Sul diritto di accesso nell'ambito dei procedimenti tributari

quali sono i diritti di accesso del contribuente cittadino agli atti tributari relativi a procedimenti tributari che lo riguardano? Analizziamo le modalità pratiche e gli ostacoli giuridici che può dover affrontare il contribuente nell’accesso agli atti tributari

libraryLa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9193 del 6.5.2016, ha affrontato una questione su cui ancora permangono profili di incertezza: il diritto di accesso ai documenti nell’ambito dei procedimenti tributari.

Nel caso di specie la CTR della Lombardia aveva rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate e confermato l’annullamento dell’avviso di rettifica emesso a carico di una società.

Il giudice di merito motivava la decisione osservando che, sebbene alla contribuente fosse stata consegnata copia del processo verbale di constatazione, nel quale erano state trascritte le ragioni poste a base dell’accertamento, non era stata contestualmente resa disponibile la documentazione ivi menzionata e relativa ad altra società coinvolta nelle operazioni oggetto di contestazione, con consequenziale violazione del diritto di difesa della società verificata.

L’Agenzia delle Entrate proponeva quindi ricorso per cassazione, denunciando la violazione dell’art. 56 del decreto IVA, dell’art. 7 dello Statuto del contribuente e dell’art. 2, c. 1-lett. b, del d.lgs. n. 32 del 2001.

L’Amministrazione censurava in particolare la sentenza d’appello laddove questa trascurava che, alla data di emissione dell’atto impositivo (24 luglio 2000), ovverosia anteriormente alla vigenza dello Statuto del contribuente (legge 27 luglio 2000, n. 212) e della novella legislativa del 2001 (d.lgs. n. 32 del 2001), i requisiti dell’atto impositivo

erano integralmente regolati dall’art. 56 del dpr 633/72, per cui, in caso di motivazione per relationem, era sufficiente l’indicazione dell’atto o del documento cui si rinviava per l’integrazione della motivazione, senza che fosse necessaria la sua materiale allegazione, purché fosse ostensibile nei modi previsti per l’accesso agli atti della P.A. ex legge 7 agosto 1990, n. 241.

L’Agenzia delle Entrate denunciava inoltre la violazione degli artt. 22 e 24 della citata legge n. 241 del 1990, in tema di accesso ai documenti di soggetti terzi, ancorché utilizzati dal fisco nell’accertamento tributario.

I motivi di impugnazione, secondo i giudici di legittimità, erano fondati.

In primo luogo la Corte ritiene infatti di dovere dare ulteriore continuità al principio giuridico secondo cui, in tema di motivazione degli atti impositivi tributari riguardanti l’IVA, il regime delineato dall’art. 56, c. 1, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e dagli artt. 3, cc. 3, 22 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241, anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, ed alla modifica recata all’art. 56 del d.P.R. n. 633 del 1972 dall’art. 2 del d.lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, comportava che il giudice dovesse accertare se l’atto notificato fosse dotato di motivazione diretta, o autonoma, ovvero di motivazione indiretta, per relationem, e in tale secondo caso, che fosse indicato l’atto o il documento cui si rinviava per l’integrazione della motivazione e che se ne fosse assicurato l’accesso ex art. 22 della legge n. 241 del 1990, anche nell’ipotesi in cui l’atto o il documento fossero già stati altrimenti resi conoscibili al contribuente (Sez. 5, Sentenza n. 13321 del 17/06/2011), senza che, pertanto, fosse necessaria l’allegazione dell’atto oggetto di rinvio (Sez. 5, Sentenza n. 18117 del 08/09/2004).

La Suprema Corte evidenzia come questo sia un orientamento oramai ampiamente consolidato nel diritto vivente (conf. Sez. 5, Sentenze n. 12353 del 10/06/2005 e n. 4153 del 20/02/2013).

Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, evidenzia poi la Corte, spetta a chiunque vi abbia un interesse personale e concreto per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, che ricorrono, per espressa previsione di legge (art. 24), nell’ipotesi in cui la conoscenza di documenti sia necessaria ai singoli per curare o difendere i loro interessi e si esercita nei confronti di ogni pubblica amministrazione, azienda autonoma e speciale, ente pubblico e gestore di pubblico servizio (art. 23).

Inoltre, evidenziano ancora i giudici, il diritto di accesso prevale sull’esigenza di riservatezza di ogni eventuale terzo ogniqualvolta l’accesso venga in rilievo per la cura o la difesa di interessi giuridici del richiedente (conf. C.d.S., Sez.6, Sentenze n. 5362 del 29/07/2004 e n. 4436 del 31/07/2003).

Nel caso di specie, comunque, in punto di fatto ed a prescindere dunque dalla questione teorica di diritto, non risultava che il fisco avesse negato l’accesso ai documenti necessari alla società contribuente per curare o difendere i suoi interessi, né risultava che essa avesse mai presentato domanda dì accesso.

Al di là del caso specifico (risoltosi, come visto, sulla base di dirimenti questioni di fatto), la sentenza è l’occasione per approfondire la questione relativa al diritto di accesso ai documenti nell’ambito del procedimento tributario.

L’art. 24 della legge n. 241 del 1990, come sostituito dall’art. 16, comma 1, della legge 11 febbraio 2005, n. 15, stabilisce infatti espressamente l’esclusione dell’accesso agli atti nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano.

Anteriormente alle modifiche operate dal legislatore con la richiamata L. n.15/2005, l’articolo 13 della legge 241/1990 stabiliva la non applicabilità delle disposizioni relative alla partecipazione al procedimento contenute nel capo III della legge medesima ai procedimenti tributari.

Il successivo art. 24, comma 6, escludeva dunque l’ammissibilità dell’accesso agli atti preparatori nel corso della formazione dei provvedimenti di cui all’art. 13, fra i quali i procedimenti tributari.

Con le modificazioni operate con la citata legge n. 15/2005 alla legge n. 241/1990, ferma restando, in base all’art. 13, la già prevista non applicabilità ai procedimenti tributari delle disposizioni relative alla partecipazione al procedimento contenute nel capo III della legge medesima (partecipazione al procedimento amministrativo), il Legislatore ha dunque espressamente escluso il generalizzato accesso agli atti nei procedimenti tributari per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano.

Andando ad approfondire più nel dettaglio quale è la generale relativa al diritto di accesso, questa è contenuta nel capo V della legge n. 241/1990.

Nell’ambito delle disposizioni del capo V, l’art. 22 stabilisce le “Definizioni e i principi in materia di accesso”, e l’art. 24 individua i casi di “Esclusione dal diritto di accesso”.

Più precisamente:

– l’art. 22, c. 1 lett. a, d, stabilisce che, ai fini del predetto capo V, si intende:

a) “per ‘diritto di accesso’, il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi”;

d) “per ‘documento amministrativo’, ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”;

– l’art. 24, c. 1, lett. b, stabilisce invece che “il diritto di accesso è escluso nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari disposizioni che li regolano”.

Mentre quindi, in base alle previgenti disposizioni, con riguardo ai procedimenti tributari, l’esclusione dell’accesso ai documenti amministrativi, come definiti dall’art. 22, era limitata ai soli atti preparatori ed esclusivamente nel corso della formazione del provvedimento (sì che l’accesso ai detti atti preparatori era, per l’effetto, differito al momento dell’emanazione del provvedimento), la vigente normativa sembra escludere espressamente il diritto di accesso ai documenti amministrativi nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari disposizioni che li regolano.

Ne consegue che, a tal fine, vigente il principio di specialità, occorre fare di volta in volta riferimento alle relative disposizioni normative “di settore”.

In particolare allora, quanto ai procedimenti tributari concernenti l’emissione dell’atto di accertamento (inteso come provvedimento finale) la conoscenza degli elementi a sostegno della pretesa impositiva è assicurata e garantita dall’obbligo di motivazione, essenziale per la stessa validità del provvedimento, fatta salva la conoscibilità degli atti richiamati nel provvedimento finale. Principio generale, ormai acquisito tra le disposizioni dello Statuto e che dunque vale come lex specialis anche in ambito tributario.

Sono invece da ritenere senz’altro esclusi dal diritto di accesso la documentazione relativa a corrispondenza epistolare, atti, consulenze, pareri resi fra le unità organizzative interne dell’Amministrazione.

In base poi alla giurisprudenza che si espressa sulla fattispecie (si ricorda in ogni caso che avverso il diniego di accesso agli atti è consentito il ricorso, nel termine di trenta giorni, al competente Tribunale Amministrativo Regionale, a norma dell’art. 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241), possiamo comunque evidenziare che l’esclusione dell’accesso alla documentazione del procedimento tributario deve, in base ad una lettura costituzionalmente orientata (come anche quella che, in sostanza, fa la Corte nella sentenza in commento), essere temporalmente limitata alla fase di pendenza del procedimento tributario, non rilevandosi esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento di adozione del provvedimento definitivo di accertamento dell’imposta dovuta (Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia – Milano, Sezione 3, Sentenza del 16-03-2015, n. 739).

In tema di accesso agli atti, la preclusione inerente gli atti del procedimento tributario, sancita dall’art. 24, lettera b), della legge n. 241 del 1990, nel senso che esso è escluso “nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano“, deve essere quindi intesa in senso relativo.

Ciò nonostante, però, è pur sempre necessario che, versandosi in tema di accesso di atti relativi al richiedente, ma anche a soggetti terzi, il richiedente segnali e specifichi la consistenza del proprio interesse all’accesso, indicando le ragioni per le quali ritiene che l’acquisizione di determinati atti potrebbe essergli utile a fini difensivi, in quanto la pendenza di un contenzioso tributario non determina l’automatica insorgenza di una generalizzata legittimazione del contribuente interessato a conoscere ogni e qualsiasi atti posto in essere dall’Amministrazione tributaria (Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Roma, Sezione 3, Sentenza del 14-07-2014, n. 7511).

La Legge 241 quindi, come detto, nell’escludere i procedimenti tributari dalle norme generali sulla partecipazione e sull’accesso, ammette che per questi procedimenti valgono le regole speciali previste dalle norme di settore.

Ma quali sono queste norme di settore?

Tali norme sono rinvenibili nello Statuto del contribuente, ossia nella legge 27 luglio 2000 n. 212.

A tal proposito rileva dunque senz’altro il disposto dell’art. 7, che prevede l’obbligo di motivazione di tutti gli atti (al pari di quanto è previsto dall’art. 3 della legge 241 sugli atti amministrativi in generale) e l’obbligo di allegare all’avviso quanto richiamato per relationem e non conosciuto dal contribuente.

L’art. 12, inoltre, dispone che il contribuente ha il diritto di essere informato delle ragioni che giustificano le verifiche fiscali.

Da notare che ci sarebbe infine anche l’art. 13 dello Statuto, che disciplina la figura del Garante del Contribuente.

In particolare l’art. 13 c. 6 consente infatti al Garante di rivolgere richieste di documenti o chiarimenti agli uffici competenti, che hanno l’obbligo di rispondere entro trenta giorni dalla richiesta.

Tra richiesta di documenti da parte del garante ed accesso agli atti vi sono tuttavia notevoli differenze.

L’accesso agli atti di cui alla legge 241/90 consente infatti al privato, come visto, di domandare documenti che possano servirgli per la tutela della propria posizione.

Viceversa la richiesta di informazioni del Garante può avvenire per verificare eventuali disfunzioni negli uffici finanziari, ai fini della segnalazione agli organi competenti.

Insomma un quadro generale le cui “sfumature” sono da tenere nella debita considerazione.

28 ottobre 2016

Giovambattista Palumbo