dalle suddette agende integrano, infatti, elementi univocamente significativi di ricavi non contabilizzati.

(Cassazione, Sentenza n. 6488/00)

 

Rinvenimento di documenti a seguito di accesso in abitazione

Il provvedimento di autorizzazione alla perquisizione domiciliare di un soggetto, emesso, su richiesta dell’ufficio Iva, dalla competente Procura della Repubblica, ex art. 52 del Dpr 633/1972, allo scopo di acquisire documentazione fiscale relativa al soggetto stesso, consente di ottenere, in tale domicilio, anche ulteriori documenti di pertinenza di soggetti diversi, pur se non menzionati nel provvedimento di perquisizione, atteso che la ratio ispiratrice della previsione normativa di cui all’art. 52 citato (a mente del quale gli uffici Iva possono essere autorizzati dalla Procura della Repubblica all’accesso in locali che siano adibiti anche ad abitazione per l’acquisizione degli elementi utili ai fini dell’accertamento dell’imposta e delle relative violazioni) è quella di tutelare il diritto del soggetto nei cui confronti l’accesso viene richiesto, e non quella di creare una sorta di immunità dalle indagini in favore di terzi, siano o meno conviventi con l’interessato.

(Cassazione, Sentenza n. 2775/01)

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L’accertamento basato su testimonianze di terzi

Non vi è alcuna violazione del diritto di difesa del contribuente e del principio del contraddittorio quando l’accertamento si sia basato anche su dichiarazioni e testimonianze rese da terzi. Infatti l’art. 37, DPR 600/1973, consentiva agli uffici, ai fini delle attività di controllo delle dichiarazioni dei contribuenti, l’utilizzo “delle informazioni di cui siano venuti comunque in possesso”, perché tutti gli elementi raccolti dall’Amministrazione fanno capo all’avviso di accertamento che il contribuente deve essere posto in condizione di contestare, come nella fattispecie è puntualmente avvenuto.

Con riferimento alle prove acquisite in sede penale, secondo la Commissione tributaria regionale di Bologna, sentenza n. 119 del 25.06.1999, “…in via generale, è possibile affermare che nei confronti dell’imputato indagato è legittimo utilizzare nel procedimento tributario, senza violare il suo diritto di difesa, qualsiasi prova a suo carico acquisita nel processo penale (sia costituita che costituenda)” mentre “tale possibilità, invece, non può valere nei confronti dei terzi, riguardo ai quali in genere si possono utilizzare solo quelle prove acquisite nel processo penale, purché nel processo tributario siano ammissibili prove della stessa specie”.

(Cassazione, Sentenza n. 12166/99)

 

L’acquisizione di documenti in autovetture di terzi

In tema di Iva, è illegittimo l’avviso di rettifica della dichiarazione del contribuente fondato   su documentazione contabile rinvenuta all’interno dell’autovettura di un suo dipendente,  sottoposta a controllo da una pattuglia della Guardia di finanza senza autorizzazione del procuratore della Repubblica, ancorché tale documentazione sia stata consegnata spontaneamente dal dipendente e i verbalizzanti siano stati da questo accompagnati nei  locali del contribuente (una società in nome collettivo) per la compilazione del processo  verbale di constatazione, atteso che il successivo accesso/verifica in detti locali non vale a rendere utilizzabili le risultanze di un’acquisizione documentale illegittima fin dalla sua origine.

Se dal contesto normativo del primo e dell’ottavo comma dell’art. 52 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, si evince in positivo che accessi, ispezioni e verifiche sono sempre consentiti, su autorizzazione del capo dell’Ufficio, nei locali destinati in via esclusiva ad esercizio dell’impresa, e che verifiche e ricerche sono altresì legittimamente esperibili su autoveicoli e natanti adibiti al trasporto per conto di terzi, relativamente a merci o ad altri beni viaggianti, dal medesimo contesto normativo si rileva altresì, in negativo, che in condizioni diverse nessuna delle attività innanzi indicate è consentita senza autorizzazione del Procuratore della Repubblica, e che pertanto l’acquisizione di documentazione rinvenuta su una autovettura non assoggettabile a controllo deve ritenersi illegittima in mancanza della prescritta autorizzazione, a nulla rilevando la spontaneità dell’esibizione della documentazione in oggetto da parte della proprietaria dell’autovettura.

(Cassazione, Sentenza n. 11036/97)

 

Ancora sulla documentazione rinvenuta nell’auto

In tema di Iva, in mancanza dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica (ovvero dell’Autorità giudiziaria più vicina) è illegittima l’acquisizione da parte della Guardia di Finanza di documenti contenuti all’interno di una borsa posta all’interno dell’autovettura del contribuente, ancorché, portata la borsa in caserma e chiusa in un plico sigillato, l’apertura del plico sia avvenuta con il consenso del contribuente.

(Cassazione, Sentenza n. 1036/98)