LE VERIFICHE FISCALI – VIII PARTE

di Rassegna di Giurisprudenza

Pubblicato il 18 dicembre 2005

Premessa

            Come ogni mese, il Commercialista Telematico offre una raccolta di sentenze di Giudici di merito e di legittimità.

Tra le sentenze relative alla verifica fiscale, approfondiamo oggi le conseguenze che possono scaturire dall’accertamento di alcune irregolarità contabili piuttosto frequenti nella prassi aziendale.

 

Deducibili i costi coperti da false fatture

Sono deducibili i costi relativi a fatture soggettivamente inesistenti, in quanto concorrendo le stesse ad occultare i reali destinatari delle merci in fattura, e non intaccando le transazioni che sono realmente avvenute, possono pertanto ben configurarsi come acquisti in nero coperti da false fatturazioni. Come tali concorrono in ogni caso alla formazione del reddito imponibile come componenti negativi, anche se non contabilizzati o coperti da false fatture, in quanto il mancato riconoscimento di questi acquisti comporterebbe l’assoggettamento all’imposta di un reddito infedele e non di quello effettivo.

(Commissione Tributaria Regionale Puglia, Sentenza n. 29/V/2005)

 

Ad un maggior reddito corrispondono anche maggiori costi

L’accertamento induttivo deve essere fondato non su percentuali astratte, ma su criteri di ragionevolezza e, soprattutto, deve tener conto del caso concreto.

Nell’accertamento, poi, è fondamentale il contraddittorio con il contribuente, in quanto consente all’amministrazione di conoscere le caratteristiche dell’attività esercitata. Del resto, il contribuente deve poter documentare le ragioni per le quali i ricavi dichiarati, se d’importo inferiore a quello presunto, possono ritenersi giustificati. L’utilizzo di qualsiasi strumento presuntivo deve consentire al contribuente di provare il contrario.

(Cassazione, Sezione Tributaria, Sentenza n. 19955/2005)

 

Le ricevute non registrate fanno prova contro il contribuente

Nell’accertamento fiscale per le imposte sui redditi ed in particolare nell’ambito dei contratti d’opera, il rinvenimento presso il contribuente di numerose ricevute di corrispettivi (acconti dell’intero costo dell’opera) non contabilizzate in violazione del D.M. 28 gennaio 1983, giustificano la rettifica del reddito imponibile del prestatore d’opera a mezzo d’accertamento analitico/induttivo ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett. d), del D.P.R. n. 600/1973 e il rinvenimento delle ricevute fuori contabilità costituisce presunzione grave, precisa e concordante del percepimento di maggior reddito imponibile.

(Cassazione, Sezione Tributaria, Sentenza n. 14788/2002)

 

La manodopera in nero giustifica la presunzione di maggiori ricavi

Ai sensi dell’art. 54, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, costituisce presunzione semplice “grave, precisa e concordante” quella derivante dal rilevamento da parte degli organi verificatori di mano d’opera superiore a quella indicata nelle scritture contabili, da essa desumendosi l’esistenza di maggiori ricavi imponibili ai fini Iva.

(Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, Sentenza n. 108/IX/2000)

 

Irregolarità nell’inquadramento dei dipendenti e inattendibilità della contabilità

Qualora a seguito di rapporti sia della Guardia di finanza che dell’Ispettorato del lavoro venga accertato che il personale addetto all’impresa percepisca 14 mensilità e rispetti regolarmente l’orario di lavoro, i relativi rapporti non possono ritenersi essere di collaborazione coordinata e continuativa, come appaiono in contabilità, ma di natura di lavoro dipendente. Da ciò ne deriva che, attesa l’inattendibilità delle predette scritture relative al personale, si rivela legittimo l’accertamento induttivo eseguito ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. 600/1973, motivato su dati di comune esperienza e su valutazioni di circostanze di fatto, dai quali consegua, nel piano logico, l’inattendibilità delle scritture contabili su cui si basa la dichiarazione dei redditi del contribuente.

(Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, Sentenza n. 197/XIV/2000)

 

Determinazione del reddito in presenza di ricavi non dichiarati

Qualora vengano accertati ulteriori ricavi rispetto a quelli dichiarati dal contribuente, nella determinazione del reddito imponibile non può non tenersi conto di tutti gli elementi (ricavi, proventi, costi ed oneri) che concorrono a formarlo, tanto più che, generalmente, proprio i maggiori costi ed oneri rendono in concreto possibili i maggiori ricavi.

Nel caso di specie, la Guardia di finanza aveva indicato, nei verbali di constatazione, a fronte di ricavi non dichiarati, anche l’ammontare dei costi “neri” necessari per l’acquisto della materia prima.

Secondo i giudici di cassazione sarà compito dei giudici di merito tenere presente anche i suddetti costi, quali effettivi componenti del reddito d’impresa dell’imputato. Solo la loro valutazione, infatti, renderà attendibile l’individuazione dell’entità dell’evasione realizzata dal contribuente, indispensabile, sia al fine di stabilire il superamento o meno della soglia di punibilità di cui al D.L. n. 429/1982, sia al fine di determinare in concreto la sanzione penale, in relazione alla gravità del fatto.

(Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza n. 13068/1998)

 

Una sola violazione non può determinare l’inattendibilità della contabilità

L’unica violazione accertata dalla polizia tributaria, consistente nella mancata registrazione della merce acquistata e indicata nella relativa bolla di accompagnamento, non assurge a violazione così grave, numerosa e inattendibile da rendere nel complesso inattendibili le scritture contabili ai fini della determinazione induttiva del reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 39, comma 2, lettera d) del D.P.R. 600/1973.

In tale situazione l’avviso di accertamento dell’ufficio non può prescindere dalle scritture contabili regolarmente tenute dalla società e deve essere effettuato in modo analitico nel rispetto del principio del contraddittorio.

(Commissione Tributaria Provinciale di Roma, Sentenza n. 105/IX/1998)

 

Induttivo in caso di rinvenimento di fatture per operazioni inesistenti

In ipotesi di fatturazione per operazioni inesistenti l’Ufficio è legittimato ad utilizzare lo strumento dell’accertamento induttivo prescindendo dalle risultanze contabili. Ai fini della quantificazione del reddito, assume rilievo l’importo complessivo delle fatture emesse in quanto, generalmente, l’effettivo provento conseguito è rapportato ad esso.

(Commissione Tributaria Provinciale di Milano, Sentenza n. 2/XXV/1998)

 

Accertamento induttivo in caso di mancata fatturazione

L’omessa fatturazione di ricavi per cessione di beni, la mancata contabilizzazione di costi per acquisti di beni, la tenuta di un documento extra contabile quale un libretto bancario su cui sono state fatte confluire somme afferenti vendite in nero si configurano come omissioni gravi e ripetute che giustificano il ricorso all’accertamento induttivo ai sensi dell’articolo 39, comma 2, lettera d) del D.P.R. 600/1973.

(Commissione Tributaria Provinciale di Milano, Sentenza n. 184/XIII/1998)

 

In caso di accertamento di maggiori ricavi occorre riconoscere anche i maggiori costi

Qualora, dall’esame della dichiarazione dei redditi del contribuente, risulti l’esistenza di false fatturazioni, la rettifica di essa da parte dell’amministrazione finanziaria, a mezzo di accertamento induttivo, deve essere effettuata mediante ricostruzione, anche in via analitica, di tutte le voci che hanno determinato il reddito imponibile, ovvero prendendo in considerazione tutte le componenti infedelmente dichiarate, sia che esso giovi all’amministrazione consentendo il recupero a tassazione di porzioni di reddito sottratte all’imposizione, sia che giovi al contribuente, determinando un abbattimento della base imponibile e del relativo tributo. In applicazione di tale principio di diritto, si conferma la sentenza di merito che aveva ritenuto scorretto il procedimento posto in essere dall’amministrazione finanziaria la quale, a fronte di una falsa fatturazione, aveva recuperato al reddito, aumentando l’imponibile, le componenti passive, ovvero i costi non sostenuti, senza parallelamente sottrarre dall’ammontare del reddito i ricavi in realtà inesistenti.

(Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 19062/2003)

 

Quando sono deducibili i costi in nero

Nell’accertamento del reddito d’impresa è stata ampliata la facoltà della prova del contribuente che può dimostrare che i ricavi e gli altri proventi non dichiarati siano stati prodotti attraverso spese e altri oneri che, pur non risultando dal conto profitti e perdite, siano specificamente afferenti i ricavi e gli altri proventi e, pertanto, siano deducibili dal reddito, se e nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi. In caso contrario si produrrebbe un effetto sanzionatorio aggiuntivo non voluto dal legislatore.

(Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 889/2002)

 

Ancora sul riconoscimento dei maggiori costi corrispondenti in caso di rettifica induttiva

Il principio sancito dall’art. 75 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e ribadito dall’art. 2, comma 6-bis, del D.L. 27 aprile 1990, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 giugno 1990, n. 165, secondo cui le spese sono deducibili se e nella misura in cui siano annotate nelle scritture contabili e abbiano concorso alla determinazione del risultato del conto profitti e perdite, non è applicabile in caso di rettifica induttiva, in cui alla ricostruzione dei ricavi deve corrispondere un’incidenza percentualizzata dei costi.

(Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 640/2000)

 

Indiscutibile l’inerenza dei costi collegati ai ricavi in nero

Qualora vengano accertati ulteriori ricavi rispetto a quelli dichiarati dal contribuente, nella determinazione del reddito imponibile non può non tenersi conto di tutti gli elementi – ricavi proventi, costi ed oneri – che concorrono a formarlo, tanto più che generalmente proprio i maggiori costi ed oneri rendono in concreto possibili i maggiori ricavi.

(Cassazione, sezione III penale, sentenza n. 13068/1998)