I pasti consumati dai dipendenti dei ristoranti ed il problema dell'IVA e delle imposte dirette

la somministrazione dei pasti ai dipendenti da parte del datore di lavoro che svolge attività di ristorazione non costituisce ricavo ai fini delle imposte dirette e non è assoggettabile ad IVA – pubblichiamo questo intervento in uno dei periodi di massimo lavoro per il settore della ristorazione

ivaLa somministrazione dei pasti ai dipendenti da parte del datore di lavoro che svolge attività di ristorazione non costituisce ricavo ai fini delle imposte dirette e non è assoggettabile ad IVA”.

Con riferimento all’imposizione sui redditi, ai pasti erogati a favore dei dipendenti, il profilo fiscalmente rilevante è rappresentato dalla deducibilità del costo relativo, consentita dall’art. 95 del TUIR che comprende tra le «spese per prestazioni di lavoro dipendente anche quelle sostenute in natura a titolo di liberalità a favore dei lavoratori, ...». A maggior ragione, siffatte «spese» vanno considerate deducibili dal reddito d’impresa se sostenute non a titolo di liberalità ma per obbligo contrattuale. Peraltro, la natura di costo non può costituire elemento presuntivo di afferente percezione di reddito per l’impresa.

Secondo l’art.95, c. 1, TUIRLe spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili nella determinazione del reddito comprendono anche quelle sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalità a favore dei lavoratori, salvo il disposto dell’articolo 100, comma 1, in base al quale “Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalitàdi educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi”.

Ai fini IVA, l’irrilevanza fiscale delle somministrazioni di alimenti e bevande nelle mense aziendali è disposta dall’art. 3, c. 3, Dpr 633/72, a prescindere dalla detrazione IVA operata sui relativi acquisti. A tal riguardo la R.M. n.561118 del 15.04.1991 ha chiarito che alle mense aziendali possono assimilarsi i luoghi nei quali vengono offerti servizi di mensa.

Secondo l’art. 3, c. 1, Dpr 633/72 Costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte. Costituiscono prestazioni di servizi a titolo oneroso quelle effettuate per l’uso personale o familiare dell’imprenditore o di coloro i quali esercitano un’arte o una professione o per altre finalita’ estranee all’impresa o all’esercizio dell’arte o della professione”.

Secondo il comma 2 Costituiscono inoltre prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo: … n.b4) le somministrazioni di alimenti e bevande”.

Secondo il comma 3 Le prestazioni indicate nei commi primo e secondo sempreche’ l’imposta afferente agli acquisti di beni e servizi relativi alla loro esecuzione sia detraibile, costituiscono per ogni operazione di valore superiore (ad euro cinquanta) prestazioni di servizi anche se effettuate per l’uso personale o familiare dell’imprenditore, ovvero a titolo gratuito per altre finalita’ estranee all’esercizio dell’impresa, ad esclusione delle somministrazioni nelle mense aziendali, a favore del personale dipendente”.

Ai fini della qualificazione, sotto il profilo IVA della somministrazione dei pasti, si tenga, tuttavia, presente l’orientamento della Corte di Giustizia (sentenza 10.03.2011, procedimenti riuniti C-497/09, C-499/09, C-501/09 e C-502/09), secondo cui “gli artt.5 e 6 della sesta direttiva del Consiglio 17.05.1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva del Consiglio 14 dicembre 1992, 92/111/CEE, debbono essere interpretati nel senso che: la fornitura di vivande o di cibi appena preparati pronti per il consumo immediato in stand o chioschi bar mobili o nei foyer dei cinema costituisce una cessione di beni ai sensi del citato art.5 qualora, da un esame qualitativo dell’operazione nel suo complesso, risulti che gli elementi di prestazione di servizi che precedono e accompagnano la fornitura dei cibi non sono preponderanti; fatto salvo il caso in cui un operatore di catering si limiti a fornire piatti pronti standardizzati senza altri elementi supplementari di prestazione di servizi o salvo qualora altre particolari circostanze dimo- strino che la fornitura delle vivande rappresenta l’elemento predominante di un’operazione, le attività di catering costituiscono prestazioni di servizi ai sensi del citato art. 6”.

In merito a servizi prestati gratuitamente al personale dipendente che possono esulare dall’ambito di applicazione dell’art. 6, n. 2, della Sesta direttiva, la Corte di Giustizia CE Sezione IV, Sentenza dell’11.12.2008, Causa C-371/07, Danfoss ha statuito che “l’art. 6, n.2, della sesta direttiva 77/388 deve essere interpretato nel senso che tale disposizione, da un lato, non riguarda la fornitura a titolo gratuito di pasti nelle mense di imprese nei rapporti di affari in occasione di riunioni che si svolgono nei locali di queste imprese, qualora da dati oggettivi – il che spetta al giudice del rinvio verificare risulti che tali pasti sono forniti per scopi strettamente professionali. D’altro lato, la detta disposizione riguarda in via di principio la fornitura a titolo gratuito di pasti da parte di un’impresa al suo personale nei suoi locali, a meno che il che spetta del pari al giudice del rinvio valutare le esigenze dell’impres

a, quale quella di garantire la continuità e il buon svolgimento delle riunioni di lavoro, richiedano che la fornitura dei pasti sia fornita dal datore di lavoro”.

—–

La Cassazione (sentenza N.21290 del 20.10.2016). ha ritenuto fondato il terzo motivo del contribuente ricorrente in ordine al fatto che la somministrazione di pasti costituisce prestazione di servizi, e non cessione di beni, come si evince dall’art. 3, ‘^ c., n. 4, Dpr n.633/1972, che colloca le somministrazioni di alimenti e bevande fra le prestazioni di servizi, e che tra i compensi esclusi dall’ambito delle remunerazioni in natura ai sensi dell’art. 48, che non concorrono a formare reddito, vi sono le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro. Aggiunge che trattasi di prestazione di servizi gratuita a favore dei dipendenti dell’azienda”.

Inoltre, la Cassazione ha ritenuto fondato il quarto motivo in ordine al fatto che, ai sensi della norma citata, affinché le prestazioni gratuite di servizi oggetto dell’attività d’impresa siano imponibili ai fini IVA è necessario che il valore di ciascuna prestazione sia superiore a £ 50.000 e l’IVA afferente gli acquisti di beni e servizi sia detraibile, mentre restano comunque escluse dall’IVA le somministrazioni di pasti nelle mense aziendali, e che il caso di specie, a parte il valore della prestazione pari a £ 20.000, è assimilabile a mensa aziendale”.

27 dicembre 2016

Antonino Pernice