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Controversie relative al COSAP devolute alla giurisdizione tributaria: sussiste illegittimità costituzionale
La sentenza n. 64 del 10 marzo 2008 (dep. il 14 marzo 2008) della Corte Costituzionale così recita:E’ fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), nel testo modificato dall’art. 3-bis, comma 1, lett. b) del D.L. 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1 della L. 2 dicembre 2005, n. 248), sollevata in riferimento all’art. 102, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui devolve alla cognizione del giudice speciale tributario, in luogo del giudice ordinario, le controversie relative alla debenza del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (1), di cui all’art. 63 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446. Alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità secondo la quale il COSAP non costituisce obbligazione avente natura tributaria, non è ammissibile - giusta i principi costituzionali in materia di riparto della giurisdizione e delle competenze attribuite ed attribuibili ai giudici speciali, con particolare riferimento al divieto di costituzione ex novo, - devolvere la cognizione delle controversie inerenti detto canone alle Commissioni tributarie.
In particolare, l’iter logico- giuridico adottato da tale pronuncia può così essere puntualizzato:
Ø La giurisdizione tributaria deve essere considerata un organo speciale di giurisdizione preesistente alla Costituzione (ex plurimis: sentenza n. 50 del 1989; ordinanze n. 144 del 1998, n. 152 del 1997, n. 351 del 1995).
Ø Ciò posto, si perviene alla conclusione della fondatezza della questione attraverso i seguenti due passaggi argomentativi: 1) la modifica dell’oggetto della giurisdizione degli organi speciali di giurisdizione preesistenti alla Costituzione è consentita solo se non “snaturi” la materia originariamente attribuita alla cognizione del giudice speciale; 2) una volta che, conformemente a quanto asserito dal diritto vivente, sia esclusa la natura tributaria del COSAP, l’attribuzione alla giurisdizione tributaria – ad opera della norma censurata – delle controversie relative a tale canone “snatura” la materia originariamente attribuita alla cognizione del giudice tributario e, conseguentemente, viola l’evocato art. 102, secondo comma, Cost.
Ø Con riguardo al primo passaggio argomentativo, concernente il limite entro il quale la Costituzione consente al legislatore ordinario di modificare, senza “snaturarlo”, l’oggetto della giurisdizione dei giudici speciali tributari, va ricordato che (sentenze n. 196 del 1982, n. 215 del 1976, n. 41 del 1957; ordinanza n. 144 del 1998): a) l’evocato art. 102, secondo comma, Cost. vieta l’istituzione ex novo di giudici speciali diversi da quelli espressamente nominati in Costituzione; b) la VI disposizione transitoria della Costituzione – ad integrazione della disciplina posta dal citato art. 102 Cost. – impone l’obbligo di effettuare la revisione degli organi speciali di giurisdizione preesistenti alla Costituzione («salvo le giurisdizioni del Consiglio di Stato, della Corte dei conti e dei tribunali militari») entro il termine ordinatorio di cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione medesima.
Ø Benché l’indicata revisione non crei nell’ordinamento «una sorta di immodificabilità nella configurazione e nel funzionamento» delle giurisdizioni revisionate, tuttavia il legislatore ordinario – nel modificare la disciplina di tali organi giurisdizionali – incontra il duplice limite costituzionale «di non snaturare (come elemento essenziale e caratterizzante la giurisprudenza speciale) le materie attribuite» a dette giurisdizioni speciali «e di assicurare la conformità a Costituzione» delle medesime giurisdizioni (ordinanza n. 144 del 1998). Da tale giurisprudenza si desume che il menzionato duplice limite opera con riferimento ad ogni modificazione legislativa riguardante l’oggetto delle giurisdizioni speciali preesistenti alla Costituzione (sia in sede di prima revisione, che successivamente) e, altresí, che il mancato rispetto del limite di «non snaturare» le materie originariamente attribuite alle indicate giurisdizioni si traduce nell’istituzione di un “nuovo” giudice speciale, espressamente vietata dall’art. 102 Cost. L’identità della “natura” delle materie oggetto delle suddette giurisdizioni costituisce, cioè, una condizione essenziale perché le modifiche legislative di tale oggetto possano qualificarsi come una consentita «revisione» dei giudici speciali e non come una vietata introduzione di un “nuovo” giudice speciale.
Ø In coerenza con i sopra evidenziati principi e con specifico riferimento alla materia devoluta alla cognizione dei giudici tributari, questa Corte ha rilevato, in numerose pronunce, che la giurisdizione del giudice tributario «deve ritenersi imprescindibilmente collegata» alla «natura tributaria del rapporto» (ordinanze n. 395 del 2007; n. 427, n. 94, n. 35 e n. 34 del 2006). In particolare, con dette pronunce, la Corte – in riferimento a questioni di costituzionalità di disposizioni che, secondo i rimettenti, avrebbero attribuito alla cognizione dei giudici tributari controversie non aventi natura tributaria e, pertanto, avrebbero violato l’art. 102, secondo comma, Cost. – ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle sollevate questioni, perché i giudici a quibus non avevano neppure tentato di fornire un’interpretazione costituzionalmente orientata delle denunciate disposizioni. Essi, infatti, non avevano esplorato la possibilità di interpretare tali disposizioni nel senso che esse mantenevano ferma la competenza del giudice ordinario in materie non tributarie e, pertanto, non avevano spezzato il nesso di inscindibilità tra giurisdizione tributaria e materia tributaria richiesto dall’evocato parametro costituzionale.
Ø Da quanto precede deriva che l’attribuzione alla giurisdizione tributaria di controversie non aventi natura tributaria comporta la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici speciali. Tale illegittima attribuzione può derivare, direttamente, da una espressa disposizione legislativa che ampli la giurisdizione tributaria a materie non tributarie ovvero, indirettamente, dall’erronea qualificazione di “tributaria” data dal legislatore (o dall’interprete) ad una particolare materia (come avviene, ad esempio, allorché si riconducano indebitamente alla materia tributaria prestazioni patrimoniali imposte di natura non tributaria). Per valutare la sussistenza della denunciata violazione dell’art. 102, secondo comma, Cost., occorre accertare, perciò, se la controversia devoluta ai giudici tributari abbia o no effettiva natura tributaria. E, a tal fine, non si può prescindere dai criteri elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte per qualificare come tributarie le entrate erariali; criteri che, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato dalla normativa che disciplina tali entrate, consistono nella doverosità della prestazione e nel collegamento di questa alla pubblica spesa, con riferimento ad un presupposto economicamente rilevante (ex multis: sentenze n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005). Al riguardo, va sottolineato che, ove sia stata accertata la natura non tributaria della materia attribuita alla cognizione dei giudici tributari, si deve affermare l’illegittimità costituzionale di detta attribuzione, né possono addursi in contrario argomenti che non trovano fondamento nell’art. 102, secondo comma, Cost. e nella VI disposizione transitoria della Costituzione. Ad esempio, non sarebbe sufficiente, al fine di negare lo “snaturamento” della materia attribuita alla giurisdizione tributaria, affermare che le controversie relative ad alcuni particolari canoni, pur non avendo natura tributaria, sono legittimamente attribuite alla cognizione delle commissioni tributarie per la sola ragione che il fatto generatore delle suddette prestazioni patrimoniali è simile al presupposto che, in passato, avevano avuto alcuni tributi. Neppure sarebbe sufficiente addurre mere ragioni di opportunità per giustificare, sul piano costituzionale, la cognizione, da parte dei giudici tributari, di controversie non tributarie riguardanti fattispecie in qualche misura simili a quelle propriamente tributarie. Al contrario, come già rilevato, il difetto della natura tributaria della controversia fa necessariamente venir meno il fondamento costituzionale della giurisdizione del giudice tributario, con la conseguenza che l’attribuzione a tale giudice della cognizione della suddetta controversia si risolve inevitabilmente nella creazione, costituzionalmente vietata, di un “nuovo” giudice speciale.
Ø Con riguardo al sopra menzionato secondo passaggio argomentativo, concernente la natura non tributaria del COSAP, questa Corte deve preliminarmente prendere atto che la disposizione censurata è stata oggetto di numerose pronunce della Corte di cassazione. Tale giurisprudenza, dopo aver inserito il denunciato art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 203 del 2005 nell’ambito di una tendenza del legislatore ad ampliare progressivamente l’oggetto della giurisdizione tributaria mediante successive modificazioni dell’art. 2 del decreto legislativo n. 546 del 1992, ha costantemente dichiarato che le controversie attinenti al COSAP non hanno natura tributaria (ex multis, Cassazione, sezioni unite civili, nn. 25551, 13902, 1611 del 2007; n. 14864 del 2006; n. 1239 del 2005; n. 5462 del 2004; n. 12167 del 2003). In particolare, la Cassazione, dopo aver rilevato che il COSAP si applica in via alternativa al tributo denominato «tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche» (TOSAP), ha precisato che detto canone, da un lato, «è stato concepito dal legislatore come un quid ontologicamente diverso, sotto il profilo strettamente giuridico, dal tributo (Tosap) in luogo del quale può essere applicato» e, dall’altro, «risulta disegnato come corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici».
Ø Tali decisioni circa la natura non tributaria del COSAP, che – per il numero elevato, la sostanziale identità di contenuto e la funzione nomofilattica dell’organo decidente – costituiscono diritto vivente, prospettano una ricostruzione plausibile dell’istituto, non in contrasto con i sopra ricordati criteri elaborati dalla giurisprudenza costituzionale per individuare le entrate tributarie. Non sussistono ragioni, pertanto, perché questa Corte proceda ad una autonoma valutazione circa la natura del COSAP.
Ø Dalla evidenziata esclusione della natura tributaria del COSAP discende, dunque, l’illegittimità costituzionale della norma denunciata, perché questa attribuisce alla giurisdizione tributaria la cognizione di controversie relative a prestazioni patrimoniali non tributarie e, pertanto, si risolve nella creazione di un giudice speciale vietato dal secondo comma dell’art. 102 Cost.
Riflessioni
La Consulta ha, pertanto, statuito che è illegittimo qualsiasi intervento volto a devolvere alle Commissioni entrate non aventi natura tributaria. Per qualificare la natura di un'entrata occorre invocare i criteri elaborati dalla giurisprudenza e dalla dottrina. Secondo tali criteri non conta il nome attribuito dal legislatore ma le caratteristiche proprie del prelievo.
In tema di Cosap, la Corte di Cassazione, in numerose occasioni, si era espressa nel senso della qualificazione meramente patrimoniale dell'entrata.
Risulta recessivo l'orientamento della Corte di cassazione secondo cui le sanzioni irrogate da uffici finanziari sono sempre devoluti alle Commissioni, a prescindere dalla tipologia di sanzione. Si tratta di prelievi chiaramente non tributari di cui, proprio per questo, non possono essere investite le Commissioni.
Trattasi di una sentenza di accoglimento (manipolativa di natura sostitutiva) in cui la Corte sostituisce una norma costituzionalmente adeguata a quella dichiarata incostituzionale; con tale sentenza sostitutiva la Corte cancella la norma incostituzionale e nello stesso tempo ripiana la lacuna, così determinatasi, reperendo nella stessa disciplina, esistente nell’ordinamento, quella idonea a regolare la fattispecie.
La norma incriminata dalla Consulta, cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza, deve essere disapplicate da parte di tutti i giudici e non solo dai giudici remittenti, poichè le sentenze di accoglimento, che dichiarano l’illegittimità di una norma nella parte in cui questa consente qualcosa, hanno valenza erga omnes.
La pronuncia della Corte ha effetto generale (non limitato al singolo giudizio in cui la questione è stata sollevata) e definitivo.
Solo gli effetti dei rapporti esauriti non sono intaccati da successive pronunce di incostituzionalità e per rapporti esauriti devono intendersi quelli che, sul piano processuale, hanno trovato la loro definitiva conclusione mediante sentenza passata in giudicato, quelli per i quali sia divenuto definitivo l’atto impositivo.
Le decisioni di accoglimento hanno effetto retroattivo ed operatività nei confronti dei giudici e del legislatore; la loro efficacia è erga omnes ed ex tunc; tale efficacia retroattiva non si estende ai rapporti esauriti ossia a quelli che, sorti precedentemente alla pronuncia della Corte, abbiano dato luogo a situazioni giuridiche ormai consolidate ed intagibili in virtù del passaggio in giudicato di decisioni giudiziali, della definitività di provvedimenti amministrativi non più impugnabili
La retroattività della sentenza trova il suo naturale limite nella intangibilità delle situazioni e dei rapporti ormai esauriti in epoca precedente alla decisione della Corte.
Note
(1) vd. Massimo Conigliaro, le novità in materia di contenzioso tributario in www.https://www.commercialistatelematico.com luglio 2007 Massimo Conigliaro, la giurisdizione tributaria tra novità normative e orientamenti giurisdizionali in www.https://www.commercialistatelematico.com febbraio 2006.
Maurizio Villani, quadro sinottico tosap e cosap in www. Commercialista telematico. com ottobre 2005
Angelo Buscema
17 Marzo 2008