Per assoggettare ad IRAP il professionista, l’Ufficio deve provare l’esistenza di una autonoma organizzazione che renda non indispensabile il suo apporto

di Rassegna di Giurisprudenza

Pubblicato il 5 novembre 2006

Nelle cause relative alla debenza dell’IRAP da parte dei professionisti, ciascuna Commissione giudicatrice ha l’onere di accertare concretamente l’esistenza dell’autonoma organizzazione. Sulla base di tale sorta di “mandato”, disposto con la ormai famosa sentenza della Corte Costituzionale n. 156/2001, la Commissione Tributaria Regionale di Roma, sezione I, ha ritenuto condizionante la circostanza che l’Ufficio non abbia provato, nella’ppellare la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale, che il professionista in questione fosse dotato di una organizzazione tale da poter far considerare non indispensabile l’opera personale del medesimo. Pertanto, considerata la minima dotazione di beni strumentali, nel caso in specie un computer ed un’autovettura, posseduti da un commercialista, la Commissione lo ha ritenuto escluso dall’applicazione dell’IRAP; tali beni vengono addirittura giudicati dalla Commissione “appena sufficienti” per esercitare una qualunque professione.

Come si vede, anche questa sentenza incentra la propria motivazione sulla esistenza di una autonoma organizzazione quale elemento discriminante nell’applicazione dell’IRAP; tuttavia, un elemento interessante è quello già sottolineato, in base al quale è onere dell’Ufficio provare che esista tale requisito, pena la decadenza dall’azione.



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Con ricorso depositato in data 9 luglio 2002 …………., di professione Ragioniere Commercialista, ha impugnato il silenzio rigetto formatosi in relazione all’istanza di rimborso del 13.12.1999 con cui aveva chiesto all’Amministrazione Finanziaria il rimborso dell'IRAP versata per l'anno di imposta 1998 e 1999; concludeva chiedendo la condanna alla restituzione per mancanza del presupposto impositivo.

La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, dopo aver osservato che nel caso in esame non era dato ravvisare un’attività autonomamente organizzata, intesa come organizzazione di fattori della produzione diversi dal mero apporto personale e che, pertanto, non era riscontrabile l’idoneità a conservare la propria autonomia e produttività senza l’apporto del contribuente, né risultavano elementi estranei da coordinare ed organizzare, accoglieva il ricorso.

Avverso tale decisione l’Ufficio proponeva appello chiedendo, previa riforma dell’impugnata sentenza, la conferma del proprio operato.

Controdeduceva il contribuente, ribadendo che nel caso in esame mancava una organizzazione di fattori della produzione diversi dal mero apporto personale in quanto il medesimo aveva solo un computer ed una automobile.

L’appello non è fondato.

La Corte Costituzionale, con la nota Sentenza 21 maggio 2001, n. 156, ha ritenuto l’elemento organizzativo sempre connaturato alla nozione di impresa mentre, con riferimento alle attività di lavoro autonomo (di cui all’allora art. 49, 1° comma del T.U.I.R. oggi art. 55 n.d.r. quindi quelle svolte in modo abituale), ha precisato che è ben possibile ipotizzare un’attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui. Ed a tal fine, peraltro, ha demandato ai giudici di merito, ove aditi, l’indagine concreta circa l’esistenza o meno dell’autonoma organizzazione.

Nel caso di specie si tratta di un professionista abilitato all’esercizio di una professione protetta, Ragioniere Commercialista che, nel periodo di riferimento, ha ritratto il proprio reddito solo ed esclusivamente dalla propria opera intellettuale, con l’ausilio di minime dotazioni di mezzi, peraltro appena sufficienti per esercitare una qualsiasi attività professionale.

In buona sostanza, nel caso in esame, alla stregua delle prove documentali in atti, si può escludere l’esistenza di una organizzazione stabile con lavoratori subordinati o parasubordinati, tenuto anche conto dei limitati beni strumentali (un computer ed una automobile).

D’altra parte, l’Ufficio non ha provato minimamente che il professionista in questione fosse dotato di una organizzazione tale da poter far considerare non indispensabile l’opera personale del medesimo.

Alla luce delle considerazioni che precedono l’impugnata sentenza deve essere confermata e l’appello respinto.

P.Q.M.

Il Collegio respinge l’appello dell’Ufficio. Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 12.7.2005.