Dualismo trasferta e trasfertismo: ecco l'interpretazione autentica a lungo attesa

il decreto fiscale collegato alla Legge di bilancio 2017 ha finalmente risolto i dubbi che riguardavano la figura del trasfertista, inquadrandola all’interno del Testo Unico: è stato definito il trattamento ai fini IRPEF del suo compenso

comm.tel-leggi.bilancio-2Il 24 novembre scorso il Senato ha approvato in via definitiva la legge di conversione (n.225/2016) del D.L. n. 193/2016, c.d. Decreto Fiscale, che contiene, all’articolo 7-quinquies, una norma attesa per decenni, un’interpretazione autentica di un particolare aspetto della determinazione del reddito da lavoro dipendente, quello legato al concetto di trasferta e trasfertismo.

Nel tempo, si è andata a delineare una continua contrapposizione tra prassi amministrativa (con posizioni spesso non allineate tra i vari interlocutori che nel tempo sono intervenuti in materia, Inps e Ministero del Lavoro in testa), giurisprudenza e azione ispettiva.

Sul punto, emblematica è stata la posizione assunta da diverse sedi territoriali Inps che, in aperto contrasto con le indicazioni emanate a livello centrale, durante l’attività ispettiva hanno sconfessato i contenuti della loro stessa prassi (messaggio n. 27271/2008) sganciandosi dalla definizione “formale” di trasfertismo e conducendo una valutazione autonoma delle fattispecie oggetto di verifica.

Fino ad oggi, al fine di inquadrare correttamente il concetto di trasfertismo, era possibile fare riferimento alla seguente disciplina:

  • l’art. 51 c. 6 del D.P.R. n. 917/1986 che ha identificato la soglia del 50% quale percentuale di rilevanza delle indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai trasfertisti (lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi), ai fini della determinazione del reddito da lavoro dipendente. Con la Circolare Ministeriale n. 326/E/1997, era stato posto l’accento sull’espletamento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi ai fini dell’identificazione dell’ambito soggettivo di applicazione della definizione contenuta nel T.U.I.R.;

  • la nota 25/I/0008287/2008 del Ministero del Lavoro e, analogamente, il messaggio Inps n. 27271/2008 con il quale furono delineati in maniera formale gli elementi riconducibili al concetto di trasfertismo, quali:

  • 1) la mancata indicazione nel contratto e/o lettera di assunzione del luogo di svolgimento dell’attività lavorativa,

  • 2) un’attività lavorativa caratterizzata da una continua mobilità,

  • 3) la corresponsione di una indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, non collegata all’occasione o al luogo della trasferta.

Come accennato, su questa definizione “formalistica” ha prevalso, in fase di ispezione da parte delle articolazioni territoriali dell’Istituto (forti anche di un favorevole orientamento giurisprudenziale), la concreta rilevazione dei fatti che, nella maggior parte dei casi, ha portato ad un’ampia applicazione del concetto di trasfertismo alle indennità erogate ai lavoratori di diversi settori, si pensi ad esempio ai lavoratori dei cantieri edili o agli installatori di impianti, con conseguente recupero di base imponibile, vista la concorrenza al 50% di tali indennità rispetto alla totale non assoggettabilità fiscale e contributiva dell’indennità di trasferta entro i limiti prescritti;

  • la giurisprudenza, invece, come spesso accade, è andata oltre, sganciandosi dal formalismo connesso all’identificazione della sede di lavoro “sulla carta” e concentrandosi sulle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Pertanto, si può configurare trasfertismo qualora la normale attività lavorativa si svolga al di fuori di una sede di lavoro originariamente (e formalmente) definita.

In questo ginepraio di autorevoli e quanto mai diversificate asserzioni, è evidente che un’interpretazione autentica contenuta in una norma di legge, con un importante effetto retroattivo (molto interessante soprattutto per le cause pendenti) mette un po’ di ordine.

L’art. 7-quinquies, comma 1, della legge di conversione dispone infatti che il comma 6 dell’articolo 51 del T.U.I.R. si interpreti nel senso che i lavoratori rientranti nella disciplina ivi dettata sono quelli per i quali sono presenti contestualmente le seguenti condizioni:

a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro;

b) lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente;

c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di una indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta.

Ma la norma prosegue, asserendo che tutte le situazioni che non presentino congiuntamente le citate caratteristiche possano essere trattate come trasferta, creando una sorta di super contenitore residuale: ai lavoratori ai quali, a seguito della mancata contestuale presenza delle condizioni di cui sopra, non è applicabile la disposizione sul trasfertismo di cui al comma 6 dell’articolo 51 del T.U.I.R. è riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta, previste al comma 5.

Indubbiamente, si tratta di una norma estremamente importante per tutti i numerosi operatori operanti nei cantieri, nei servizi, nell’installazione di impianti e nel trasporto, che potranno finalmente definire quelle situazioni border line che fino ad oggi avrebbero potuto essere ricondotte alla fattispecie del trasfertismo pur non presentandone, nel concreto, i caratteri salienti e distintivi.

15 dicembre 2016

Sandra Paserio e Giulia Vignati