Paradisi fiscali, black list e controlled foreign companies – D Lgs 147/2015 e Legge 208/2015

Analizziamo la normativa che intende contrastare una programmazione fiscale aggressiva a livello internazionale, spostando le attività in paradisi fiscali dove si scontano aliquote fiscali molto ridotte e si usufruisce di normative poco trasparenti; le iniziative per la lotta ai paradisi fiscali.

Il progetto BEPS 

In ambito internazionale l’Italia è tra i maggiori sostenitori del Progetto BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) promosso in seno al G20, il forum dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali delle nazioni più sviluppate e realizzato dall’OECD Organisation for Economic Cooperation and Development per il contrasto all’elusione fiscale da parte delle imprese multinazionali.

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In tale contesto si avverte, infatti, la necessità condivisa di prevenire l’erosione delle entrate fiscali a fronte di operazioni di “aggressive tax planning”, adottando, ad esempio, trattati internazionali di scambio automatico di informazioni al fine di assicurare una maggiore trasparenza e corrispondenza tra il luogo in cui le attività economiche vengono effettuate e la relativa tassazione.

È alla luce di tali obiettivi che si sono succedute diverse novità legislative che vanno nella medesima direzione, non già quella di impedire o ostacolare i rapporti commerciali con le imprese localizzate in Stati a fiscalità privilegiata, quanto quella di contrastare la deduzione di costi inesistenti o avvantaggiarsi di tassazioni di favore.

A tale riguardo, è senza dubbio utile ripercorrere i passi normativi che via via si sono susseguiti.

La normativa concernente i rapporti tra le imprese residenti in Italia e i soggetti residenti in Paesi o territori con livelli di imposizione meno gravosi di quelli del nostro Paese è stata di recente oggetto di profonda revisione. La riforma ha toccato sia l’ambito dei rapporti commerciali con i fornitori residenti in aree di fiscalità agevolata e sia quello dei riverberi fiscali derivanti dal possesso di partecipazioni di controllo in soggetti non residenti.

Per quanto riguarda il primo aspetto delle forniture da Paesi a tenue fiscalità, l’evoluzione della normativa non ha portato ad una specifica “normazione” della fattispecie, nel senso che valgono ora in questa materia le medesime regole che governano la deduzione dei costi in ambito domestico.

Parimenti, la normativa concernente le cosiddette CFC, vale a dire le Controlled Foreign Companies partecipate controllate residenti in Paesi a fiscalità privilegiata, è stata definita avendo riguardo al criterio sostanziale del tax rate effettivamente applicabile nel Paese estero di residenza e non già al censimento o no del Paese stesso in determinate “liste”.

Di seguito è dato conto di taluni approfondimenti

 

Disciplina fiscale relativa ai paesi in BLACK LIST

La disciplina sui Paesi in Black List ante DL 147/2015

La disciplina relativa alle operazioni poste in essere con i soggetti residenti nei Paesi a tenute fiscalità è stata nel 2015 oggetto di numerosi interventi legislativi che ne hanno a più riprese modificato la portata applicativa, sino a pervenire all’attuale integrale abrogazione di ogni regime speciale.

Ma andiamo per ordine.

L’art. 110 c. 10 del TUIR, nella versione precedente le modifiche effettuate dal decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 147 (entrato in vigore il 7 ottobre 2015) stabiliva che  “Non sono ammessi in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Stati o territori diversi da quelli individuati nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’articolo 168-bis.
Tale deduzione è ammessa per le operazioni intercorse con imprese residenti o localizzate in Stati dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al citato decreto” 1.

Tali disposizioni erano oggetto di disapplicazione, ai sensi del comma 11 del medesimo articolo nel caso in cui le imprese residenti in Italia fornivano la prova che le imprese estere svolgessero prevalentemente un’attività commerciale effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondessero ad un effettivo interesse economico ed avessero avuto concreta esecuzione 2.

L’art. 110, c. 12, del TUIR. disponeva, inoltre, che le: “disposizioni di cui ai commi 10 e 11 non si applicano per le operazioni intercorse con soggetti non residenti cui risulti applicabili gli articoli 167 o 168, concernenti disposizioni in materia di imprese estere partecipate”.

In pratica, le citate disposizioni normative consideravano i “costi black list” indeducibili, fatta salva la prova che il soggetto estero svolgesse un’attività commerciale prevalente e che l’operazione avesse avuto concreta esecuzione e rispondesse ad un effettivo interesse economico.

La Legge n. 190/2014 (Legge di Stabilità 2015) in proposito, ridisegnando il regime di indeducibilità dei costi per favorire l’attività transfrontaliera delle imprese aveva stabilito che, ai fini di detta indeducibilità, dovessero rilevare soltanto i costi derivanti da operazioni con gli Stati che non garantivano un adeguato scambio di informazioni, a prescindere da un livello adeguato di tassazione (nuovo elenco D.M. 27 aprile 2015, di revisione della black list precedentemente definita dal D.M. 23 gennaio 2002)3.

 

La disciplina sui Paesi in Black List prevista dal DL 147/2015

Successivamente nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 22 settembre 2015 è stato pubblicato il decreto legislativo n. 147 del 14 settembre 2015 concernente “Disposizioni recanti misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese” emanato in attuazione dell’articolo 12 della Legge n. 23 dell’ 11 marzo 2014, con cui il Governo è stato delegato a introdurre norme per favorire l’internazionalizzazione dei soggetti economici operanti in Italia, in applicazione delle raccomandazioni degli organismi internazionali e dell’Unione Europea.

Per effetto dell’art. 5, comma 1, di tale decreto, con decorrenza dal 7 ottobre 2015 (vale a dire 15 giorni dopo la pubblicazione della norma in Gazzetta Ufficiale), la presunzione di integrale indeducibilità dei costi sostenuti con fornitori domiciliati in Paesi a fiscalità privilegiata è stata sostituita con la regola del “valore normale” dei beni e servizi acquistati.

In particolare, l’introduzione di tale criterio (art. 9 TUIR.) ha comportato le seguenti conseguenze:

  1. se il costo del bene/servizio acquistato è inferiore al valore normale dello stesso, il costo è pienamente deducibile;
  2. se il costo sostenuto per l’acquisizione del bene/servizio eccede il valore normale, la deducibilità della parte di costo eccedente il valore normale è subordinata alla dimostrazione, da parte del contribuente, dell’effettiva esecuzione dell’operazione e dell’effettivo interesse economico della stessa (seconda esimente prevista dal citato comma 11 dell’articolo 110 T.U.I.R.).

Coerentemente, è stata abrogata la prima esimente prevista dal predetto comma 11, ovvero quella che subordinava la deducibilità del costo all’effettivo esercizio di un’attività commerciale da parte dell’impresa estera, essendo di fatto tale situazione quella di più difficile dimostrazione per il contribuente.

In aggiunta è stata abrogato l’art. 168-bis del TUIR che prevedeva l’emanazione di una lista relativa ai Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni.

 

La disciplina sui Paesi in Black List prevista dalla Legge 208/2015 (Legge di Stabilità 2016)

L’attuale assetto normativo è stato delineato con la Legge di Stabilità per il 2016, vale a dire la n. 208 del 2015 che ha apportato ulteriori radicali modifiche ai criteri di deducibilità dei costi black list.

Infatti, sono state integralmente abrogate le norme in materia di costi derivanti da operazioni intercorse con imprese e professionisti localizzati in Stati o territori a fiscalità privilegiata, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015.

Per effetto dell’art. 1, c. 142, della citata Legge 208/2015, infatti, sono stati abrogati i commi 10, 11 e 12 dell’articolo 110 TUIR, cancellando ogni regime speciale per i costi da fornitori black list, i quali quindi tornano ad essere sottoposti alle sole regole ordinarie previste per la generalità dei costi (inerenza, competenza, oggettiva determinabilità e imputazione a conto economico), eliminando l’obbligo di separata indicazione in dichiarazione dei redditi.

 

 Le disciplina fiscale relativa alle Controlled Foreign Companies

EsteroRecenti modifiche normative hanno inciso anche per quanto concerne i redditi derivanti dalle cosiddette Controlled Foreign Companies, vale a dire le partecipazioni di controllo in società residenti all’estero assoggettate al c.d. “regime CFC” di cui all’art. 167 del TUIR e successive modifiche ed integrazioni, normativa volta ad implementare gli strumenti per contrastare il fenomeno degli arbitraggi fiscali internazionali effettuati da soggetti residenti in Italia mediante la costituzione di imprese partecipate controllate in Paesi o territori esteri con lo scopo di dislocare i redditi italiani in luoghi con fiscalità privilegiata.

I soggetti vincolati a tale regime sono, dunque, tutte le società residenti in Italia che detengono, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, il controllo di un’impresa, di una società o di altro ente, residente o localizzato in Stati o territori con regime fiscale privilegiato. Per controllo di una partecipazione si intende quello sancito dall’art. 2359 del codice civile4.

La Legge di stabilità per il 2016 ha apportato a tale disciplina alcune modifiche riformulando l’articolo nel solco di un’innovata esigenza di cambiamento già manifestata con i precedenti interventi legislativi citati, la Legge 23 dicembre 2014, n. 190 ed il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147.

La disciplina relativa alle CFC è stabilita dall’art. 167 del TUIR, il quale prevede che se un soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, il controllo di un’impresa, di una società o altro ente, residente o localizzato in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al comma 4 (diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni) i redditi conseguiti dal soggetto estero controllato sono imputati ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenute.

Un primo recente intervento di modifica normativa è stato portato per effetto dell’art. 8, c. 1, lett. a, del DLgs. 14.9.2015 n. 147, pubblicato in G.U. 22.9.2015 n. 220 (cosiddetto Decreto sull’Internazionalizzazione che si applica a decorrere dal periodo di imposta in corso al 7.10.2015).

Detta disposizione, in particolare, aveva già ristretto l’ambito di applicazione della disciplina, individuando Stati o territori a regime fiscale con riferimento all’art. 167 T.U.I.R..

In particolare, il comma 4 dell’articolo 167 T.U.I.R. individuava due criteri per definire i Paesi/territori a fiscalità privilegiata:

  1. il livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello italiano (tax rate inferiore al 50% di quello italiano) 5;
  2. la mancanza di un adeguato scambio di informazioni6.

La modifica ha, inoltre, reso l’interpello disapplicativo di cui al comma 5 dell’art. 167 non più obbligatorio, pur permanendo, in ogni caso, un obbligo di segnalazione in dichiarazione dei redditi relativa alla detenzione di partecipazioni in imprese estere controllate/collegate.

La Legge di Stabilità 2016, vale a dire la Legge 28.12.2015 n. 208, pubblicata in G.U. 30.12.2015 n. 302, S.O. n. 70, è intervenuta nuovamente sull’articolo 167 del T.U.I.R., restringendo ulteriormente l’ambito applicativo della norma a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2015.

L’articolo 1, comma 142, della citata Legge 28 dicembre 2015, n. 208, ha infatti, eliminato il rinvio alla black list (D.M. 21 novembre 2001) contenuto nell’art. 167, comma 4, del TUIR ai fini dell’individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato soggetti al regime delle CFC di cui all’art.167, comma 1, del TUIR.

Il riferimento alla black list è stato sostituito da un criterio univoco e oggettivo per effetto del quale si considerano privilegiati i regimi fiscali, anche speciali, il cui livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia.

Sono stati espressamente esclusi dall’ambito di applicazione del regime delle CFC di cui all’articolo 167, comma 1, del TUIR, gli Stati appartenenti all’Unione Europea ovvero aderenti allo Spazio Economico Europeo (SEE) con i quali il nostro Paese abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, cui rimane applicabile il regime delle CFC di cui all’art. 167, comma 8-bis, del TUIR, in presenza delle condizioni ivi previste congiuntamente:

  1. il soggetto estero controllato è assoggettato ad una tassazione <<effettiva>> inferiore a più della metà di quella a cui sarebbe assoggettato qualora residente in Italia (c.d. tax rate test)7;

  2. il soggetto estero ha conseguito proventi derivanti per più del 50% dalla gestione, dalla detenzione o dall’investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie, dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica nonché dalla prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l’ente non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa società che controlla la società o l’ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari (c.d. passive income test).

Anche in questo caso è possibile derogare all’applicazione della norma, deroga eventualmente anche comprovata mediante presentazione di interpello probatorio, e fornire la dimostrazione che l’insediamento all’estero non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale.

In conseguenza delle citate modifiche non è più possibile parlare di “CFC black list” né tantomeno di “CFC white list”, essendo venuto meno il riferimento alle liste (ex art. 168-bis del TUIR, abrogato dall’art. 10 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147 unitamente all’articolo 168).

Il comma 6 dell’articolo 167 TUIR, peraltro, dispone che i redditi del soggetto non residente, imputati ai sensi del comma 1, sono assoggettati a tassazione separata con l’aliquota media applicata sul reddito complessivo del soggetto residente e, comunque, non inferiore all’aliquota ordinaria dell’imposta sul reddito delle società, facendo venir meno il riferimento al fatto che la predetta aliquota non poteva essere inferiore al 27%, coerentemente alla previsione governativa di un abbassamento dell’aliquota IRES dal 27,5% al 24% con decorrenza 2017.

Tali redditi sono determinati in base alle disposizioni applicabili ai soggetti residenti titolari di reddito d’impresa, ad eccezione dell’articolo 86, comma 4. Dall’imposta così determinata sono ammesse in detrazione, ai sensi dell’articolo 165, le imposte pagate all’estero a titolo definitivo

Il nuovo criterio di individuazione dei Paesi a fiscalità privilegiata (art. 167, c. 4) vale per ogni altra disposizione di legge o regolamentare che faccia riferimento agli Stati o territori a fiscalità privilegiata. Si tratta delle norme che stabiliscono: la tassazione integrale dei dividendi provenienti da Paesi a fiscalità privilegiata (art. 47, c. 4, e art. 89, c. 3, T.U.I.R.); l’inapplicabilità della PEX per partecipazioni in Società residenti in tali Paesi (art. 87, lett. c, T.U.I.R.); la tassazione integrale dei capital gain delle persone fisiche (art. 68, c. 4, T.U.I.R.).

Il comma 4 recita che i regimi fiscali, anche speciali, di Stati o territori si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50% di quello applicabile in Italia, esprimendo un parametro lineare e semplice rispetto a quello del tax rate effettivo, che tuttora deve essere calcolato ai fini dell’applicazione della disciplina delle CFC di cui all’art. 167, comma 8-bis, del TUIR basata sul metodo del “comparable tax approach” così come definito dal Rapporto OCSE sulle controlled foreign company del 1996.

L’adozione del criterio del livello nominale di tassazione, pur nella sua semplicità, comporta un monitoraggio delle aliquote applicabili ai fini delle imposte sui redditi estere, nonché dell’eventuale entrata in vigore di nuovi regimi fiscali speciali.

Nel calcolo del tax rate effettivo, l’Agenzia delle Entrate nella circolare 6 ottobre 2010, n. 51/E ha sostenuto che il confronto tra la tassazione effettiva estera e quella “effettiva-virtuale” interna non occorre includere l’IRAP, anche se esistono orientamenti che, invece, tendono ad inserirla nel conteggio8.

In tale conteggio, occorre valutare

“regimi fiscali, anche speciali” che, in realtà non sono esaustivamente elencati. L’Amministrazione Finanziaria nella circolare 16 novembre 2000 n. 207/E aveva sostenuto “che una ‘tassazione sensibilmente inferiore’ è riscontrabile non solo con riferimento al livello delle aliquote delle imposte di un determinato Paese o del territorio, ma anche alle caratteristiche strutturali dei tributi, la cui applicazione comporti, di fatto, una tassazione inferiore in capo al contribuente. Esempi di tali regimi fiscali privilegiati possono essere quelli che interessano un solo settore economico o determinati tipi di soggetti”

adottando, quindi, un’accezione amplia in grado di ricomprendere anche agevolazioni specifiche.

Dal punto di vista operativo, le società che detengono partecipazioni di controllo in Paesi a fiscalità privilegiata sono obbligate al versamento di un’imposta sostitutiva sul 100% degli utili maturati da tali società in proporzione alle partecipazioni detenute, indipendentemente dalla distribuzione di dividendi.

Al fine di far concorrere i redditi per competenza, devono procedere alla compilazione di quadri specifici in UNICO, in particolare:

  • il quadro FC, relativo alla “rideterminazione del reddito” della controllata estera, uno per ogni controllata ed

  • il quadro RM, relativo alla “liquidazione” dell’imposta sostitutiva sui redditi rideterminati nel quadro FC, oltre a

  • alcuni righi del quadro RS, relativamente agli utili distribuiti dalle controllate estere soggette al regime CFC e ai crediti d’imposta per le imposte pagate all’estero.

L’obbligo del versamento dell’imposta sostitutiva e della relativa compilazione dei quadri può essere evitato qualora sia dimostrabile che, sin dall’inizio del periodo di possesso, la controllata CFC:

  1. svolge un’effettiva attività industriale e commerciale come principale attività nel mercato di insediamento (prima esimente),
    e/o, in alternativa, che
  2. non è utilizzata al fine di localizzare i redditi in Paesi a fiscalità privilegiata (seconda esimente).

La sussistenza per le società controllate dei requisiti qui sopra indicati e relativi

  • alla prima esimente, consente di posporre la tassazione (per cassa) al momento della distribuzione del dividendo dell’intero importo ricevuto (art. 167 c. 5 lett. a del TUIR)9;
  • alla seconda esimente, consente una tassazione equiparata ai dividendi ordinari non provenienti dai paradisi fiscali (per cassa con esenzione per il 95%).

La deroga non sarà in ogni caso applicabile relativamente alla condizione di cui al punto a), qualora i proventi della società CFC o altro ente non residente provengano per più del 50% dalla gestione, dalla detenzione o dall’investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie, dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica, nonché dalla prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l’ente non residente, ne siano controllati o siano controllati dalla stessa società che controlla la società o l’ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari.

Per ottenere un parere ufficiale sulla legittimità della disapplicazione della norma è possibile proporre interpello probatorio all’Amministrazione finanziaria (non più obbligatorio dal 2015)10.

Nel caso, invece, in cui la società decida di avvalersi di una o entrambe le esimenti senza presentazione dell’interpello:

  • la società è obbligata (a pena di pesanti sanzioni)11 a segnalare nella dichiarazione dei redditi le partecipazioni estere di controllo per le quali non è stata applicata la relativa disciplina CFC avvalendosi delle esimenti, che non sono giustificate da interpello con esito positivo;

  • l’Amministrazione finanziaria, prima di procedere ad eventuali rilievi, è costretta a richiedere chiarimenti, fornendo un congruo tempo per la risposta (90 giorni) e successivamente, ove l’Amministrazione finanziaria non ritenga idonee le prove addotte, dovrà darne specifica motivazione nell’avviso di accertamento.

La tassazione in Italia del reddito estero delle controllate CFC si ottiene (separatamente e in proporzione alla misura della partecipazione) applicando al loro reddito, rideterminato secondo (tutte) le regole italiane valevoli per la determinazione del reddito d’impresa12, l’aliquota media di tassazione del reddito complessivo netto della partecipante italiana, con un aliquota che non può comunque essere inferiore al 27%13. Ciò deve essere applicato (per competenza) all’utile maturato, indipendentemente dalla effettiva distribuzione dello stesso.

Qualora risultasse, invece, una perdita, questa è computata negli esercizi successivi in diminuzione dei redditi della stessa società controllata CFC ai sensi dell’art. 84 del TUIR (quindi non dei redditi dei soggetti partecipanti).

Dall’imposta determinata come sopra, sono ammesse in detrazione le imposte estere pagate a titolo definitivo fino a concorrenza dell’imposta italiana (usufruendo del credito d’imposta, con le modalità previste dall’art. 165 TUIR).

 

Percezione di utili da CFC Controlled Foreign Companies

In considerazione del fatto che il regime in oggetto tende ad anticipare la tassazione italiana degli utili delle controllate assoggettate al c.d. “CFC rule”, al fine di evitare duplicazioni, gli utili da queste distribuiti non concorrono alla formazione del reddito della società residente fino a concorrenza dell’ammontare del reddito già assoggettato a tassazione separata per competenza negli esercizi precedenti14.

Tuttavia i dividendi provenienti da partecipazioni di controllo dirette in società CFC eccedenti la quota tassata concorrono in misura integrale alla formazione del reddito imponibile (salvo l’applicazione della seconda esimente – dimostrazione che il possesso della partecipazione non ha lo scopo di delocalizzare i propri redditi)15.

Per quanto riguarda le imposte pagate all’estero sugli utili distribuiti, comprese le ritenute sui dividendi, possono costituire un credito d’imposta fino al limite della differenza tra l’imposta separata italiana già liquidata e le imposte pagate all’estero a titolo definitivo già considerate in diminuzione (art. 167 c. 7 T§UIR).)

A tal proposito è fondamentale la compilazione degli appositi righi nel quadro RS al fine di evidenziare, appunto, quanta parte di redditi tassati in anni passati è già stato assoggettato ad imposta sostitutiva al fine di evitare la doppia imposizione in occasione della distribuzione di dividendi.

Per i dividendi percepiti in regime CFC – eccedenti quelli assoggettati a tassazione separata viene riconosciuto, a partire dall’esercizio 2015, un credito d’imposta corrispondente alle imposte pagate dalla società controllata estera in proporzione all’utile distribuito (le imposte accreditabili sono, tuttavia, solamente quelle relative ai periodi d’imposta dal 2010 in poi)16, ma ciò può avvenire unicamente nel caso in cui sia applicabile la prima esimente di cui al paragrafo precedente (in tal caso occorre essere in grado di provare lo svolgimento prevalente di un’effettiva attività industriale e commerciale).

Ai soli fini dell’applicazione dell’imposta, il credito d’imposta (riconosciuto per le imposte assolte durante il periodo di possesso della partecipazione, in proporzione agli utili conseguiti e nei limiti dell’imposta italiana relativa a tali utili) va imputato come variazione in aumento del reddito imponibile complessivo.

 

25 AGOSTO 2016

Cosimo Turrisi e Giovanni Mocci

 

 

 

NOTE

1 Le spese e gli altri componenti negativi deducibili dovevano essere separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi.

2 L’Amministrazione Finanziaria prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento d’imposta aveva obbligo di notificare all’interessato un apposito avviso con il quale richiedere chiarimenti concedendo un termine di 90 giorni.

3 L’art. 1, c. 678, della citata Legge 23.12.2014 n. 190 (S.O. n. 99 G.U. 29.12.2014 n. 300) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita’ 2015) disponeva infatti che “Ai fini dell’applicazione delle disposizioni dell’articolo 110, comma 10, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, nelle more dell’emanazione del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di cui all’articolo 168-bis del medesimo testo unico, l’individuazione dei regimi fiscali privilegiati è effettuata, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, con esclusivo riferimento alla mancanza di un adeguato scambio di informazioni”.

4 Con D.L. 147/2015 è stata soppressa, a partire dall’esercizio 2015, l’estensione, vigente dal 2006, del regime CFC alle società collegate residenti in un paradiso fiscale (soppressione dell’art. 168 TUIR), accompagnato da un particolare regime transitorio per il 2015 per i dividendi riferibili a redditi provenienti da tali società collegate già tassati per trasparenza in base alla norma abrogata.

5 Un livello di tassazione eccessivamente basso, come individuato dal comma 680 della Legge di Stabilità 2015, cioè inferiore al 50% di quello vigente in Italia – oggi con un’aliquota “nominale Ires più Irap del 31% quindi con un tasso nominale d’imposta complessivo attualmente inferiore al 15,50% (relazione illustrativa al D.M. 30.3.2015). E’ previsto, inoltre, che, con altro provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate (non ancora emesso), verrà fornito un elenco dei regimi fiscali speciali ai fini CFC che prevedono un livello di tassazione inferiore al 50% di quello previsto in Italia, anche qualora siano applicati da un Paese con regime di tassazione generale non inferiore al 50% di quello italiano.

6 La normativa CFC è stata introdotta nel nostro Paese nel 2000. L’elenco dei Paesi black list ai fini CFC è stato individuato successivamente in base ai due criteri suindicati da un apposito provvedimento (DM 21/11/2001, ultimamente modificato da due decreti MEF del 30/03/2015 e del 18/11/2015, che hanno ridotto a 63 i Paesi inclusi).

Tale elenco comunque va considerato in senso “non tassativo”, per cui occorre verificare per gli esercizi fino al 2015, per ciascuna controllata estera, indipendentemente dalla sua collocazione territoriale, il verificarsi di condizioni equivalenti.

7 Il confronto, in questo caso, va effettuato sulle imposte sul reddito (solo Ires più addizionali, esclusa in ogni caso l’IRAP), individuate dalla Convenzione contro le doppie imposizioni vigente con lo Stato estero, effettivamente dovute, calcolate come rapporto tra l’ammontare delle imposte correnti (escluse le differite) sull’utile ante imposte.

8 In ordine alla metodologia operativa di determinazione dell’effective tax rate domestico, si rinvia ai chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate nel paragrafo 5.1 della circolare della Direzione centrale Normativa del 06-10-2010, n. 51/E laddove è stato sostenuto che “la valutazione non può prescindere da una rideterminazione virtuale – secondo le disposizioni ordinariamente previste dal T.U.I.R. in materia di reddito d’impresa – del reddito prodotto dalla controllata estera”.

9 Inoltre, la presenza delle condizioni previste per la prima esimente consente di usufruire, con determinati limiti, del credito d’imposta per le imposte pagate all’estero.

10 A seguito delle modifiche delle misure introdotte dall’art. 8 D.Lgs. 14 settembre 2015 n. 147. L’Amministrazione Finanziaria ha 120 giorni per dare una risposta, oltre i quali si verifica il silenzio-assenso. Le risposte ottenute a seguito degli interpelli presentati negli anni precedenti continuano ad essere valide finché non si verifichi un modifica delle condizioni di operatività della controllata residente in Paesi con fiscalità agevolata. Viceversa, l’interpello per le società controllate estere residenti negli altri Paesi (utile per ottenere una conferma da parte dell’Amministrazione del corretto inquadramento) non è ammesso, a meno che la società richiedente abbia aderito all’adempimento collaborativo (c.d. Cooperative Compliance, di cui all’art. 3 del D.Lgs. n. 128/2015).

11 «Quando l’omissione o incompletezza riguarda la segnalazione … si applica una sanzione amministrativa pari al 10 per cento del reddito conseguito dal soggetto estero partecipato …, con un minimo di 1.000 euro ed un massimo di 50.000 euro … anche nel caso in cui il reddito della controllata estera sia negativo» (art. 8 c. 3-quater del D.Lgs. 18.12.1997, n. 471 aggiunto dal Decreto sull’internalizzazione n. 147/2015, all’art. 8, c. 2).

12 Si tratta delle variazioni in aumento e in diminuzione previste dal TUIR insieme, a partire dal 2015, alle altre regole per la determinazione dell’IRES dovuta, quali ad es. l’aiuto alla crescita economica (ACE – di cui all’art. 1 del DL n. 201/2011). Con l’unica eccezione della rateizzazione delle plusvalenze.

13 Per le società soggette ad IRES che non beneficiano di agevolazioni in pratica l’aliquota media equivale sempre all’aliquota nominale (oggi al 27,5%).

14Se gli utili distribuiti dalla CFC originano da un reddito precedentemente tassato per trasparenza in capo al socio italiano, gli stessi non vanno nuovamente tassati in capo al medesimo soggetto. Ciò a prescindere dalla circostanza che, a seguito delle variazioni in aumento ed in diminuzione operate al fine di determinare il reddito imponibile, quest’ultimo sia superiore o inferiore all’utile dell’esercizio distribuitocircolare Agenzia Entrate del 26/05/2011, n. 23/E

15 La circolare Agenzia Entrate del 16/03/2015, n. 10/E dispone che gli utili distribuiti si presumono prioritariamente formati con quelli soggetti a tassazione separata.

16() Comma 3 dell’art. 89 del TUIR, così come modificato dal D.Lgs. 147/2015.