Natura e trattamento fiscale delle cambiali e tempistiche di contabilizzazione

a fronte di prestazioni di servizi, con pagamento tramite cambiali a scadenza successiva rispetto alla prestazione ricevuta quando va emessa la fattura? La risposta della Cassazione

dubbioso_immagineLa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7286 del 13.04.2016, seppur respingendo il ricorso per cassazione in quanto inammissibile (nelle modalità di proposizione del quesito), ha comunque espresso considerazioni utili a comprendere il trattamento fiscale delle cambiali, in particolare sotto il profilo degli obblighi temporali di fatturazione.

Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza n. 145/66/09, depositata il 22.06.2009, confermava la sentenza di primo grado, che aveva accolto il ricorso proposto dalla società contribuente avverso avvisi di accertamento per IVA relativi agli anni di imposta 2001 e 2002.

Per entrambi gli anni di imposta era stata contestata la tardiva emissione di fatture relative ad operazioni imponibili, poiché la società, a fronte di prestazioni di determinati servizi, aveva ricevuto in pagamento alcune cambiali a scadenza successiva senza emettere contestuale fattura.

In particolare l’Ufficio riteneva che l’emissione della fattura avrebbe dovuto coincidere con l’emissione delle cambiali, mentre la società l’aveva fatta coincidere con il momento di riscossione delle cambiali, che, a suo avviso, veniva ad individuare il momento del pagamento.

Il giudice di appello giudicava dunque corretto il comportamento della contribuente ed affermava che la cambiale, ad eccezione della ipotesi con “scadenza a vista“, non poteva essere considerata uno strumento di pagamento, ma uno strumento di credito rafforzato dalla forma sul piano della garanzia, natura che non veniva mutata dalla circostanza che la cambiale potesse essere “scontata” in banca, in quanto, in caso di inadempimento del debitore, veniva restituita al presentatore.

L’Agenzia delle Entrate proponeva infine ricorso per cassazione, lamentando la violazione degli artt. 6, c. 3, e 21 del DPR n.633/1972, in combinato disposto con gli artt. 38, 43 e 46 del RD n.1669/1933 e chiedendo di sapere se si applicasse o meno la norma giuridica, ricavata dalle norme invocate, secondo cui “il rilascio di cambiali, anche non pagabili a vista, per il pagamento del corrispettivo di una prestazione di servizi, comporta, a carico del soggetto che ha effettuato la prestazione, l’obbligo di emettere la relativa fattura, per lo meno al momento della girata o dello sconto dell’effetto cambiario“, anzichè la diversa interpretazione concretamente applicata dalla CTR, per la quale il rilascio di cambiali non pagabili a vista quale corrispettivo di una prestazione di servizi non determina l’obbligo di fatturazione al momento del rilascio della cambiale, ma al momento del suo pagamento da parte del debitore cambiario originario.

Il motivo con cui era denunciata la violazione di legge, secondo i giudici di legittimità, era come detto inammissibile ex art. 366-bis c.p.c., il quale richiede che il quesito di diritto debba essere formulato in termini tali da costituire una chiara sintesi logico-giuridica della questione, originale ed autosufficiente, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte.

Nel caso di specie, invece, secondo la Corte, il motivo di ricorso era sorretto da quesito la cui formulazione si rivelava inadeguata a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie e quale fosse, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare.

In particolare, infatti, sottolinea la Corte, la ricorrente introduceva con il quesito alcune questioni, relative all’effetto dell’eventuale girata o sconto della cambiale sul momento in cui scatta l’obbligo di fatturazione, che sembravano del tutto nuove in quanto non descritte in modo autosufficiente rispetto alla fattispecie concreta in esame.

Inoltre, evidenziano ancora i giudici, l’Agenzia non coglieva comunque la ratio decidendi della sentenza impugnata, costruita sulla funzione di strumento di credito e garanzia della cambiale non pagabile “a vista” e non di strumento di pagamento.

Nella prassi commerciale, in effetti, i sistemi d’incasso/pagamento sono molto differenziati e solo raramente gli operatori ricorrono allo scambio di denaro contante. Si possono dunque determinare problematiche interpretative con riguardo all’imputazione temporale nelle ipotesi in cui il committente/debitore utilizza, per estinguere l’obbligazione, strumenti diversi dal contante.

In tale contesto, il rilascio della cambiale, indipendentemente dal fatto che avvenga pro soluto o pro solvendo, dovrebbe in realtà realizzare comunque il momento del pagamento del corrispettivo.

Infatti:

a) il credito cambiario è distinto dal rapporto fondamentale che intercorre tra le parti (traente e prenditore, prenditore e girante, girante e giratario, eccetera);

b) con il possesso del titolo, il cedente del bene o il prestatore del servizio può, anche immediatamente, realizzare, attraverso l’operazione di sconto o la cessione del titolo, il corrispettivo dell’operazione a fronte della quale è stato emesso il titolo;

c) la natura di credito circolante mediante girata comporta che il cedente o prestatore non è in grado di conoscere con esattezza il momento in cui il titolo viene ritirato, e conseguentemente non è in grado di emettere tempestivamente la fattura.

Ai sensi dell’art. 1260 c.c., il creditore può dunque trasferire, a titolo oneroso o gratuito, il suo credito anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge.

Le parti possono quindi escludere la cedibilità del credito.

Pertanto, in questi casi, il possessore del titolo cambiario su cui è apposta la clausola “non cedibile” in via ordinaria non può realizzare il corrispettivo dell’operazione attraverso lo sconto o la cessione del titolo.

Con l’apposizione di tale clausola, il debitore può dunque legittimamente rifiutarsi di pagare al terzo possessore il debito cambiario, eccependo la sua mancanza di legittimazione attiva in quanto la cambiale è pervenuta in suo possesso contro una clausola contrattuale tutelata dalla legge.

Per tali motivi la cambiale, con la clausola “non cedibileex art. 1260, c. 2, c.c., non consente il realizzo anticipato del credito attraverso l’operazione dello sconto e, pertanto, il suo rilascio non realizza il momento impositivo (anche ai fini Iva).

Insomma, forse a causa della sentenza meramente di rito, la Corte non ha esaminato fino in fondo tutte le implicazioni della fattispecie.

La ormai lontana Risoluzione n. 330541/1981, del resto, affermava espressamente la coincidenza del pagamento con quello della consegna del titolo, con la conseguenza di dover considerare perfezionata l’operazione in tale momento.

Successivamente, con R.M. n. 352856/1983, è stata poi considerata la differente ipotesi della cambiale contenente la citata clausola di non cedibilità di cui all’articolo 1260 codice civile.

Quindi, non potendo la cambiale, con la clausola non cedibile ex art. 1260, secondo comma, costituire un legittimo strumento per ottenere un realizzo anticipato del credito attraverso l’operazione dello sconto, si riteneva che con il suo rilascio non si realizzasse il momento impositivo.

Con la sentenza n. 7348/2003 la stessa Corte di Cassazione aveva poi affermato che il vaglia cambiario contiene la promessa incondizionata di pagare una somma ad una determinata scadenza, conseguendone che “la pretesa di voler riconoscere verificato il presupposto impositivo al momento della sottoscrizione delle cambiali, per l’importo integrale di esse, anche per quelle a scadere, è erronea: l’emissione di pagherò cambiari può configurare obbligo di emissione di fattura, per il prenditore, solo nella parte in cui l’obbligo di pagamento sia attuale, non anche per la parte dell’importo per cui il debitore abbia semplicemente promesso il pagamento”.

Né, secondo i giudici, dato che l’obbligo di fatturazione deriva dal pagamento e non dalla semplice promessa della prestazione, appariva rilevante la considerazione circa l’autonomia e astrattezza del rapporto cambiario, che consentirebbe al prenditore di avere benefici economici dall’emissione, attraverso la cessione del titolo o lo sconto bancario.

In senso contrario tuttavia si pronunciava la sentenza n. 15732/2008 della Corte, la quale affermava che:

  • le cambiali sono titoli di credito esecutivi ed all’ordine, che esprimono un credito certo, liquido ed esigibile, cedibile mediante girata o sconto;

  • le cambiali costituiscono un mezzo ordinario di pagamento sostitutivo della moneta e il pagamento si considera effettuato all’atto del loro rilascio.

L’esatto contrario di quanto ora affermato dalla sentenza in commento.

Insomma, una questione ancora, evidentemente, da chiarire.

30 agosto 2016

Giovambattista Palumbo