Banche in crisi, debitori insolventi e diritto alla privacy

alcune considerazioni in merito alla proposta del Presidente dell’ABI Antonio Patuelli di rendere pubblici i nomi dei maggiori debitori insolventi di Monte dei Paschi

Bagehot_-_Lombard_StreetHa fatto molto scalpore la proposta del Presidente dell’ABI Antonio Patuelli di rendere pubblici i primi 100 clienti di Monte dei Paschi che si sono dichiarati involventi ed hanno contribuito alla crisi bancaria.

Tale proposta viene sicuramente incontro alle esigenze della gente che vede sacrificati tanti fondi per il salvataggio di una banca mal gestita e non per altre politiche pubbliche che potrebbero apparire di maggiore utilità.

E’ difficile rispondere ad un dilemma del genere, ma come è accaduto negli Stati uniti nel 2008 la necessità di salvare una grande banca (e Monte dei Paschi di Siena non è solo la più antica banca del mondo ma anche una delle principali banche italiane) potrebbe essere necessario per mantenere la fiducia nel sistema bancario nazionale. Per chi ha voglia di leggere la storia della crisi del 2008 consiglio il libro di A.R. Sorkin Too Big to fail che spiega bene l’impatto del fallimento di Lehman Brother sulla stabilità dei mercati finanziari.

Sicuramente l’investimento pubblico, cioè la nazionalizzazione di una banca, ci pone davanti a numerose opzioni e valutazioni, in quanto la proprietà pubblica è sicuramente una extrema ratio e sicuramente ci pone alcuni dubbi sui principi di governo.

Uno dei principi che sono stati espressi è che chi ha contribuito a creare il dissesto dovrebbe essere responsabilizzato dal punto di vista patrimoniale; dal punto di vista civilistico esiste lo strumento dell’azione di responsabilità (ex arrt. 2392 -2395 e 2407 c.c.) che può essere attivato nei confronti dei soggetti previsti dalla legge.

La proposta di Patuelli va oltre, in quanto si richiede di responsabilizzare i clienti di banca Monte dei Paschi (e delle altre banche riceveranno l’aiuto dello stato) che hanno influito sul dissesto economico che ha portato alla nazionalizzazione. L’intento è nobile in quanto viene incontro ad un’esigenza di giustizia sentito da tutti, ma si scontra non col diritto alla privacy, ma con la logica di fondo.

La logica che sta emergendo è che i grandi clienti insolventi, cioè coloro che non hanno restituito alla banca quanto preso a prestito, abbiano una responsabilità diretta nel dissesto. In effetti Monte dei Paschi è una delle banche che detiene una dei più grandi stock di NPL in circolazione. Con l’acronimo NPL vengono definiti non performing loans, quindi i crediti in sofferenza, deteriorati e difficile realizzo derivanti dall’attività bancaria.

Il rischio di credito

Ecco, il problema sottostante la proposta di Patuelli è che la banca per la sua attività si espone al rischio di credito, cioè al rischio che i capitali prestati non vengano restituiti. In fondo una banca vende soldi non suoi (cioè i fondi depositanti) in cambio degli interessi. Ogni volta che la banca concede un finanziamento (che sia multimilionario piuttosto che un prestito di minimo importo) si accolla il rischio che il debitore sia insolvente e non riesca a ripagare il prestito. La capacità di un banchiere è quella di capire se il cliente che chiede un prestito è solvibile oppure no, cioè se sarà in grado di resituire il capitale preso a prestito e gli interessi pattuiti.

Ancora oggi vale quanto ha scritto Walter Bagehot nel famosissimo libro Lombard Street: “Credit means that a certain confidence is given, and a certain trust reposed. Is that trust justified? and is that confidence wise? These are the cardinal questions. To put it more simply credit is a set of promises to pay; will those promises be kept?

Dato che nessun soggetto decide di diventare insolvente e di fallire, è ovvio che l’insolvenza dei clienti ha generato un danno alla banca, ma o si suppone che vi sia stata una collusione fra la banca (rectius, il personale della banca) ed il cliente per concedere prestiti che sarebbero diventati inesigibili. Oppure, come suggerisce Patuelli, che il cliente si sia presentato alla banca proponendo dati falsi per riuscire ad ottenere prestiti che poi non avrebbe saputo restituire.

Patuelli di mendacio bancario.

L’art. 137 c. 1 del TUBC prevede il delitto di mendacio bancario, consistente nella condotta di “chi, al fine di ottenere concessioni di credito per sé o per le aziende che amministra, o di mutare le condizioni cui il credito venne prima concesso, fornisce dolosamente a una banca notizie o dati falsi sulla costituzione o sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria delle aziende comunque interessate alla concessione del credito”, quindi si sta parlando della condotta punita penalmente di chi fornisce alla banca dati falsi per riuscire ad ottenere condizioni contrattuali o prestiti migliori.

Sono completamente d’accordo con Patuelli che un comportamento truffaldino vada punito, anzi dovrebbe essere perseguito dalle procure competenti; tuttavia ci sfugge la logica del rapporto fra i debitori principali di Monte dei Paschi e la loro responsabilità: l’insolvenza di un debitore può avvenire per tantissime motivazioni, può avvenire anche che il debitore sia stato travolto dalla crisi economica senza responsabilità (il famigerato debitore onesto ma sfortunato), può essere avvenuto che la banca abbia sbagliato le valutazioni in sede di concessione del prestito… Oltretutto sembra dalla discussione in atto che non si tenga conto dei tanti debitori, magari anche per piccoli importi, che non riescono per le più svariate ragioni a restituire in tutto o in parte quanto ricevuto.

In fondo se 100 persone non restituiscono un mutuo da 100mila euro, producono lo stessa danno di una persona che non restituisce un prestito da 10 milioni di euro.

Parlando da commercialista che vede tanti clienti (più o meno furbi, più o meno capaci, più o meno fortunati) fare fatica ad onorare le scadenze a rientrare dei prestiti, non condivido la proposta di Patuelli.

Se la responsabilità del dissesto consiste in una cattiva gestione del credito concesso, allora bisognerebbe analizzare tutte le posizioni che fanno parte del paniere di NPL di Monte Paschi. Detto questo, il fatto che un debitore non riesca a restituire il prestito non vuol dire che voglia truffare la banca o i suoi creditori. Ad oggi non ho mai visto un imprenditore che aspira al fallimento della sua azienda per non pagare i creditori. E’ vero che esistono imprenditori che tentano di distrarre il proprio patrimonio per non pagare i creditori, ma vi sono una serie di strumenti di tutela per questi ultimi. E’ vero che la legislazione fallimentare italiana a volte è fallimentare nella tutela dei creditori, ma la cattiva legislazione non è colpa di un debitore insolvente.

La proposta di Patuelli ha un sapore medievale: quello di una gogna per i debitori, senza guardare al motivo per cui il prestito non è stato onorato. Nella Firenze mercantile dei tempi medicei al centro della Loggia del Mercato Novo è stata posta la Pietra dello Scandalo. La Pietra dello scandalo è un tondo marmoreo bicolore bianco e verde,. Questa pietra segnava il punto dove venivano puniti i debitori insolventi nella Firenze rinascimentale. La punizione consisteva nell’incatenare i condannati e una volta calate le braghe ne venivano battute le natiche ripetutamente sulla detta pietra (per la descrizione si fa riferimento al sito internet Firenze Segreta). Forse nella Firenze dei Medici, degli Strozzi e dei banchieri d’assalto rinascimentali poteva essere una buona punizione per il bancarottiere, ma al giorno d’oggi l’esposizione al pubblico ludibrio non sembra essere una soluzione al passo coi tempi.

A parere di chi scrive, salvo i casi truffaldini, appare che la prima responsabilità è di chi ha mal gestito il rischio di credito da parte di Monte dei Paschi.

14 gennaio 2017

Fra’ Diavolo